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Etnicità 17: Il caso degli Oglala Sioux

Creato il 27 febbraio 2014 da Davide

La chiusura nelle riserve ha creato tensioni tra il vecchio modo di organizzazione sociale e il nuovo modo, non solo introdotto da svariate generazioni di riformatori federali ma, oggi, anche dalle circostanze. Gli Oglala Sioux hanno tenacemente tenuto in vita la forma modificata della banda tradizionale, chiamata tyospaye e che comprende intorno alle 450 persone imparentate tra loro e che i bianchi chiamano comunità. Parte di questa tenacia viene in parte ascritta da W. K. Powers (1975:123) a una serie di valori che i tradizionalisti riconoscono come Lakol wicohan, «la Via Indiana», che si ritiene superiore a quella dei bianchi.

Gli Oglala e i Sioux in generale si sono sempre considerati superiori non solo ai bianchi, ma anche agli altri indiani (e questo potrebbe spiegare, in parte, la fatica all’aggiustamento). Secondo Walker (1914:97) i Lakota Sioux, di cui fanno parte gli Oglala, erano alleati (lakota vuole dire “alleati”) contro tutto il genere umano, anche se potevano essere in guerra anche tra di loro. Essi erano oyate ikte (nativi) e ankatu (superiori) al resto dell’umanità che è oyate unma (altra gente) e ihukuya (considerati inferiori). Chi rifiuta di riconoscere questa relazione è tokoyapi (considerato nemico) e deve essere trattato come tale.
Contrariamente alla mitologia dei libri sugli indiani, i figli dei prigionieri razziati non entravano mai nella casta dei capi civili e religiosi; se erano molto bravi potevano farsi un nome come guerrieri di una certa importanza. In generale, però, emarginati nella società indiana e in quella bianca, finivano per fare i commercianti, le guide e gli interpreti per l’esercito I discendenti dei capi dei tyospaye, gli Oglala tradizionalisti, sono consapevoli della perdita di potere e autorità: con l’avvento dell’ufficio tribale di origine federale è nato, anche fisicamente, un altro centro nella riserva Oglala, la cittadina di Pine Ridge, divisa quasi a metà dall’autostrada U. S. 18. Sul lato occidentale vi sono gli edifici federali, il Bureau of Indian Affairs, il tribunale e la prigione, il centro di distribuzione delle annuità, l’ufficio tribale e l’Oglala Community High School, uno dei molti collegi gestiti dal BIA. Nella parte orientale vi è la città vera e propria, con le case in legno e stucco (simili a quelle dei bianchi della zona) degli ieska, i mixed blood. Nel mezzo ci sono le chiese delle varie denominazioni cristiane, l’ufficio postale, l’hotel e vari negozi.
Con gli anni Sessanta, però, questa rigida divisione geografica di Pine Ridge cominciò a cambiare e molti abitanti delle parti più lontane della riserva cominciarono ad essere attirati dalla cittadina, anche grazie alla costruzione della casa di riposo per anziani, nuove strutture sanitarie e la costruzione di case finanziate con fondi federali. La divisione ideologica tra mixed blood e full blood continuò, però, ad esistere, con i mixed blood che approfittavano dell’occasione (inizialmente erano preferiti nelle assunzioni negli impieghi governativi proprio a causa della percentuale di sangue bianco). I mixed blood salivano al potere offerto dalle strutture federali, come nuova classe dirigente semi-borghese, sostituendo i vecchi capi aristocratici, che peraltro costituiscono ancora un blocco politico notevole. Nonostante i full blood dichiarino di essere discriminati, la verità è più complessa.

Ci sono molti full blood che ottengono impieghi federali o tribali e mixed blood che vivono poveramente in campagna secondo gli schemi cosiddetti tradizionali. Torna ancora una volta alla luce la distinzione tra full blood e mixed blood sociologici che abbiamo già visto.

“La distinzione indiano-non-indiano o full blood-mixed blood, si analizza con più profitto come un continuum. La maggior parte degli Oglala vive a metà della scala a dispetto della composizione dei loro nomi o la fonte (o assenza) di reddito. Alle estremità del continuum troviamo gli oglala tradizionali a un estremo e i burocrati nell’altro. La maggior parte della gente si muove avanti e indietro nel continuum a seconda della situazione: nelle questioni di parentela è più conveniente essere oglala; trattando di questioni economiche, uno si volge al suo lato “bianco”.
Pine Ridge Village non può essere considerato una comunità indiana. C’è una assenza di qualsiasi legame tradizionale tra i residenti e i preesistenti tyospaye, perché i residenti sono soprattutto mixed blood. I membri del consiglio tribale, però, che sono rappresentativi dei loro distretti e delle loro comunità hanno in realtà legami diretti con i tyospaye. La loro fedeltà ai capi dei tyospaye di generazioni fa è basato sugli attuali legami di sangue. E qui troviamo l’imbarazzante paradosso: ai leader burocratici è data la responsabilità costituzionale di agire a nome di tutti gli Oglala (cioè di tutti i tyospaye), quando la loro responsabilità di parentela sta primariamente con i rispettivi tyospaye, ad esclusione di tutti gli altri. Il governo federale ha ignorato i capi tradizionali dei tyospaye a favore di un governo centralizzato e burocratico. Questo fatto, più di ogni altra cosa ha creato problemi politici a Pine Ridge» (Powers 1975:119).

Questa situazione non è affatto unica; possiamo anzi dire che è estremamente comune. Spesso si creano fazioni tradizional-burocratiche e se, come spesso accade, non vi è bilanciamento dei poteri, è normale che tutte le cariche più importanti, da presidente tribale, a giudice tribale, a capo della polizia tribale siano occupate da parenti e amici, con conseguenze facili da immaginare. Questo spiega perché le diatribe politiche vengano talvolta (con la gestione dei proventi dei casinò più spesso) risolte a fucilate. Un altro sistema per liberarsi dei critici è quello di licenziarli in tronco o perfino di espellerli, non solo dalla riserva, ma anche dalla «etnia», cioè cancellandoli dai ruoli tribali e quindi, in qualche modo, dall’indianità, oltre che dai soldi federali.
Powers, William K., Oglala Religion, University of Nebraska Press, Lincoln, 1975.
Walker, J. R., Oglala Kinship Terms, American Anthropologist 16, 1914.


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