> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="ESSENTIAL 11: Andrea Fornasiero e gli undici miglior adattamenti live action >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-39745" />
Trasmigrare la carta nella pellicola senza ricorrere al disegno e anzi pretendendo che sia incarnato da attori, ridistribuire la divisione spaziale della tavola disegnata in una scansione sull’asse temporale attraverso il montaggio cinematografico, conservare o meno elementi caratteristici del medium di provenienza senza perdere di vista quello di destinazione. Mica facile.
Eppure ci sono diversi adattamenti che per varie ragioni potevano entrare in questi Essential 11. È stato penalizzato chi ha lavorato meno sul linguaggio e chi è stato meno fedele allo spirito dell’opera adattata, ma sono stati esclusi anche casi di fedeltà plateale come Watchmen o tentativi avveniristici di fare un calco della pagina su schermo come Sin City. Perché, alla fine, in una scelta dei migliori undici titoli, da tutto il mondo, deve contare anche la qualità del film e la sua rappresentatività di una certa scuola o nazione. In questo difficile equilibrismo, si è cercato di privilegiare un discorso sul senso della trasposizione evitando però di indicare titoli poco felici.
Così tra American Splendor e Ghost World, entrambi buoni indie movie americani, si è preferito il primo perché più interessato a questioni linguistiche, pur se il secondo è con tutta probabilità un film migliore. Allo stesso modo il pregevole Adèle e l'enigma del faraone o il discreto Kick-Ass, sono sembrati meno interessanti di altri titoli dalla provenienza simile e dunque sono rimasti fuori.
Infine ha posto un problema unico Iron Man, in quanto capostipite delle produzioni Marvel dove, al di là della qualità dei singoli film, viene adattato per la prima volta al cinema un meccanismo narrativo pressoché unico del mondo del fumetto e possibile solo in presenza di più serie ambientate nello stesso universo: i tie-in e la costruzione di una continuity comune, con tanto di sbocco finale nell’annunciato film evento Avengers. La cosa però è tanto interessante quanto anomala e pressoché estranea a un discorso sui singoli titoli come richiesto da una top 11, dunque – in assenza di capolavori tra i film prodotti dalla Marvel – ho preferito risolvere l’anomalia in questo cenno introduttivo.
Data la difficoltà dello stilare la classifica, vorrei infine concedere l’onore delle armi agli adattamenti rimasti sul campo di battaglia, sconfitti con onore (oltre ai già citati): Spider-Man 2, X-Men 2, Dick Tracy, Batman, Batman Begins e Il cavaliere oscuro, il giapponese Solanin, il francese Vampirella e l’inglese Tamara Drew . Scusandomi poi con chi non è stato vinto nell’agone, ma è caduto vittima della mia memoria o della mia ignoranza. Spero questi ultimi siano stati pochi.
Lady Snowblood di Fujita Toshiya (1973)
’originale infine è omaggiato direttamente in una sequenza dove la diffusione via stampa della leggenda di Lady Snowblood è rappresentata dalle tavole del manga.
Nonostante la conclusione apparentemente netta, ne fu realizzato un sequel, a sua volta notevole ma scollegato dal fumetto.
Il film ha inoltre ispirato Kill Bill di Quentin Tarantino.
Lady Snowblood @IMDb
Scott Pilgrim vs. The World di Edgar Wright (2010)
D’altra parte è miracolosamente mantenuto il gusto pop del fumetto, che frulla i più vari riferimenti culturali. Scott Pilgrim deve forse combattere un po’ troppo, ma ogni scontro fa uso d’invenzioni di messa in scena, privilegiando gli elementi musicali assenti ovviamente in origine e amplificando i riferimenti videoludici. L’uso di onomatopee e split screen si coniuga con un’applicazione del tutto antirealistica della computer graphic, in grado di riportare nelle scene dal vivo il dinamismo del disegno.
Ci avevano già provato i Wachowski con Speed Racer, ma se la loro era un’operazione quasi gelida Scott Pilgrim vs. the World ha invece cuore da vendere.
Scott Pilgrim vs. The World @IMDb
Batman - Il ritorno di Tim Burton (1992)
Una reinterpretazione che fece storcere il naso a chi allora credeva che i supereroi stessero diventando grandi e seri e così andassero presentati al grande pubblico (gli stessi che 16 anni dopo esalteranno Il cavaliere oscuro nonostante una sceneggiatura con più crateri della luna).
Eppure Batman è anche questo e il film di Burton rimane l’adattamento supereroico più d’autore e il miglior titolo dell’intero sottogenere.
Batman - il ritorno @IMDb
Gainsbourg (vie héroïque) di Joann Sfar (2010)
> LoSpazioBianco" />Caso pressoché unico di fumettista che adatta se stesso (l’altro è Miller e forse lo seguirà Millar), Sfar non perde sullo schermo un grammo della propria acuta intelligenza, della coscienza di questioni indentitarie nazionali e razziali, né del proprio talento visionario.
