Espulsione? Succede anche agli italiani senza permesso di soggiorno!

Da Gama @permesso_org

Dichiarato clandestino in America dopo aver lavorato per 50 anni. Salvato dagli agenti della Polizia di Frontiera diretti da Antonio Del Greco.

«Pregavo che un angelo venisse a salvarmi». Le mani congiunte quando faceva sera, il cielo che si spegneva mentre le luci dell’aeroporto di Fiumicino rimanevano accese sul suo dolore. «Avevo trovato un posto pulito dopo riposare, un angolo dove prendere un caffè . A fargli compagnia le chiacchiere con i turisti americani appena atterrati: «Hello» un sorriso e le foto dei nipotini da mostrare.

Al centro, Antonio Pipitone con i suoi 80 anni

Per distrarsi un giorno ha preso un autobus ed è arrivato fino a San Pietro, poi di nuovo in quell’aeroporto che era diventato la sua prigione. «Non dormivo mai, ero addolorato». In tasca solo 17 dollari, nessun documento italiano, solo una patente americana e il cellulare muto, che una volta sbarcato in Italia non funzionava più. A bordo di un aereo partito da New York è atterrato il 25 aprile a Fiumicino dove è rimasto per 21 giorni, intrappolato nei corridoi anonimi di un aeroporto come nel film The Terminal, perso tra le maglie della burocrazia, senza poter tornare indietro né andare avanti: dichiarato clandestino negli Usa dopo cinquant’anni di vita trascorsa lavorando, senza patria in Italia con il passaporto scaduto.

SENZA PATRIA
Antonio Pipitone, 80 anni, è nato in un paesino della Sicilia. Da Castellammare del Golfo è partito 55 anni fa per l’America: poche lire, tanta voglia di farcela e il pensiero di tornare un giorno in Italia da vincitore. Ha iniziato facendo il muratore, poi il cameriere, ha trovato in Pennsylvania la sua Little Italy. È riuscito a realizzare il sogno americano: si occupava di ristorazione ed edilizia, ha dato lavoro a decine di persone, ha cresciuto figli e nipotini offrendogli un futuro migliore. «Ma per trent’anni sono stato un clandestino – dice Antonio – ho sempre pagato le tasse, non ho mai avuto problemi con la legge, e so di aver sbagliato».

Antonio non ha mai completato la procedura per regolarizzare la sua posizione con l’ufficio immigrazione Usa: non l’ha fatto mentre lavorava «sette giorni su sette» con il cuore sempre rivolto alla sua bella isola. Poi un giorno un contenzioso legale e le forze dell’ordine Usa scoprono che Antonio è clandestino. Succede tutto molto velocemente, Pipitone, racconta, ha due scelte: «Stare in una camera di sicurezza per trenta giorni o tornare in Italia». Antonio non ha dubbi: «Ho voluto tornare in Italia, avevo già deciso di tornare nel paese dove sono nato». Pipitone dice addio l’America, si imbarca per un volo diretto a Roma ma quando atterra iniziano i problemi.

BLOCCATO
«Il cellulare non funzionava più, i miei figli mi avevano inviato soldi in un’agenzia per il trasferimento di denaro, ma non potevo ritirarli perché i documenti italiani non erano più validi» racconta Antonio. Passano i giorni e nonno Antonio continua a sostare dentro l’aeroporto, ormai conosce ogni angolo di quella città nella città: gli orari di apertura dei negozi, i bagni più accoglienti, sa dove poter riposare, chiudere per qualche minuto gli occhi, pensando che domani andrà meglio. I dollari, intanto, stanno per finire. «Ho pregato, ho chiesto che gli angeli mi aiutassero e alla fine sono arrivati».

ARRIVANO GLI ANGELI
Si chiamano Gianfranco, Giordano e Antonio, sono agenti della Polizia di Frontiera
 della V sezione coordinata da Antonio Del Greco, e hanno adottato nonno Antonio. «Mi hanno salvato, sono stati i miei angeli» dice l’ottantenne, tanta grinta e in formissima. I figli di Pipitone dopo giorni di silenzio hanno chiamato dall’America la Polizia di Frontiera: «Nostro padre forse è lì, in aeroporto, aiutatelo». Subito gli agenti si mettono alla ricerca di Antonio, lo trovano, gli offrono da mangiare, lo aiutano a ricostruire la sua storia e a ottenere la documentazione necessaria per tornare nella sua Sicilia. Fanno anche una colletta per far dormire Antonio in un albergo fino a quando anche la situazione economica non si sblocca. «Ringrazio quegli agenti, la polizia dell’aeroporto, l’Italia: sono stati gentilissimi».

Sabato Antonio è partito per la Sicilia, è tornato nella sua Castellammare del Golfo ed è sereno: «Ringrazio gli Stati Uniti per i cinquant’anni vissuti meravigliosamente, sono stato io a compiere un errore e la legge va rispettata. I love Italy, I love America». Antonio finalmente è tornato, dopo 50 anni: da vincente, come voleva lui.

Fonte: ilmessaggero.it


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