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Etnicità 4: categorie fisse e identità diffuse

Creato il 21 ottobre 2013 da Davide

Le persone o i popoli non posseggono semplicemente culture o condividono antenati; elaborano questi fatti formando l’idea di una comunità fondata su questi attributi. In effetti è assolutamente possibile che le persone elaborino un’idea di comunità nonostante il fatto che la pretesa di condividere discendenza e cultura siano decisamente discutibili. Due libri sulle ‘comunità di discendenza e cultura’ nazionali hanno avuto un forte impatto anche per via dei titoli rispettivi, cioè L’invenzione della tradizione (Hobsbawn e Ranger 1983) e Comunità immaginate (Anderson 1983). Anche se il significato di ‘immaginario’ e ‘immaginato’ sia diverso, i termini ‘invenzione’ e ‘immaginato’ hanno avuto un gran peso nel dibattito su gruppi etnici, nazioni e nazionalismi.
Quando parliamo di ‘comunità di discendenza e cultura’ corriamo il pericolo di concretizzare eccessivamente le comunità, ma la moda di interpretare queste comunità secondo le categorie dell’immaginare, costruire e inventare è davvero andata troppo oltre. Infatti, ragiona Fenton (2003:4), anche dove queste etichette etniche sono categorie vaghe di identificazioni diffuse, nondimeno rappresentano blocchi reali di popolazione che corrispondono più o meno a queste etichette. Esistono realmente americani bianchi di discendenza europea e così pure malesi di origine cinese. Si possono fare molti esempi per illustrare come l’idea di una comunità ‘immaginata’ sia tanto costruita quanto reale. Fenton (2003:4-6) prende ad esempio i cosiddetti Dayak di Sarawak, che fa parte della Malaysia nella parte settentrionale dell’isola di Borneo. Un rapporto sulla popolazione di Sarawak del 1968 cita circa 25 gruppi etnici e 47 sottogruppi, ma da nessuna parte il rapporto cita il termine Dayak, anche se molte delle fonti lo riferiscono. Il termine Dayak in malese significa ‘paese su’, nel senso di settentrionale e di certo continua ad essere di uso corrente, anche se descrive in modo assai vago i popoli che vivono su entrambi i lati della frontiera tra Malaysia e Indonesia. Quando nel 2001 i gruppi locali di Kalimantan, Indonesia (sulla parte meridionale e il lato indonesiano del Borneo) si sollevarono e uccisero parecchie persone per scacciare i maduresi, gente indonesiana proveniente dall’isola di Madura, immigrati là su forte impulso del governo indonesiano a ricollocare popolazione in eccesso, questi gruppi locali vennero chiamati in generale nella stampa internazionale ‘Dayak’ (daiacchi) oppure ‘tribù Dayak’ . Sul lato malese del confine a Sarawak è comune sentire delle persone descritte come, per esempio, Iban o Bidayuh – due gruppi ‘Dayak’ – ma è anche usato il termine ampio Dayak e uno dei partiti politici dello stato si chiama Parti Bangsa Dayak Sarawak, il Partito del Popolo Dayak di Sarawak. In che senso, quindi, si chiede Fenton, i ‘Dayak’ sono veramente un gruppo etnico?
La popolazione Dayak Iban comprende la percentuale maggiore (quasi il 34%) degli abitanti del Sarawak. Già noti per essere i più formidabile cacciatori di teste, dell’isola del Borneo, gli Iban di oggi sono generosi, ospitale e tranquilli. A causa della loro storia legata alla pirateria e alla pesca, sono stati convenzionalmente chiamati Sea Dayak, Dayak di Mare. I primi coloni Iban migrarono dal Kalimantan (la parte indonesiana del Borneo a sud di Sarawak) superando il fiume Kapuas e attraversato il Kelingkang mettendo radici nelle valli dei fiumi di Batang Ai, Skrang, Saribas e il fiume Rajang. Gli Ibans tradizionalmente abitano nella casa lunga, una struttura che comprende molte ampie stanze capace di ospitare un’intera comunità di famiglie. Una casa tradizionale Iban potrebbe ancora oggi mostrare qualche testa a trofeo o antu pala. Queste teste sospese ricordano una vittoria tribale e sono segno d’onore per la famiglia. I Dayak Iban cessarono di cacciare le teste nel lontano 1930. Una maggioranza di Ibans pratica il Cristianesimo. Tuttavia, come la maggior parte degli altri gruppi etnici nel Sarawak, ancora osservano anche molti dei loro riti e credenze tradizionali. Per i Bidayuh vedi qui.
