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si tratta di un caso clamoroso. probabilmente uno dei migliori film prodotti in Italia negli ultimi anni, diretto da due esordienti su lungometraggio (ma con dei corti apprezzati alle spalle), con una troupe composta da allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, slegato da qualsiasi vincolo legato alla “casta” chiusissima delle produzioni mainstream nostrane.
I. Roma I
nel formicaio del Serpentone, a Corviale, si consumano tre storie parallele accomunate da un’opprimente atmosfera di squallore. il degrado, in questo caso, fa solo da sfondo. non è il motore delle azioni, ne è il palcoscenico. Marco, appena uscito di galera, cerca di rimettere assieme i cocci di una vita che gli scivola tra le mani e per la quale prova solo rabbia, senza riuscirci: il suo campo-base diverrà la panchina del parchetto, dove smercia piccole dosi ai ragazzi della zona. Marco, però, osserva, vede tutto: vede oltre la desolazione, vede i destini schiacciati dalla galera metaforica- la borgata fatta propria e metabolizzata da Pasolini- vede l’impotenza di destini colpiti più malamente di altri dall’assenza di opportunità, dalla disperazione, dalla miseria, dalla solitudine, dalle assuefazioni, dalla violenza, verbale in primo luogo, ma anche fisica, praticamente l’unico medium comunicativo utilizzato.
II. Roma II
provare a tirarsi fuori dal letamaio, annusare l’aria schiarita dai riverberi dei rioni- dei quartieri migliori, come Prati- scoprire che quell’aria c’è, esiste. Sonia ci prova studiando e mettendosi due soldi da parte, innocente, speranzosa, sacrificandosi. Federico, invece, ci riesce prostituendosi. bei vestiti, qualche soldo, una cena al ristorante e poi la marchetta. i suoi amici- i compari di Federico- avranno per lui solo rabbia e invidia, che scioglieranno nei fumi della droga, della violenza istigata, in quella brutalità emozionale che è il loro unico vocabolario.
III. conclusioni (giro di vite)
vite che cercano l’isola di felicità, come il fantomatico padre di Federico che, a suo tempo, ha svoltato e da allora è sparito dalla borgata. ognuno di questi personaggi cerca la propria affermazione, quella minuscola soddisfazione sulla quale non scendano mai i riflettori, il piccolo compenso per aver passato una vita intera nell’architettura terroristica del Serpentone; un’affermazione che è però percepita come lontana, distante anni luce da quell’altrettanto piccolo presente fatto di niente, giorni che girano e si buttano via senza che se n’abbia ricavato qualcosa; un’affermazione percepita lontana, esattamente come quei palazzi della politica del fare a poche decine di chilometri. ma la borgata, per il governo, è come la Siberia. lontana. qui non è via Veneto, i Fori Imperiali o Fontana di Trevi: per una volta è la periferia senza voce a parlare, per tutti noi.
titolo originale: Et in terra paxun film di Matteo Botrugno & Daniele Coluccini2010
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