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Etnicità 2: Etnicità, Razza, Classe e Nazione (Thomas Eriksen)

Creato il 29 settembre 2013 da Davide

Etnicità sembra essere un termine nuovo” affermavano Glazer e Moynian, che segnalavano la sua apparizione per la prima volta nel mondo moderno anglosassone nell’Oxford English Dictionary del 1972. Il suo primo uso è attribuito al sociologo americano David Reisman nel 1953. La parola ‘etnico’, però, è molto più antica e deriva dal greco ethnos, che a sua volta deriva da ethnikos, che in origine significava ‘pagano’ nel greco del Vangelo. Fu usato in questo senso in inglese dalla metà del XIV secolo fino alla metà de XIX secolo, quando cominciò gradualmente a riferirsi alle caratteristiche ‘razziali’ degli USA. Intorno alla Seconda Guerra Mondiale ‘ethnics’ era un termine educato per riferirsi a ebrei, italiani, irlandesi e altre persone considerate inferiori rispetto al gruppo dominante di origine prevalentemente britannica (anche se riconosciute appartenenti alla razza ‘caucasica’ o ‘bianca’). Nessuno dei padri fondatori della sociologia o dell’antropologia sociale, con la parziale eccezione di Max Weber, prestò molta attenzione all’etnicità.
Fin dagli anni 1960 i gruppi etnici e l’etnicità sono di casa come termini nell’antropologia sociale anglosassone, anche se pochi si sono presi la briga di definirli. In ogni lingua la parola etnicità ha ancora un senso di ‘questione riguardante minoranze’ e di ‘rapporti razziali’, ma in antropologia sociale si riferisce ad aspetti di relazioni tra gruppi che considerano se stessi e sono considerati da altri culturalmente distinti. Eriksen osserva giustamente peraltro che anche se è vero che il discorso riguardante l’etnicità tende a occuparsi di unità subnazionali o minoranze di questo o quel tipo, le maggioranze e le popolazioni dominanti non sono meno ‘etniche’ delle minoranze.
Qualche parola va detta, secondo Eriksen, sul rapporto tra etnicità e ‘razza’. Il termine razza lo mette tra virgolette deliberatamente per sottolinearne la dubbia efficacia descrittiva. mentre per un certo tempo era comune dividere l’umanità in quattro razze principali, la genetica moderna tende a non parlare di razze. Le ragioni principali sono due: primo, c’è stata talmente tanta mescolanza tra popolazioni umane che sarebbe senza significato tracciare confini fissi o parlare di razze. Secondo, la distribuzione dei tratti ereditari fisici non segue confini chiari, in altre parole esiste più spesso una variazione più grande all’interno di uno stesso gruppo ‘razziale’ di quanta ne esiste in modo sistematico tra due gruppi.
I concetti di razza però possono essere importanti quando riguardano le azioni della gente: a questo livello la razza esiste come costrutto culturale, sia che abbia realtà ‘biologica’ o meno. Per questo motivo la razza come concetto può assumere importanza sociologica anche se non ha esistenza ‘oggettiva‘. Ci si occupa di ‘razza’ e ‘razzismo’ non crede all’esistenza delle ‘razze, ma studia la rilevanza sociale e culturale dell’idea che la razza esiste. Eriksen fa un divertente esempio: se un gruppo influente nella società ha sviluppato l’idea che esistano dei tratti ereditari caratteriali particolari delle persone con i capelli rossi e questa teoria acquista rilevanza sociale e culturale, allora l’avere, su modello degli Ethnic Studies, dei ‘Redhead Studies’ (Studi sulle teste rosse) come soggetto di studio accademico, anche se i ricercatori non pensano che i rossi di capelli siano diversi dagli altri, è sensato all’interno degli studi sull’etnicità.
Gli studiosi non sono del tutto d’accordo che gli studi sulle relazioni razziali debbano essere distinti da quelli sulle relazioni etniche. Pierre van den Berghe, per esempio, è contrario a dividerli e considera i rapporti razziali un caso speciale di etnicità. Altri, tra cui Michael Banton, hanno sostenuto la necessità di distinguere tra razza ed etnicità. Secondo Banton, la razza si riferisce alla categorizzazione delle persone, mentre l’etnicità ha a che fare con l’identificazione di gruppo. Questo studioso sostiene che l’etnicità in generale si occupa dell’identificazione del ‘Noi’, mentre il razzismo è più orientato alla categorizzazione di ‘Loro’. Tuttavia, secondo Eriksen, l’etnicità può assumere molte forme e dato che le ideologie etniche tendono a sottolineare la discendenza comune dei membri, la distinzione tra razza ed etnicità è problematica, anche se la distinzione di Banton può essere utile. Eriksen, quindi, non distingue tra relazioni razziali o etniche, dato che idee di ‘razza’ possono oppure no far parte dei ideologie etniche e la loro presenza o assenza non sembra essere decisiva nei rapporti interetnici.
