Aprì gli occhi di scatto.Un buio ovattato ed indefinito la accolse, e in quel buio non riusciva a scorgere niente anche se percepiva il confine delle cose. Quel confine che, da un po’ di tempo, era anche il confine quotidiano del suo sguardo.Un fruscio. No, non era un fruscio; era il suo cuore che batteva nonostante tutto. Portò la sua unica mano libera sullo sterno e lì la fermò, con quella sorta di bracciale di stoffa penzolante a fare da cuscinetto tra le dita e il cuore.Da quanto tempo era in quell’Altrove che altri definivano pazzia?Non lo sapeva.Era stato un processo graduale, un progetto iniziato in una fredda serata autunnale, scatenato da quel rifiuto, “le nostre strade si dividono”, e che da allora si era nutrito di abbuffate notturne, di strenua difesa delle sue posizioni, di diniego e di asserragliamento, di rifugio nei sogni come il solo Altrove ove poteva definire la proprie realizzazioni, idee, progetti in divenire..Il solo Altrove ove si sentisse adeguata alla sua indole e al suo scibile, di cui era stata, insieme, architetto e costruttore: una piazza esclusiva, e di esclusione, che le corroborava il cuore, che le somigliava, nella ferrea decisione di solitudine.Il buio del suo Altrove prese improvvisamente forma e consistenza quando i suoi occhi, abituati all’oscurità, si spostarono per accarezzare il suo mondo. Le sue labbra erano serrate da tempo, non articolava suono che somigliasse a locuzione da tanto di quel tempo che si era persa memoria del tono, del timbro.Ma la sua mente no, la sua mente sapeva suonare, cantare, anche se con strumenti e voce altrui….
… ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!Tramuta in lazzi lo spasmo ed il piantoin una smorfia il singhiozzo e 'l dolorAh, ridi, Pagliaccio,sul tuo amore infranto!Ridi del duol, che t'avvelena il cor!
… la sua mente aveva la voce del tenore Corelli adesso, e lei era Canio, e con Canio condivideva il dolore intimo e la pubblica briosità.Un rumore di passi nel corridoio, molti passi, spense la melodia nella sua mente. Mentre dalla porta entravano lame di luce e camici bianchi, lei richiuse gli occhi, immobile.Nessuno parlava, ma lei ne avvertiva i respiri, gli sguardi. Poi, come per rispondere ad un segnale, così come erano entrati, i camici bianchi andarono via. Mentre la porta si richiudeva alle spalle dei loro passi, sentì bisbigliare:“…mettere la sua foto sul giornale è stato inutile, nessuno l’ha riconosciuta, nessuno ne ha denunciato la scomparsa. Come è possibile, per una persona, essere inesistente al mondo?”.Quando fu di nuovo sola, nel suo buio amico, riaprì gli occhi.
Inesistente? Il suo Altrove esisteva eccome!!! Un labirinto di emozioni oltre la routine, oltre il quotidiano. Oltre.
Immagine è di Sciac, che ringrazio infinitamente