Così le apparizioni di un alter ego dalla gigantesca testa di cartapesta, spiazzano ma non rompono l’incanto di un film vagamente surreale anche nei suoi passaggi più realistici, sostenuto da una gran colonna sonora e costruito con un sapiente gioco di ellissi.
Sia il film sia il fumetto sono inediti nel nostro Paese. Vergogna!
Gainsbourg @IMDb
American Splendor di Shari Springer Berman e Robert Pulcini (2003)
La pellicola infatti passa da sequenze di fiction con Paul Giamatti nei panni di Pekar a passaggi documentari con il vero Pekar, entrando e uscendo dalle quinte del teatro di posa e dalle pagine del fumetto in un continuo alternarsi di registri.
Ne viene probabilmente l’adattamento più puro, forse troppo cerebrale ma capace di trasporre con invidiabile lucidità sia la forma e il linguaggio sia lo spirito – sovente amaro – dell’opera di una vita.
American Splendor @IMDb
Diabolik di Mario Bava (1968)
Coloratissimo tanto quanto il fumetto delle sorelle Giussani è nero, Diabolik è forse anche l’adattamento meno fedele tra i citati, soprattutto per il marcato indebolimento del personaggio di Eva.
Eppure non importa, perché trascende la fedeltà alla singola opera di riferimento per ricreare, nelle scenografie e nelle inquadrature, un mondo eccessivo come potrebbe esistere solo in un fumetto. Memorabile poi la warholiana sequenza dell’identik di Eva.
Diabolik @IMDb
Hulk di Ang Lee (2003)
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Con grande coraggio mette in scena un confronto padre-figlio quasi da teatro metafisico, in una quinta buia illuminata solo da un raggio di luce arredata da una sedia e qualche cavo. Pure nel finale evita la convenzione della scazzottata per uno scontro che trascende i semplici superrpoteri e fa dei personaggi vere e proprie forze mitologiche. Poi l’impasto tra i vari registri, dall’action più giocoso al melodramma, a volte risulta in una giustapposizione poco fluida, ma l’ironia e la tragedia sono gli elementi propri della miglior gestione del personaggio, la run di Peter David. Purtroppo dopo Ang Lee arriveranno negli adattamenti Marvel mestieranti con poca personalità. Attendiamo un’inversione di tendenza. Old Boy di Park Chan-wook (2003)
Formalmente, poi, carica le situazioni e la messa in scena in un virtuosismo tutto cinematografico, che però trova una memorabile sequenza dove batte in bidimensionalità lo stesso materiale d’origine. Ci si riferisce ovviamente al combattimento nei corridoi del palazzo, inquadrato interamente da un carrello laterale che appiattisce le figure e l’azione accentuandone così l’iperbolica irrealtà.A History of Violence di David Cronenberg (2005)
Spesso è proprio da opere mediocri che nascono i capolavori e qui la regia rappresenta la violenza mostrandone nel dettaglio gli effetti sul corpo, senza virare in uno splatter grottesco e risultando invece in un elemento fortemente perturbante, in linea con il discorso sul corpo che attraversa la poetica del regista.
Il tutto è poi pervaso da una vena ironica assente in origine e quasi lynchiana, soprattutto nelle figure eccessive ma non banalmente ridicole dei villain, dal guercio Ed Harris al loquace William Hurt.Annie di John Huston (1982)
Cult della cinematografia per ragazzi, con canzoni dall’indimenticabile tormentone come Tomorrow tomorrow/I love you tomorrow/you are only a day away, vanta un cast che trasuda divertimento a partire da Albert Finney nel ruolo di Daddy, fino a Carol Burnett e Tim Curry nella parte dei cattivi fratelli Hannigan.
Del fumetto, Huston mantiene il piglio satirico, la povertà esibita con tanto di alcolismo e alcuni riferimenti sessuali decisamente poco Disney.Cronache delle imprese dei ninja (Ninja bugei-cho) di Nagisa Oshima (1967)
Oshima evita di presentare la costruzione della tavole e sceglie invece di concentrarsi sulle singole vignette ingrandendone a volte alcuni dettagli. Fa poi un uso contenuto della voce off, alternandola alle didascalie. Aggiunge infine la musica, principalmente il battere dei tamburi, e i suoni – il soffiare del vento – e lavora attentamente di montaggio per dare ritmo alla sequenza di immobili disegni.
Il risultato è affascinante ed efficace, tanto che sarà parzialmente ripreso in una sequenza di Lady Snowblood, a chiudere il nostro cerchio. Soprattutto, quello di Oshima, è il più sentito omaggio offerto dalla settima alla nona arte.
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