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Esiste davvero una cultura scientifica nell'Islam? - di Corrado Gnerre
Creato il 21 ottobre 2014 da WebrexQuanti “tolleranti” a denunciare l’ “intollerabile” pretesa di affermare che la cultura occidentale sarebbe più civile rispetto a quella islamica. Certo, si può (e si poteva) discutere sull’opportunità politica e diplomatica di simili affermazioni, ma stracciarsi le vesti farisaicamente…
Chiediamoci: avevano ragione quegli intellettuali?
Indubbiamente la scienza islamica, facendo tesoro dell’esperienza del mondo classico e in parte anche di quella della Persia, dell’India e della Cina, riuscì a far progredire la matematica, l’astronomia, la medicina. Fondò l’algebra, la trigonometria e pose le premesse dell’ottica. Diede anche un buon contributo allo sviluppo della chimica.
Da tutto questo, che indubbiamente c’è stato, è sorta la convinzione di molti secondo cui ci fu un tempo in cui la tecnica islamica sarebbe stata superiore a quella cristiana. Convinzione, però, del tutto errata, per il semplice motivo che questo tempo non è mai esistito. Sin da subito la cultura islamica dovette molto alla tradizione (questa sì grande) greco-bizantina. Ricordo solo due cose. Primo: per almeno quattro secoli i califfi si rivolsero a scienziati cristiani per avere nelle loro corti maestri di logica, di filosofia, di matematica, di medicina, di astronomia, ecc. Secondo: ancora fino al X secolo la stragrande (dico: stragrande!) maggioranza dei medici furono cristiani. Qualche esempio: Isa Al Kahlal, il più famoso oculista alla corte di Baghdad nell’XI secolo, era un cristiano melchita; cristiano era anche Hunayn Ibn Ishaq, che nel IX secolo venne incaricato di tradurre dal greco e dal siriaco più di cento opere di filosofia e medicina.
Dunque, quel grande periodo ricordato dalla storia come Rinascimento arabo (dal IX all’XI secolo) ci fu, ma guarda caso ci si dimentica di dire una cosa importante e cioè che ci fu grazie all’incontro di un potere politico ed economico musulmano con una tradizione culturale greco-bizantina di cui i cristiani erano gli eredi. Non solo. L’Islam non utilizzò mai questa cultura per progredire; tanto è vero che i mutakallimun (i teologi) la respinsero con decisione.
Il declino dell’Islam cominciò proprio quando i musulmani vollero far da sè ritenendo di poter fondare, sul Corano e sulla Sunna (la Tradizione), le strutture della nuova società e rifiutando così la cultura cristiana fino ad allora determinante per loro.
Nessuno parla della desertificazione del Nordafrica, eppure questo fenomeno insegna tanto. Prima dell’invasione araba, la fascia dall’Egitto alla Mauritania era rigogliosa di frutteti e di vigneti, non solo in prossimità della costa ma anche verso l’interno. Poi fu tutto distrutto.
I vigneti furono sradicati perchè il Corano proibisce il vino. Vigneti piantati prima dai romani e poi dai cristiani, anche per arginare una possibile avanzata del deserto. Ma non solo questo. Gli arabi musulmani, per la loro tendenza a rifiutare i lavori pesanti, sostituirono in quelle terre la faticosa agricoltura con la più comoda pastorizia, che però è distruttiva per la terra. E non finisce qui. Il peggioramento delle condizioni del Nordafrica fu anche causato dall’usanza degli arabi musulmani di armare navi pirata e di investire i loro capitali nel commercio piuttosto che nell’agricoltura.
Successivamente la tecnica islamica si è solo giovata di quella occidentale. Quest’ultima, lentamente, si introdusse anche nell’età moderna nella cultura islamica e grazie all’opera di cristiani. Una data importante fu la fine del XVI secolo, precisamente l’anno 1584, quando a Roma fu fondato il Collegio Maronita.
Questo cosa dimostra? Che l’Islam (e va detto chiaramente) ha sempre avuto un rapporto problematico con il concetto di “progresso”, in generale, e con quello di “progresso scientifico-tecnologico”, in particolare.
Corrado Gnerre
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