Non sono mai stata picchiata da un uomo. L’unico schiaffo che ho ricevuto nella vita da quello che per anni è stato l’unico esemplare di sesso maschile al mio fianco, mio padre, mi è costato una cicatrice sulla guancia sinistra.
Ero piccola e mi stavo comportando male, non lo so se stavo facendo i capricci, se stavo lanciando il cibo in terra perché come al solito non volevo mangiare, se avevo mandato affanculo qualcuno a tavola, ricordo però perfettamente il dolore del filo che si infila nella carne della mia guancia sinistra mentre mi mettono dieci punti e io sono sveglia perché nessuno si è preso la briga di anestetizzarmi. Quell’unico schiaffo mi è arrivato ben piazzato quando mio padre teneva una penna in mano, che si è conficcata nella mia carne e mi ha fatto un bel cratere lunare sul viso, come in un film di Tarantino. È stata la prima volta che ho visto l’espressione di mortificazione sul viso di un uomo, e da quel giorno mio padre mi ha solo dato abbracci per il resto del tempo che abbiamo passato insieme. “Se ti succedesse qualcosa, ti potrei riconoscere dalla cicatrice”. Me ne sono fatte tante altre, poi, e lui non può saperlo che, adesso, se mi succedesse qualcosa, potrebbe identificarmi dai tatuaggi. Ogni tanto mi tocco la cicatrice e penso che se mai qualcuno me ne farà un’altra gli sputerò addosso, che non lo permetterò a nessuno, perché le uniche che voglio avere e che ho sono quelle che mi ricordano le avventure più pazze della mia vita, e me le sono fatte da sola, perché anche a farmi del male io sono bravissima già di mio. La cicatrice di quando sono caduta dalla bicicletta, di quando mi si è infilata la ruota del cambio nel polpaccio, di quando ho sbattuto lo zigomo contro la finestra e di quando sono rotolata giù dalle scale di casa.
Non sono mai stata picchiata da un uomo, dicevo. Non con le mani, non con i piedi, non ho mai avuto segni sulla pelle, occhi neri, ossa rotte, dolori sparsi. Ma mi hanno fatto comunque tanto male. Forse sono fortunata, forse dovrebbe essere la normalità ma non lo è, fatto sta che a me essere nata donna molto spesso pesa, e da piccola pensavo che sarebbe stato molto diverso. Per esempio mi fa male questa giornata della quale domani vi sarete tutti dimenticati, mi fa male quando sfottete la festa della donna, quando la donna la usate solo per svuotarvi le palle, e non ci sarebbe niente di male, se solo noi fossimo d’accordo ad avere con voi solo quel tipo di rapporto. Mi fa male quando picchiate con le parole perché pensate che le donne siano più deboli di voi è che quella non sia una violenza, peccato che una donna al momento sia nello spazio e che quindi dovreste tutti stare zitti perché deboli ci sarete voi che dimostrate la forza a suon di pugni, mi fa male quando usate nomi e foto finti per venire su Twitter a dirmi che sono una cicciona orrenda ma poi difendete a spada tratta l’onore delle donne nei paesi arabi, quando vi scusate solo per non avere più a che fare con noi e non perché lo sentiate davvero, quando vi eleggete da soli paladini della dignità della donna ma non fate niente se le vostre amichette del cuore continuano a sfottere chi già di suo ogni mattina si alza e non si sente proprio un granché, glielo lasciate fare perché donna contro donna è giusto? Mi fa male quando ci trattate come essere-inferiore-donna e non come persona al vostro stesso livello, quando spacciate le cattiverie per battute divertenti che a me arrivano però come calci nello stomaco. È il male che non si vede da fuori perché non c’è il livido, quindi non è uno schiaffo, e siccome non è uno schiaffo non è mica violenza. Invece lo è anche il dirci che non andiamo bene, urlarci contro che siamo delle deficienti, dirci che Melissa Satta è molto più figa di noi e brutto imbecille ce li ho gli occhi, pensi di essere meglio di Adam Brody tu, forse? Mi fa male quando sono sul bus e ho una canotta scollata perché è il cazzo di quindici di Agosto – ma può essere anche Dicembre – e tu mi fissi le tette senza distogliere mai lo sguardo e la smetti solo quando io ti chiedo a brutto muso di smetterla mentre i passeggeri pensano tutti che se metto una canotta del genere non posso pretendere di non essere guardata in quel modo, e guardano te come fossi la vittima, perché io ti ho istigato. Ce l’hai uno smartphone? Ecco, vai su youporn. Stessa cosa quando mi metti una mano sul culo solo perché siccome ce l’ho allora è un bene comune come l’acqua che sgorga dai nasoni a Roma. Beh, volevano privatizzare anche quella, figurati se io non privatizzo il mio culo. Mi fa male se sono sul cotral quando fuori è buio e tu ti siedi a due sedili da me e ti tiri fuori il cazzo per farti una sega mentre mi guardi perché pensi che io tanto rimarrò così sconvolta da non fare nulla, ma io cambierò posto urlandoti che devi farti curare perché sono donna, e oltre alle gambe c’è di più. Mi fa male se metto una gonna corta perché voglio andare a ballare con le mie amiche e mi voglio rimorchiare uno da scoparmi nel bagno del locale e tu mi dici cinque volte “che belle cosce” mentre siamo alla fermata del bus o se credi di potermi chiedere di farti un pompino sul bus solo perché indosso un rossetto rosso.
Pensateci, prima di pubblicare i link sull’importanza della giornata di oggi. Pensate a quante volte ci avete dato fastidio credendo che non ci avrebbe fatto poi così male perché dai, sono solo parole, e allora posso mandarvi a fare in culo perché anche le mie sono solo parole. Pensateci bene, e non fatelo mai più.
E voi, donne, voi. Se lui vi tira uno schiaffo, ma uno schiaffo vero perché vi siete permesse di dirgli che non siete d’accordo con lui e non quelli che si tirano mentre vi rotolate nudi sulle lenzuola e cadete dal letto, dategli un calcio il culo, o sarete delle stupide e scusate, ma allora avrà ragione lui e tutte queste belle parole non hanno senso. Perché a me della giornata di oggi non interessa poi molto perché è solo un modo per dare più visibilità a Barbara D’Urso, ma mi interessa che tutti sappiate che essere donne è già molto complicato di per sé, perciò vi prego, non rendetecelo ancora più difficile.
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