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Essere poveri in nuova zelanda

Creato il 11 maggio 2010 da Lalelakatia

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Quando ero piccolo ricordo che la mia maestra per spiegare il significato di antipodi fece questo esempio: “immaginate di fare un buco sul suolo italiano e continuate a scavare e scavare fino ad attraversare tutto il globo, spuntati dall’ altra parte vi trovereste in Nuova Zelanda”.
Eh si, siamo arrivati nel luogo più lontano dall’ Italia che toccheremo in questo viaggio, alcuni di voi si chiederanno “ma non dovevate mica andare in Australia?” si, dovevamo, ma i piani cambiano, a volte anche all’ improvviso, abbiamo rimandato e rimandato la decisione e alla fine, come al solito, in un lungo pomeriggio all’ aeroporto di Santiago in attesa del volo per Sidney, ci siamo convinti che era meglio per tutti andare in Nuova Zelanda, e, come tutte le nostre decisioni prese all’ ultimo minuto, ci creerà i soliti problemi della “vacanza fai da te, no alpitour ahi ahi ahi…” questa volta particolarmente pesanti tipo 42 ore di viaggio in totale e attimi di puro thriller quando felici e contenti al check-in per il Sydney-Auckland non ci vogliono far partire perchè sprovvisti del volo di uscita dalla Nuova Zelanda, e così via con le corse sul filo del rasoio per trovare:
A) un computer collegato a internet
B) un volo economico qualsiasi di uscita (ovviamente sarà quello sbagliato)
C) una stampante perchè nel 2010 loro lo vogliono su carta.. mah..
ce la facciamo e finalmente, dopo tantissime ore e dopo un giorno misteriosamente scomparso in mezzo al Pacifico per uno strano gioco di fusi orari, eccoci in pieno centro a Auckland, buzzurrissimi, come si può essere buzzurri dopo sei mesi in America latina, sembriamo dei cafoni emigrati da qualche paese povero, tutti impolverati e sgarruppati, con l’ immancabile sacchetto rosa pieno di cibo e un pesante accento spagnolo a influenzare il nostro inglese oxfordiano.
Ammettiamo che siamo spaesati, e non poco, la Nuova Zelanda è probabilmente il posto meno latino del mondo insieme alla Scandinavia e alla Siberia e questo ci fa sentire ancora più buzzurri, qui a Auckland sembra di stare in un futuro dove gli umani sanno costruire grandi città e le sanno anche rendere pulite e vivibili, tutti sembrano usciti da una pubblicità di qualche dentifricio, inquinamento inesistente, tutto ordinato; ma le due cose più difficili da affrontare sono state essenzialmente due: il perenne sangue dal naso per lo sforzo nel tentativo di capire che tipo di inglese parlano i nuovi zelandesi (alcune teorie sostengono che addirittura non si capiscano fra di loro), il secondo e fondamentale nodo riguarda i prezzi: dopo mesi in cui il nostro status economico oscillava fra il benestante e il ricco, ci scopriamo per la prima volta poveri, molto poveri, di quella povertà che ti fa trovare davanti all’ usciere di un museo a chiedere il prezzo per la visita e, dopo aver sentito l’ incredibile cifra, guardarlo con gli occhi sconsolati da vitello come solo la Katia li sa fare e dirgli che no, sorry, è troppo caro per noi, e lui che in cambio ci lancia un inequivocabile sguardo che vuol dire soltanto una cosa “pezzenti”!!
Insomma i primi giorni sono stati un po’ duri da superare, ci facciamo forza a vicenda cercando di inserirci nelle pieghe non ancora a pagamento che anche una città come Auckland può offrire e, a parte tutto, bisogna proprio dire che pensando all’ Italia (per tornare agli antipodi) viene un po’ di invidia vedendo come funzionano le cose da queste parti, come può essere a misura d’ uomo una grande città e poi quanto Auckland sia bella, esteticamente, è bella in modo quasi sfacciato.

