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Essere padre? come scusi?

Da Maxdejavu

ESSERE PADRE? COME SCUSI?Come ti senti ad essere padre?
Come ti senti ad essere madre?
Quante dannate volte vi sarà stata fatta questa domanda o quante volte l’avrete fatta voi ad un ignaro interlocutore che si vede piombare addosso questa infame richiesta.
In un precedente post, Anto suggerisce che:
“Sono sempre stata convinta che siamo un po’ tutte delle madri, anche prima di avere la pancia… anche prima di avere il compagno. Lo chiamano istinto no? Per alcune è un po’ latente, per altre è quasi aggressivo. Quando si inizia a “cercare” di avere un bambino si entra di diritto nel ruolo… Quando poi si guardano quelle due strisce… beh un po’ ci si impanica. Poi si rinasce, come madri, il giorno in cui incontriamo ciò che prima era solo un fagiolino galleggiante.”
Se questa affermazione è vera, è assolutamente vero anche il contrario ossia che non tutte/i si sentono genitori, padri/madri… che è peggio.
La società ci ha sempre detto fin dai primi passi, dalle fiabe, dai racconti dei genitori, dei nonni, degli zii: “Tu uomo, ti sposerai, genererai dei figli, ti indebiterai fino al collo, cercherai di comperarti una casa con tasso variabile che ci lascerai anche il culo, vorrai fare le vacanze al mare in Sardegna che ovviamente non saprai come pagare perchè le chiappe sono rimaste in banca e morirai di stenti a causa del tuo capoufficio… Tu donna partorirai con dolore, genererai dei figli etc etc”… la così detta “istituzionalizzazione” del cittadino.
Insomma, ci hanno detto a priori quale sia il bene dell’individuo.. o meglio, quale sia il meglio per la società… creare debiti che creano crediti, che creano tassi di interesse… bleahhhh
Un amico di Anto ha abbandonato baracca e burattini e, con un colpo di testa, è partito in giro per il mondo… ma non è l’unico… oramai ce ne sono tanti che si sono stufati di questa pagliacciata che è oramai la vita.

Per carità, nulla da dire. Ci sono persone che vivono per tirare fuori il servizio buono la domenica con i piatti in limonge e i sottopiatti in tinta, le scarpe Praga, la borsa Luigino Vittone… ci sono persone che vivono per lavare l’auto superlusso, lustrare il logo del cabrio, sfoggiare sempre abbigliamento nuovo di marca “bsjghsdgasdg” ma che comunque ha pagato un casino e gli hanno anche fatto credere che vale il 5’000% in più rispetto alle sottomarche che però vengono prodotte negli stessi stabilimenti, dalle stesse ditina cinesi e/o thailandesi...

Non siamo tutti così… fortunatamente o no…

Mi chiedo, ci sarà un motivo superiore a questo elenco impronunciabile di motivi. Se Dio esiste, lassù, quel lassù che oramai abbiamo inquinato con i satelliti, un motivo migliore ci sarà se ci ha spediti qui giù in mezzo a tassi di interesse fissi, variabili, partecipazioni di nozze, la domenica dai suoceri, lava la macchina, paga l’assicurazione… perchè se non esiste un altro motivo, allora è proprio uno stronzo!

Rinchiuderci nella quotidianità assoluta, alienare la nostra vita rendendola sterile fino a sperare di vedere la luce di quel tunnel…
E non sono i figli il problema. Non è il lavoro il problema… non sono nemmeno i debiti.
Il problema è la vita. La vita che ci viene sottratta. Una vita a vivere come formichine…
“Tutto bene a casa?”
“Si, tu a lavoro?”
“Tutto bene… i bambini?”
“Si, buonanotte”
“Buonanotte anche a te!”
Una vita trascorsa a pensare al lavoro… al vivere per lavorare…
Maya, se ricordate, un giorno mi disse “Papà è un pò come un zio!” nel senso che mi vedeva pochissimo…
Anto mi dice “Ti vedo meno dell’idraulico!”

Va bhe… tutta questa premessa per dire che sentirsi padri e madri non è così scontato.
Ci sono donne che anche dopo 30 anni non sanno di esserlo e lo stesso dicasi per i padri.

Oggi per esempio… parlando con uno della mia squadra chiedo…

“Carlo, ma tu, quanti figli hai?”
” O.° “ mi guarda come se gli avessi toccato la mamma!
“…”
“Cioè?” risponde lui spaventato
“Cacchio vuol dire cioè?” 
“In che senso…”
“Ma quanti modi ci possono essere…”
“Eh, insomma…” giggioneggia
“…”
“Cinque…” mi fa il segno con le dita della mano aperte
“Ah, infatti… oggi discutevamo con la collega. Lei diceva 6, io dicevo 5…”
“Ah… ok…” si rasserena… leggermente…
“Come si chiamano?”
” O.° “ vedo che rischia l’infarto… penso, cazzo, gli sarà andato il panino di traverso?
“…”
“Allora… c’è Marco, su pru pittiu*” (il più piccolo)
“…”
“Anzi no, scusa… sa pru pittia è Chiara” ce la può fare…
” O.° “
“Poi abbiamo Giuseppe che è il maggiore”
“…”
“Ma la maggiore è Gaia” minchia… siamo rovinati…
” O.° “
“No, aspetta… sesi intruppendu mi*” (mi stai intasando) Io???
” O.° “
“Allora, aspetta, sto facendo confusione… te li dico nell’ordine di uscita…”
“…”
“Sono Gaia e Giuseppe ma non mi ricordo chi è più grande… mi sa Gaia…”
” O.° “
“Poi abbiamo… come si chiama il terzo… me lo ricordo per soprannome… porcabuttana—”
” O.° “
“Ma voi capi, porcabuttana, sempre domande a trabocchetto??? E che cazzo!”
” O.° “


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