Autore: Valentina Malcotti
Mar, 10/09/2013 - 11:30
“Don’t judge a book by its cover”. Lo ripetiamo sempre, ma è difficile non essere sedotti da alcune copertine, a cui le case editrici si dedicano con crescente devozione e occhio estetico. Minimal, tono su tono, chiassose, lucide, ruvide, trasparenti, fanno di tutto per catturare l’attenzione.
Ma non c’è copertina che tenga senza un titolo allettante: che peso ha il titolo per chi acquista un libro? C’è chi evita di leggere opere che contengano nel titolo le parole “cuore” (e così facendo escluderebbe anche un capolavoro come Cuore di tenebra) o “amore”, privandosi perfino di L’amore ai tempi del colera. Al contrario, c’è che si butta solo su quelli, come garanzia di una buona lettura romantica. E spesso sbaglia.
Secondo Umberto Eco, «un titolo è purtroppo già una chiave interpretativa. Non ci si può sottrarre alle suggestioni generate da Il rosso e il nero o da Guerra e pace».
Il caso Paolo Giordano ci ha insegnato quanto sia strategica la scelta del titolo giusto. Vale la pena chiedersi se con il “suo” titolo, Dentro e fuori dall’acqua (al posto de La solitudine dei numeri primi scelto poi da Mondadori), il fisico torinese avrebbe vinto lo Strega nel 2008 e fatto della sua prima opera un long-seller. Non ha avuto la stessa fortuna con il secondo romanzo, Il corpo umano, forse anche per via del titolo da manuale scientifico che ha confuso una parte di lettori.
Evocativo della trama e del mood del romanzo, Colazione da Tiffany è un titolo che rasenta la perfezione. La sua armonia è stata anche preservata dalla violenza di traduzioni infelici. Lo stesso non è successo alla bibbia di ogni giovane americano, The Catcher in the Rye, che è diventato un banale Il giovane Holden o a The Outsiders, snaturato in I ragazzi della 56esima strada. La metafora nel titolo del romanzo di Harper Lee To kill a mocking bird, in sintonia con la morale del libro, non è stata ripresa dall’edizione italiana, che tuttavia ha pensato a un pertinente e poetico Il buio oltre la siepe.
Ma non sono solo i grandi classici a essere stravolti. Il bestseller di Clara Sánchez, Lo que esconde tu nombre, che narra le vicende di un’anziana coppia di criminali nazisti stabilitasi, impuniti, nella godereccia Costa Blanca, è uscito in Italia nel 2011 come Il profumo delle foglie di limone, le quali fanno solo un paio di comparsate poco significative.
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Chi sa scegliere sempre titoli originali è Murakami: dopo Kafka sulla spiaggia e L’uccello che girava le viti del mondo, uscirà in Italia nel 2014 L’incolore Tasaki Tsukuru e il suo anno di pellegrinaggio. Fresco di stampa invece l’ultimo romanzo di Efraim Medina Reyes, simbolo della beat generation colombiana e celebre per i suoi titoli insoliti. L’autore di C’era una volta l’amore ma ho dovuto ammazzarlo e La sessualità della Pantera Rosa è in libreria con Quello che ancora non sai del Pesce Ghiaccio.
Non manca d’immaginazione neppure Gaetano Cappelli, il più wertmülleriano degli scrittori italiani: da La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero estremo a Romanzo irresistibile della mia vita vera raccontata fin quasi negli ultimi e più straordinari sviluppi, escluso per un soffio dalla cinquina dello Strega 2013. Quantomeno se la gioca in lunghezza con E a mio nipote Albert lascio l’isola che ho vinto a Fatty Hagan in una partita a poker, di David Forrest, un romanzetto comico sulla guerra fredda ambientato su un isolotto al largo della Cornovaglia.
Strani per strani allora che dire di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno e La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo? O di Mia sorella è una foca monaca, L’elenco telefonico di Atlantide e Uccelli da gabbia e da voliera? Impossibile parlare di bei titoli senza ricordare Calvino, con Il sentiero dei nidi di ragno e Il castello dei destini incrociati. E poi ancora ˗ e qui sono gusti ˗ L’insostenibile leggerezza dell’essere; Uno, nessuno, centomila; Le notti bianche; La pioggia prima che cada; Il piatto piange; Il bar sotto il mare; A che punto è la notte?; Cristo si è fermato a Eboli e La coscienza di Zeno.
Ma esiste il titolo perfetto?