In sostanza, quanto sono fisse le categorie etniche e su cosa poggiano? Nel caso di Sarawak si può dire poggino su alcune caratteristiche dei gruppi stessi,per esempio la lingua e le differenze dialettali sono effettive e importanti. La gente di un particolare gruppo è identificata con certe aree del paese ‘a nord’ e ci sono, per esempio, più Bidayuh a sud della capitale Kuching e più Iban nei distretti a nord ed est di Kuching. Tradizionalmente ci sono differenze di usanze, per esempio, nello stile di costruzione delle case lunghe. Certamente un individuo Iban o Bidayuh descriverò se stesso o se stessa come tale, anche se i matrimoni misti tra gruppi sono comuni. Per certi versi il confine reale è con la Malayisia e il sostegno reale al confine è l’islam. Così la distinzione tra malesi e altri indigeni di Sarawak è tra musulmani e non musulmani, lasciando al momento da parte la presenza di circa otto dialetti cinesi. Ma circa due terzi di un gruppo ‘indigeno’, i Melanau, hanno adottato l’Islam mentre altri popoli Dayak hanno fatto resistenza, e questo ha reso i Melanau un gruppo importante la cui elite politica può in effetti identificarsi con i malesi, specialmente quando si trovano nella Malaysia peninsulare.
Tuttavia parte della risposta non si trova nelle caratteristiche dei gruppi ma nel comportamento delle elite politiche. Se ci sono occasioni per fare appello a tutti i Dayak, allora un astuto capo politico lo fa. Nessun singolo gruppo è, infatti, grande abbastanza per costruirci sopra una carriera politica. Così i politici possono fare appello ai Dayak o ai Bumiputeras (parola indigena per ‘figli della terra’), una condizione che gli indigeni di Sarawak condividono con i malesi. Così se pensiamo ai gruppi come classificazioni che dividono l’uno dall’altro, ci sono un certo numero di confini implicati: tra Iban e Bidayuh, tra malesi e non malesi, tra musulmani e non musulmani e tra ‘Bumiputeras’ (gruppi considerati ‘indigeni’ al paese che includono malesi e Dayak, ma non i cinesi) e non Bumiputeras.
Quali confini sono importanti dipenderà dal contesto sociale e talvolta politico o da altri vantaggi. Judith Nagata (1974) identificò il fenomeno chiaramente a proposito di malesi e non malesi nel suo classico studio sui Penang. Tutta questa discussione obbliga Fenton a concludere che i ‘gruppi’ sono sia reali che costruiti ed è un errore sostenere che non c’è niente là, quando è chiaro che c’è qualcosa di reale. Aggiungo qui che il dibattito in Italia, estremamente grezzo e incolto, non solo a livello politico, ma anche giornalistico e accademico, ha pervicacemente peccato di questo errore, dichiarando inesistenti evidenti fenomeni di etnicizzazione, specialmente nel Nord Italia o, peggio, discutendo sull’inesistenza della loro ‘purezza’ etnica, sul carattere ‘costruito’ e ‘inventato’ di questa etnicità, ecc. Fenton, poi dichiara che sarebbe un diverso tipo di errore pensare che i ‘gruppi’ siano popolazione evidente di per se stessa e le comunità dei sottogruppi con una chiara linea di confine che li divide, un errore commesso ‘emicamente’ dai leader politici dei gruppi etnicizzati. E sarebbe un ulteriore errore, conclude Fenton, pensare che, pur con tutta questa complessità etnica, la vita quotidiana della gente sia governata da qualcosa chiamata ‘etnicità’. (segue)

Fenton S. Ethnicity. Cambridge: Polity Press. 2003
Nagata, J.  ‘What is a Malay? Situational Selection of Ethnic Identity in a Plural Society’. American Ethnologist 1(2):331-350, 1974
Hobsbawm E. J., Ranger T. L’ invenzione della tradizione. Torino: Einaudi 1983
Anderson B. Comunità immaginate , Origine e diffusione dei nazionalismi,prefazione di Marco d’Eramo, Manifesto Libri, 1996 (Imagined Communities Reflections on the Origins of Nationalism 1991,1983, London: Verso).


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