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Estate (in) economia

Creato il 22 settembre 2013 da Coloreto @LoretoCo
Si sa, lo viviamo sulla nostra pelle: l'Italia è un paese strano in cui vivere e non solo. Un paese strano, lo è anche da comprenderne le dinamiche e da studiarne possibili scenari politici. Qualche giornale al di là delle Alpi, fremeva dal desiderio di pubblicare un articolo in cui potesse ergersi un lapidario “Italia, paese che affonda”. Sterile e alquanto banale parallelismo con un episodio che ben ricordiamo: la Costa Concordia. Recentemente, poi, abbiamo un gusto perverso nel servire ogni occasione possibile: il voto sulla decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Ecco la scintilla. Immediatamente si sollevano voci da ogni parte che avvertono l'irrefrenabile pulsione di dover necessariamente comunicare quanto l'Italia stia sbagliando, quanto l'Italia sia destinata ad affondare, appunto. Sterile e banale dicevo, come pure al pari si sono mostrate, in tutta la loro fiera ingordigia, le provocazioni dell'ultim'ora figlie di un giornalismo che non è più giornalismo ma opinionismo da salotto, ciarliero e gravemente inconsistente. “Ora non resta che raddrizzare l'Italia”, si. Una delle tante baggianate dette. Si sa, è ben noto. Non si aspetta altro che questi specchietti per le allodole quando si manca di quel quid indispensabile per scrivere qualcosa di leggibile e che abbia un contenuto concreto. Si sente parlare spesso di immobilismo, così tanto spesso che non si comprende bene se l'immobilismo sia l'oggetto della critica o la fissità dell'osservatore che rende l'oggetto sempre tale. Parliamo di una nave da 45mila tonnellate. Parliamo di un uomo dal peso più o meno di 60 chilogrammi. Parliamo di uno stato di più 60milioni di persone. Si, a quanto pare i primi due sono più importanti. Alzi la mano ( o nel qual caso la abbassi sulla tastiera e scriva ) chi, di recente, non ha sentito altro che notizie che riportavano aggiornamenti circa gli oggetti precedentemente citati. Bene. Anzi, male. 


Ho notato una smodata passione per interessarsi a questioni pressoché irrilevanti. Molte aziende italiane, particolarmente quelle più piccole, sono state vittime di un sistema di recessione e di passività che non ha interrotto la sua stretta nemmeno quando, a dispetto della ripresa in altri paesi dell'eurozona, sono stati proposti piani di ricrescita modesti. Varie sono state le modalità di intervento come varie le situazioni di intervento. Un esempio seppur parzialmente infruttuoso è il tentativo condotto dal Portogallo e dall'Irlanda con pacchetti di sgravi fiscali temporanei cercando di stimolare le economie estere ad investire capitali, attraverso delle agevolazioni mirate e sovvenzioni favorevoli che, come sarebbe stato facile prevedere, non avrebbero costituito una salda presa per la ricrescita ma una modesta fonte di investimenti destinata ad esaurirsi nel medio periodo. Si dovrebbe parlare tanto e bene di tasso d'inflazione nell'eurozona e di pressione fiscale, due argomento che da quando si è cominciato a sentir parlare di spread, sono misteriosamente scomparsi. Leggendo i bollettini della BCE, facilmente reperibili online (http://www.bancaditalia.it/eurosistema/comest/pubBCE/mb) si può notare come vi sia stata una ripresa più che modesta nel secondo semestre del 2013 seppur, tuttavia, si è potuto notare un dato che non ha sorpreso ma che ha anzi confermato quanto detto da tempo: il settore manifatturierio, prima dell'estate, si è trovato a registrare un calo considerevole, registrando quindi un calo considerevole ed una endemica debolezza circa l'interscambio mondiale. 


Cosa ci si aspetta? Indubbiamente, considerando i dati attuali, ci si aspetta delle già sentite, riforme strutturali. Quando si sente parlare di queste fantomatiche riforme strutturali, si ha confusione, una grande confusione. Confusione che non dovrebbe esservi. Crescita e occupazione: queste due dovrebbero essere le due parole chiavi. L'Italia ha recepito bene il messaggio. Mentre giganti economici come la Germania, che si avvicina alle elezioni con un partito forte, sicuro di sé e che ha sbandierato in terreno europeo un'economia stabile ed efficiente, mostra i primi segni di debolezza scoprendo il nervo scoperto di un grande precariato che colpisce parti specifiche della società e di bassi salari, l'Italia o meglio gli italiani stanno puntando tutto sulla microimpresa: società che spesso vedono under35 costruire dal nulla attività in srl semplificate e a capitale ridotto, regalo del decreto Liberalizzazioni e Sviluppo. No, non si può ancora dire di essere fuori pericolo. I segnali di ripresa tardano a comparire. La pregevole caratteristica di essere industriosi degli italiani viene tradita continuamente da avversari che remano contro il recupero di quella fiducia e credibilità internazionale che da troppo tempo ci affligge. L'indice (Esi) Economical Sentiment Indicator
(http://ec.europa.eu/economy_finance/db_indicators/surveys/mostra la ricrescita dell'industria italiana, malgrado tutto. Si parla di piani occupazionali in rialzo, si parla di aspettative delle imprese, cioè della percezione che hanno le stesse su tutti i livelli del business. 

Malgrado parziali statistiche formulate da agenzie europee, la crisi c'è e si sente. Le imprese faticano ancora. Le persone faticano ancora. L'estate, titolo in parte di questo articolo, è quasi finita. Per alcuni non c'è mai stata. Alcune aziende italiane tra le più note, hanno dovuto rimodellare i piani di ferie per i dipendenti. Il caso più noto è quello della Electrolux in cui gli operai hanno lavorato il 16 e il 17 agosto. L'estate è passata. Un periodo relativamente difficile ci attende. Seguendo le stagioni, avremo autunno e inverno. L'unico augurio che mi sento di fare è che chi di dovere, riuscirà a seguire il trend positivo, pur nell'assenza di riforme fattuali, e fronteggiare al meglio questo periodo di crisi che potrebbe non concludersi se non molto più tardi di un eccessivamente prossimo 2015. L'autunno e l'inverno sono prossimi, ormai. Sono i mesi del letargo, mi auguro solo che il letargo verrà lasciato agli orsi e che finalmente si prenderà il toro per le corna.Filippo M.R. Tusa



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