La disoccupazione, cavalca, esplode come una bomba in faccia a una politica che si culla fra Bruxelles e il tentativo di mettere sulle scialuppe di salvataggio se stessa e la classe dirigente, scassinando con un piede di Porcellum la Costituzione. C’è poco da dire di fronte a un dato che arriva quasi al 13% in totale e supera il 40% per quanto riguarda il dato giovanile: un disastro che non si vedeva dal 1977, che sconta anni di errori, disattenzioni, noncuranza delle regole, tirare a campare, convinzioni che poi si sono rivelate fasulle e che ha avuto il colpo di grazia nella cieca obbedienza a diktat europei e bancari.
Mezza Europa è in condizioni drammatiche senza che l’Unione sappia o voglia affrontare la situazione, nonostante sia stata la sua insipienza e subalternità ad accelerare i processi: il famoso piano per dare lavoro ai giovani, presentato in pompa magna a Parigi da Hollande e Merkel è poco meno di un raggiro, una dimostrazione di impotenza: 6 miliardi in sette anni per tutti i Paesi, lo 0,06% del bilancio continentale. Un’elemosina vergognosa che nemmeno è stata spontanea, ma stimolata da un nababbo tedesco- americano,un tal Nicolas Berggruen. Facendo un semplice calcolo si tratta di 900 euro a disoccupato per tutti i sette anni.
Del resto anche i piani messi a punto in vari Paesi per mettere una pezza al problema, dalla Francia, alla Spagna, alla Grecia e al Portogallo si sono rivelati fallimentari, non hanno migliorato che di un’unghia la situazione. Una delle ragioni è ovvia: i vincoli di bilancio non permettono di convogliare su questi progetti cifre significative e all’altezza dei tagli che invece incidono pesantemente sui posti di lavoro e sulla domanda. La seconda è che generalmente si è cercato di imitare il sistema tedesco dello studio apprendistato che tuttavia può funzionare e ormai nemmeno tanto bene solo nelle particolari condizioni di mentalità, di industrializzazione e di demografia della Germania. La terza è che dentro una drammatica crisi della domanda e del credito, sperare che i bassissimi salari (vanno a seconda dei Paesi dai 400 ai 450 euro) stimolino di per sé assunzioni comunque strutturalmente precarie, significa non aver capito nulla o quasi della crisi e nemmeno di come funzionano le aziende vere. Queste operazioni non solo non risolvono il problema nell’immediato, ma a medio termine creano i presupposti per una diminuzione globale delle retribuzioni e dunque di un ulteriore venir meno della domanda.
Un serpente che si morde la coda. Anzi un banchiere che si morde la coda, perché la cosa più curiosa è sentire il governatore di Bankitalia, Visco, dire che il Paese è fermo da 25 anni. Finalmente. Ma purtroppo la conclusione è che siamo rimasti fermi da 25 anni perché non si sono fatte le famose riforme che in soldoni sono l’abolizione del welfare, la caduta dei salari e dei diritti sul lavoro, la flessibilità (che tuttavia sembra riuscitissima). Discorsi di 25 anni fa che se ne fanno un baffo del disastro a cui ha portato questo sistema di pensiero, ormai sempre più contestato e confutato. Si. ha proprio ragione Visco: più fermi di così non si può.