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Etnicità 1: Un’introduzione

Creato il 26 settembre 2013 da Davide

La ministra Kyenge, figlia di un re d’Africa e protegée di altri prelati della Chiesa cattolica, oltre che del Partito Democratico, che ha ben poco o nulla in comune con l’immigrato medio, compresa sua sorella Dora, protagonista recente di un classico episodio di convivenza difficile con altri immigrati in una casa popolare (ha percosso e insultato con termini razzisti un’albanese vicina di casa per una lite banale), è sempre prodiga di iniziative e dichiarazioni che mostrano come sia la persona sbagliata in un posto che richiederebbe competenza e sensibilità, non arrogante ignoranza e ideologia fanatica. La cosa più imbarazzante è che il suo partito l’ha messa a occupare quel posto specifico non per merito ma per razza. Comunque sia, e di ciò la ringrazio, mi ha dato lo spunto per iniziare una nuova serie, cioè che cosa è, come si definisce, come nasce l’etnicità.
Mi baserò sull’antologia Ethnicity, curata da John Hutchison e Anthony D. Smith, Oxford University Press 1996, riassumendo gli articoli e offrendone la lettura a un pubblico italiano più vasto. Unirò a questo testo idee tratte da altri due importanti manuali di antropologia in materia: Ethnicity. Key Concepts, di Steve Fenton, Polity Press, MA, 2003 e Rethinking Ethnicity. Arguments and Explorations, di Richard Jenkins, Sage Publications, 1997.
Nonostante risalga all’antica Grecia, il termine etnicità (in greco ethné) è un termine e un soggetto di studio recente, che risale agli anni 1960-70 con gli scritti di Nathan Glazer e Daniel Moynihan con i loro Beyond the Melting Pot (1963) e Ethnicity: Theory and Experience (1975), considerati la data di nascita del concetto moderno, anche se altri, come Max Weber, se n’erano già occupati. Citerò dalla prefazione di Hutchison e Smith:

Etnicità è un termine e un soggetto di studio molto recente. Per almeno 150 anni liberali e socialisti hanno aspettato con fiducia la morte dei legami etnici, razziali e nazionali e l’unificazione del mondo attraverso il commercio internazionale e la comunicazione di massa. Queste aspettative non sono state realizzate. Al contrario, siamo testimoni di una serie di esplosivi revival etnici in tutto il mondo. In Europa e nelle Americhe movimenti etnici sono inaspettatamente saliti in superficie dagli anni 1960 e 1970, in Africa e in Asia stanno guadagnando forza fin dagli anni 1950, e il crollo dell’ex Unione Sovietica ha incoraggiato i conflitti etnici e i movimenti nazionali in tutto il suo territorio. Fin dagli anni 1990 sono stati riconosciuti venti nuovi stati basati in gran parte su comunità etniche dominanti. Chiaramente, l’etnicità, lungi dallo svanire, è diventata oggi un aspetto essenziale della vita politica e sociale di ogni continente. La ‘fine della storia’, a quanto pare, sembra essersi evoluta nell’era dell’etnicità. Fin dagli anni 1960 gli studiosi hanno sempre più apprezzato la centralità delle spaccature etniche nell’operatività degli stati, ma hanno teso a sottovalutare il ruolo dell’etnicità come principio politico e culturale regolatore degli affari mondiali. Vi è stata anche una relativa trascuratezza nello studio delle più profonde radici storiche dell’etnicità. Una prospettiva a lungo termine rivela l’importanza dei legami e sentimenti etnici in ogni periodo della storia scritta, anche quando ci sono problemi nell’interpretare il loro significato e la loro diffusione nei nostri resoconti frammentari. Sono queste dimensioni storiche e comparative, e le memorie e i simboli condivisi attraversi i quali sono attivate, che danno alle moderne identità e rivalità etniche la loro peculiare passione e intensità, mettendo in dubbio se la modernità, come troppo spesso si presume, costituisca una rottura radicale con il passato“.

Queste questioni sono quanto mai importanti oggi che un nuovo (ma non troppo!) movimento etnico è in fase estremamente aggressiva: il fondamentalismo islamico. Il fatto che sia di stampo religioso non deve ingannare: anche l’irredentismo irlandese o la guerra nell’ex Yugoslavia, per fare due esempi, lo erano. Dove non esistono tratti fisici evidentemente diversi, come il colore della pelle, ci si divide, tra le molte opzioni, in base al credo religioso. Non ci si deve fare ingannare neppure dalla globalizzazione del fondamentalismo islamico: anche le guerre di religione europee erano globali, per l’epoca, o più modernamente il fondamentalismo buddista e induista, mentre il localismo è erroneamente ritenuto un aspetto specifico dell’etnicità. Il fatto poi che i fondamentalisti islamici credano di poter rifondare l’Islam com’era ai tempi del Profeta, quando invece essi sono involontari portatori di modernità, intesa come capitalismo e strutture statali complesse (la raffinata ironia della storia), è solo un ulteriore esempio di quanto siano illusorie, in generale, le ideologie religiose e politiche. Ma dato che questo è un argomento assai complesso, mi riservo di svilupparlo altrove. (segue)


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