città futuristiche

città futuristiche

Ma la nostra missione non è qui nel sofisticato nord bensì nella più grande e più disabitata isola sud, abitata solamente da un numero infinito di pecore e da uomini che vestono sempre pantaloncini corti e stivali di gomma e da donne famose per la loro bruttezza; la meta è Roxburgh un paesino di qualche centinaio di anime nel profondo sud dove vivono e lavorano i nostri amici lettoni Janis e Laura conosciuti in Messico qualche mese fa.
Il tragitto è qualcosa tipo Milano-Napoli e, un po’ per l’ annoso problema della povertà, un po’ perchè sembra essere diffusa questa usanza qui agli antipodi, decidiamo di spostarci in autostop; all’ inizio siamo anche noi perplessi che possa funzionare ma in soli tre giorni copriamo la distanza conoscendo gente simpatica e cordiale (credo, visto che di alcuni avrò capito un 5% di quello che hanno detto) a volte così gentili e disponibili da far scattare il nostro allarme ancora settato su massima allerta dal sud America. Fra gli altri citerei Jim che ci ha fatto fare il giro turistico di una città facendoci da cicerone, John che ha allungato la strada che doveva fare per portarci un po’ più in là perchè tanto era in anticipo, Travis un ragazzo che dopo averci dato un passaggio ci ha ospitato a mangiare e poi a dormire a casa sua e poi il record mondiale di autostop, mentre iniziava a piovere, lasciati in aperta campagna faccio in tempo ad infilare solo una manica del k-way e si fermano madre e figlia preoccupate per la nostra salute.. tempo di attesa con il dito alzato: 45 secondi circa!!

la sfortunata katia... mai caricata

la sfortunata katia... mai caricata

Arriviamo a Roxburgh in un tardo pomeriggio piovoso, troviamo un costosissimo internet, chiamiamo Janis e in men che non si dica siamo davanti ad un camino a bere birre con i nostri amici; anche se sono passati molti mesi dal nostro ultimo incontro sembra che fra di noi ci sia sempre la stessa intesa, loro sono molto ospitali e mettono a nostra disposizione il cottage in mezzo ai frutteti, la loro auto, la loro canna da pesca e tutta la frutta che vogliamo visto che la vendono per lavoro.
Nei successivi 10 giorni ci lasciamo andare ad una vita semplice di campagna, qui si fa tutto i casa in modo naturale: la birra, il sidro, il pane, le marmellate e noi ci adeguiamo a fare lo stesso, oltre a cucinare tutti i piatti della tradizione culinaria italiana e lettone, tant’ è che i kili persi durante il viaggio li rimettiamo su molto in fretta.
Durante il giorno, mentre loro sono al lavoro, approfittiamo della Subaru Legacy d’ annata di Janis per visitare questa terra: i paesaggi della Nuova Zelanda sono davvero belli come si sente dire in giro, spesso a colpirci però non è la natura esotica in sè, visto che essendo in clima temperato potrebbe anche ricordare l’ Italia, quello che fa la differenza è la mancanza di persone: sulla strada principale si incontrano solo dei micro paesini ogni 50 km, mentre quando sfruttiamo il 4×4 e andiamo su strade sterrate spariscono anche quelli lasciando spazio a paesaggi infiniti, laghi, pascoli e boschi e soprattutto pecore, pecore e ancora pecore, sembra un invasione!

il nostro cottage

il nostro cottage

neozelandesi

neozelandesi

taglio capelli in giardino

taglio capelli in giardino

Grazie a Janis, esperto pescatore del mar Baltico, vengo introdotto ad uno sport che sembra fatto su misura per me: la pesca. Zero fatica e contatto diretto con la natura. La mia nuova fissa diventa quella di catturare un salmone e mangiarmelo crudo, ma i laghi e i fiumi di questa zona non me lo concedono, io lancio e rilancio la mia lenza ma i bastardi salmoni non ne vogliono sapere, forse dovrei ascoltare Janis che mi suggerisce di venire all’ alba sotto la pioggia, ma cazzo, non doveva mica essere uno sport rilassante?
Mi accontento di stare in mezzo alla natura fra laghi cristallini e foreste dai mille colori, a proposito, qui l’ autunno funziona ancora, esistono le mezze stagioni!! durante la nostra permanenza ci siamo goduti mille sfumature dal giallo al rosso degli alberi, cosa che non vedevo da parecchio in Italia. Tornando alla pesca, durante le nostre battute fra i laghi dei dintorni porteremo a casa solo dei gamberoni d’ acqua dolce molto buoni, mentre per le mie soddisfazioni da pescatore dovrò aspettare il mare.

autunno

autunno

alla ricerca del signore degli anelli

alla ricerca del signore degli anelli

Prima di lasciare Roxburgh io e la Katia ci facciamo un viaggio da soli in auto per esplorare il profondo sud dell’ isola e qui, costeggiando l’ oceano, ammiriamo dei paesaggi davvero unici e imponenti: spiagge infinite completamente deserte interrotte da alte scogliere con tanto di faro, roba da cartolina, e poi all’ improvviso foreste pluviali (fredde!!) fittissime interrompono i pascoli e di colpo sembra di essere in Jurassic Park.
Viaggiare in Nuova Zelanda con un auto è di gran lunga il modo migliore e questi giorni ci hanno regalato momenti di grande senso di libertà, su tutti guidare sulla sabbia in una spiaggia deserta a pochi metri dall’ oceano, manco fossimo nella sigla di Lupin, e poi dormire nel retro della station wagon sotto le stelle, con la Katia che si muove con la leggiadria di un rinoceronte in una 500 e continua a perdere cose fra i sedili e io che mi addormento sentendola imprecare.

