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Essential Killing di Jerzy Skolimowski (Venezia 67esima edizione)

Creato il 05 settembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Essential-Killing

Stupisce in positivo il film di Skolimowski presentato alla Mostra. Sorprendente vedere un regista classe 1938 che dirige di polso un’opera così al passo coi tempi, sia tecnicamente che contenutisticamente.

Vincent Gallo, che non proferisce parola per l’intera durata del film, interpreta un talebano catturato dagli americani (in maniera tanto rocambolesca quanto impietosa) e mandato in una “Guantanamo-like prison”. Per un caso fortuito riesce a fuggire, e da qui parte una caccia all’uomo selvaggia, e una disperata lotta per la sopravvivenza. Tanto Caccia Sadica di Joseph Losey, quanto Rambo o The Hunted di Friedkin possono essere presi come riferimenti per un film che però si propone con un gusto più crudo e realistico.

Seguiamo il nostro protagonista nella sua disperata fuga, che lo abbrutisce sempre di più man mano che la sua strada diventa impervia. Il regista restituisce bene l’angosciante situazione del suo personaggio, che lentamente perde lucidità per fame, freddo, paura e sofferenza. Lo stile diventa quasi lisergico, quasi un lungo trip tra le nevi, un incubo reale che cerca uno sbocco, qualsiasi esso sia. Le scenografie naturali vengono sfruttate in maniera spettacolare, talmente belle da sembrare, a volte, ricreate in digitale. Il film trattiene il suo significato grazie alle sensazioni che il personaggio vive, attraverso le parole di una nenia/preghiera che recita i precetti islamici. Ciò rende la percezione di un popolo che resiste e sopravvive credendo nella giustizia di Allah e nella predestinazione di un destino, per quanto tragico possa apparire. La situazione in cui si trova il personaggio interpretato da Vincent Gallo è così drammatica che si sente vivida la richiesta di misericordia ad un Dio che consola dicendo: “Quello che avviene è giusto, fidati”.

Senza dare troppe spiegazioni, si affida allo spettatore il compito di farsi un’idea su ciò che è giusto o sbagliato. A questo si aggiunga una grammatica di genere mai invasiva e dosata nei momenti giusti, con alcune scene forti ma anche coerenti, rese con la raffinatezza che contraddistingue tutta la pellicola, complice anche un finale veramente azzeccato.

Gianluigi Perrone


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