21:00 – 22:00
«Non credo sia una buona idea. E poi sai tua sorella come mi tratta». «No, non lo so. Come ti tratta mia sorella?» chiede Anna. «Mi disprezza. Costantemente». Le parole escono mentre le bocche si riempiono di cibo. La radio è spenta e loro non hanno TV in cucina. In casa c’è silenzio. «Come vuoi» dice, «io ci andrò». «Perfetto, non siamo obbligati a fare tutto insieme solo perché viviamo insieme. Questo mi sembra di avertelo detto più volte in questi anni». Lei era convinta che fosse proprio quella la cosa bella del vivere insieme, del convivere. Convivere come condividere, sicura che le due vite, con il tempo, tendessero a coincidere. Sicura che la convivenza fosse un rapporto nel quale 1+1 era destinato a fare 2: un numero nuovo, unico. In realtà il risultato è 11, sì un numero nuovo, ma che conserva in qualche modo l’individualità del singolo. «Stasera vedo Irene». Lorenzo continua a mangiare con lo sguardo fisso sul piatto. Lei anche non lo guarda, non aspetta una risposta. Le forchette percorrono i piatti alla ricerca del cibo, suonando ad ogni gesto. Fuori il buio ha praticamente invaso la luce, e dalla finestra socchiusa inizia a entrare aria più fresca, tipicamente autunnale. «Si sta alzando il vento» dice lui. «Danno temporale» dice Anna, poi continua «Tu che fai? Esci?» «No» risponde, poi guardando la finestra si alza «E’ meglio chiuderla, ormai l’estate è finita». C’è sempre quell'istante in cui ti accorgi che il giorno dopo sarà un po’ più freddo, e così giorno dopo giorno. Quel momento in cui qualcosa cambia, improvvisamente. Il vento si alza e si abbassa come un’onda, dietro le colline si intravedono i primi lampi.
«Ci vediamo dopo» gli dice, mentre lui ha le mani nel lavandino, con la testa china intento a lavare i piatti della cena.
Guerra- Temporale, Anselmo Bucci
22:00 – 23:00
«Magari è normale». «Non lo so, sembra tutto così diverso». «Ma non riesci a capire cosa sia successo? Individuare il momento in cui è iniziato il declino?» chiede Irene, in mezzo alle voci del pub. Anna è appoggiata alla spalliera in pelle della panca che gira intorno al tavolo. Irene è al suo fianco che prende patatine fritte dal piatto messo nel mezzo. La luce è bassa e le incisioni sul tavolo di legno sembrano ancora più scure. La sua Weiss media è a metà bicchiere. Guarda Irene, mentre rimangono tutte e due in silenzio per qualche minuto. Le viene da invidiare la sua vita, la sua libertà, essere desiderata ogni volta con la stessa intensità. Le viene voglia di sedurre ed essere sedotta. Forse è questo il problema. «Forse lui non mi desidera più». «Figurati» dice Irene, poi chiede «E tu? Lo desideri ancora?» Anna guarda il cameriere che la sta fissando. «Non lo so» risponde, poi continua «Per te è facile. Quanto è durata la tua storia più lunga?» «Ma che c’entrano adesso le mie storie?» «Dovresti provare, poi ne riparliamo» dice Anna. Subito le viene in mente quando, lo scorso anno, sua madre le raccontò di un documentario nel quale si era cercato di analizzare, in maniera scientifica, la durata dell’innamoramento: dell’amore. Era tutto incentrato sul desiderio, sui feromoni, sulla necessità del maschio di trovare una donna con la quale avere dei figli in salute, e della donna di trovare un uomo che trasmettesse protezione. Era una questione istintiva, di geni che si attraevano per generare una prole che potesse primeggiare, avere la meglio nella vita. Infine, si spiegava che proprio questo istinto di riprodursi, e farlo al meglio, spinge gli esseri umani a cercare altri partner dopo un tot di tempo, che secondo il documentario non supera i tre anni. Poi guarda il telefono, legge, e in maniera frettolosa risponde a un messaggio. «Scusa, è che sono un po’ tesa». «Tu hai qualcosa che non mi convince» dice Irene, «tu mi stai nascondendo qualcosa».
La stanza è illuminata solo dalla lampada a piantana che Lorenzo usa per leggere. E’ seduto sulla poltrona con un libro in mano, ma le parole dal foglio faticano ad entrare nei suoi occhi, spesso si appoggiano solo e ricadono da dove sono venute. Intorno è tutto in ordine, immobile da tre anni. Come se il tempo avesse incollato tutto, ogni cosa in un posto ben preciso. Tre anni fa ogni angolo di quella casa era costipato di entusiasmo e non capisce dove sia finito. E’ una questione di tempo, di adattamento. Anche alcuni lati del carattere di Anna che prima parevano bellissimi, sembrano cambiati. In alcuni momenti lei sembra un’altra. Magari è cambiato solo il suo modo di vederla, è cambiato lui. Ma lui si sente sempre lo stesso. Ci si abitua ad ogni cosa, pensa, e questo pensiero ultimamente lo esaspera. Ricorda una frase letta qualche tempo prima in un libro: diceva più o meno che il tempo non cambia le persone, ma le rivela. Ogni tanto la rilegge, non sa ancora se essere d’accordo. Fuori iniziano a cadere le prime gocce, le sente sbattere sulla tapparella. Si avvicina alla finestra del balcone, scosta la tenda e vede sul pavimento gocce enormi che sembrano esplodere all’impatto come piccoli palloncini d’acqua. Alza lo sguardo e in trasparenza vede la sua faccia, la sua barba, poi dietro la lampada, la libreria, la stanza. La sua vita sembra un miraggio, vista così, ma non ha il minimo timore che possa dissolversi. Mette su la moka e l’aspetta appoggiato al piano della cucina fissando il vuoto che sente anche dentro. Pensa ad Anna e a Irene, a cosa si staranno raccontando. Scivola in qualche fantasia che ogni tanto fa su Irene, senza saperne il perché: non è bella, ma ha qualcosa di estremamente erotico che ancora non ha individuato. Non sa se per quei pensieri deve sentirsi in colpa; ogni tanto vorrebbe dirlo ad Anna. Si siede al tavolo con la tazza di caffè davanti. L’orologio indica le 23.03. Anna sarà lì a momenti; domani inizierà il weekend. Non andrà con lei, ha deciso così. E’ stufo di assecondarla solo perché si sente in dovere, di buttare energie su cose e persone a cui non è interessato. Vorrebbe comportarsi sempre così, ma non è possibile. Magari è un momento, pensa. Magari il tempo riporterà ciò che gli sta togliendo.
... to be continued