dramatic view

dramatic view

vagabondando

vagabondando

Janis e Laura nel frattempo finiscono il loro lavoro e, dovendo migrare a nord per un altro lavoro, ci prendono sulla loro auto assieme ai loro mille bagagli da semi-residenti per fare qualche giorno on the road verso Christchurch dove abbiamo l’ aereo.
Il tempo purtroppo non è dalla nostra e uno dei posti più belli dell’ isola il monte Cook è coperto e la pioggia non ci da tregua, poco male, giriamo l’ auto per Christchurch, la più grande città dell’ isola, dove trascorriamo un paio di giorni di nuovo in mezzo alla civiltà e poi ritorniamo in montagna ad Hanmer Spring per spararci le famosissime terme neo zelandesi.. niente male.
Ultima tappa prima dei saluti Kaikorua ridente cittadina sull’ oceano famosa per le aragoste e per le foche, ma da ora in avanti famosa anche per una leggenda vivente della pesca sportiva (io) la quale ha catturato il suo primo pesce su queste spiagge e, mentre tutti i principianti iniziano pescando un’ alborella, un cavedano, una scarpa, questo principe della lenza (io) cosa ti tira su come primo pesce?
UNO SQUALO!!!!! e scusate se è poco!!!
Anzi per essere precisi a fine serata ne avrò pescati 3, ok, non immaginatevi lo squalo di Spielberg lungo 8 metri, si trattava di squaletti di 40/50 centimetri, ma sentire abboccare l’ esca da esseri con quella forza che ti fanno sudare per portarli a riva è stata davvero un’ emozione.

il mio primo squalo

il mio primo squalo

Visto che avevo promesso di non andarmene dalla Nuova Zelanda senza aver pescato almeno un pesce, ora siamo liberi di andare, salutiamo Janis e Laura sicuri che questa non sarà l’ ultima volta, anzi sicuri che abbiamo due amici in più in giro per il mondo i quali saranno sicuramente un’ ottima scusa per un futuro viaggetto.
Il nostro bilancio finale della Nuova Zelanda è ovviamente “luci e ombre”, indubbiamente è un paese dai paesaggi incantevoli, dove c’è sempre qualcosa da fare o da vedere, i servizi sono ottimi, la gente cordiale, viaggiare è facile e rispetto all’ Europa è anche a buon mercato ma, ma…
Nei trascorsi 6 mesi ci siamo abituati ad un viaggio più di scoperta, non è solo la questione dei soldi, in sud America era davvero tangibile la differenza dei vari popoli incontrati, le usanze bizzarre, una natura davvero esotica per noi e non sempre addomesticata, e poi quella Latinità che ci ha investito in Messico e ci ha tenuto compagnia fino alla Patagonia rimanendoci dentro, ecco, quel senso di scoperta ci è mancato in Nuova Zelanda, sicuramente la colpa è anche nostra che siamo arrivati qui dopo tutto quel ben di dio, fossimo arrivati direttamente dall’ Italia sarebbe stato differente, ma a noi spesso sembrava come la Scozia, solo con più pecore.
Tornando a noi, dopo aver salutato gli amici, rimaniamo io e la Katia, soli, poveri e senza auto, quindi ritorniamo a mettere fuori il ditone per scroccare l’ ultimo passaggio per Christchurch, da li faremo 5 giorni di noia aeroportuale per colpa della nostra poca lungimiranza nel prendere i biglietti, si dormirà 3 volte in aeroporto e un paio in un ostello brutto e carissimo a Melbourne.
Al momento vi sto scrivendo da un caldissimo chalet in riva al mare su un isola malese, siamo tornati all’ equatore e per adesso devo dire che il freddo non ci manca, abbiamo da poco fatto il nostro ingresso in quello sconfinato continente chiamato Asia nel quale scorrazzeremo nei prossimi mesi, nel frattempo siamo tornati ad essere piuttosto ricchi quindi potremo permetterci anche di pagare internet ed aggiornare un po’ più spesso il blog… impegni permettendo…

Lale


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