La discriminazione su base etnica si chiama ‘razzismo’ a Trinidad e ‘communalismo’ nelle isole Mauritius, ma la forma della discriminazione è virtualmente identica. D’altro canto, è senza dubbio vero che i gruppi che ‘hanno un aspetto diverso’ dalle maggioranze o dai gruppi dominanti hanno meno possibilità di essere assimilati nella maggioranza di altri e può essere più difficile per loro sfuggire alla loro identità etnica se desiderano farlo. Questo problema, però, è valido anche per minoranze che, per esempio, non padroneggiano appieno la lingua dominante. In entrambi i casi, la loro identità etnica diventa uno status imperativo, un aspetto ascritto della loro personalità da cui non possono sfuggire interamente. Razza o colore della pelle in quanto tali non sono la variabile decisiva in ogni società.
Il rapporto tra i termini etnicità e nazionalità è quasi altrettanto complesso di quello tra etnicità e razza. Come le parole etnico e razza, la parola ‘nazione’ ha una lunga storia ed è stata usata con parecchi significati. Eriksen qui si concentra però non sulla discussione di questi significati, ma sul senso in cui nazione e nazionalismo sono usati analiticamente nel discorso accademico. Come le ideologie etnciche, il nazionalismo sottolinea la somiglianza culturale tra i suoi aderenti e, implicitamente, trae dei confini rispetto ad altri,che perciò diventano degli esterni. Il tratti distintivo del nazionalismo è per definizione il suo rapporto con lo stato. Un nazionalista crede che i confini nazionali siano uguali ai confini culturali, mentre molti gruppi etnici non esigono il comando su uno stato. Quando i leader politici di un movimento etnico fanno richiese di questo tipo, il movimento etnico per definizione diventa un movimento nazionalista. Anche se i nazionalismi tendono ad essere di carattere etnico, non sono necessariamente la stessa cosa.
Il termine etnicità si riferisce alle relazioni tra gruppi i cui membri si considerano distinti e questi gruppi possono essere posizionati in maniera gerarchica all’interno della società. Eriksen perciò ritiene necessario distinguere tra etnicità e classe sociale, anche se alla fine del XX secolo, quando scrive il libro da cui è tratta questa parte, il riferimento è più alla definizione sociologica di classe sociale che a quella marxista screditata dalla caduta del Muro di Berlino e dal collasso dell’Impero Sovietico. Le teorie sulle classi sociali, osserva Eriksen, si riferiscono sempre a sistemi di gerarchia sociale e distribuzione di potere. L’etnicità, al contrario, non fa necessariamente riferimento al rango sociale; le relazioni etniche possono anche essere egualitarie a questo proposito. Tuttavia, molte società polietniche sono gerarchizzate secondo l’appartenenza etnica. I criteri di questa gerarchizzazione possono essere differenti da quelli della gerarchizzazione di classe, possono essere imputati a differenze culturali o a ‘razze’, non alla proprietà privata o allo status sociale raggiunto. Ci può essere un’alta correlazione tra etnicità e classe, il che significa che vi è un’alta probabilità che persone che appartengono a gruppi etnici specifici appartengano anche a specifiche classi sociali. Ci può essere un’importante interrelazione tra classe ed etnicità, sia classe e etnicità possono essere criteri per gerarchie sociali e l’appartenenza etnica può essere un importante fattore dell’appartenenza di classe. Sia le differenze etniche che quelle di classe possono essere aspetti pervasivi delle società umane, ma non sono la stessa cosa e devono essere distinte analiticamente.(Thomas H. Eriksen. Ethnicity and Nationalism. London: Pluto Press 1993, pagg. 3-7). (segue)


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