L'esplorazione dei quartieri che si stendono a sinistra della grande arteria, per la quale Firenze è divisa in due parti quasi uguali - la via Cavour, la via dei Martelli e la via Calzaioli - può spaventare il più intrepido ed il più insaziabile dei viaggiatori.
Oltre al Duomo ed al Palazzo Vecchio, che abbiamo studiato nelle nostre precedenti escursioni, incontriamo una serie infinita di monumenti celebri, di chiese e di conventi, come Santa Croce, la Badia, l'Annunziata, San Marco, collezioni come quelle della Galleria degli Uffizi, il Museo nazionale, il Museo archeologico, il Museo degli arazzi, l'Accademia delle Belle Arti, senza parlare di oratori, di loggie, di ospizi e di palazzi senza numero. Armiamoci di coraggio prima d'intraprendere questa spedizione e specialmente cerchiamo di trascurare ogni ricordo storico, ogni opera d'arte, che non sia di primo ordine, per non perdere un tempo prezioso.
Il palazzo degli Uffizi, con cui cominceremo, è il capo d'opera del Vasari, celebre già presso i suoi contemporanei come pittore ed architetto, ma più apprezzato dai posteri per la sua raccolta di biografie d'artisti. Questo maestro, che ne diresse la costruzione dal 1560 al 1574 (dopo la sua morte i lavori furono continuati da Alfonso Parigi e Buontalenti), doveva eziandio tener calcolo delle costruzioni anteriori, ed eseguire ogni cosa con semplicità e con grandezza. Egli però se la cavò con onore, per quanto ingrato fosse il progetto impostogli (due gallerie straordinariamente lunghe, unite alle loro estremità, dalla parte dell'Arno, da un corpo di fabbrica composto di sole tre campate) e seppe dare dell'eleganza a questo vasto alveare in cui Cosimo dei Medici intendeva concentrare l'amministrazione di tutta la Toscana.
Sopra un porticato di ampie proporzioni, egli praticò una fila di finestre d'ammezzati, separate dalle mensole allungate, che tanto gli erano care; poi un piano monumentale, con finestre ornate al basso di balaustre, in alto di frontoni; finalmente una specie di loggia a cristalli (era in origine una terrazza) inondata di luce, nonostante l'enorme sporgenza del tetto che la ricopre. Il problema fu risolto con gusto e con talento.
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Ai tempi nostri, fra il 1842 ed il 1856, la decorazione del palazzo degli Uffizi fu completata con ventotto statue più grandi del vero. Queste effigie oneste, ma poco ispirate, che occupano le nicchie praticate nei pilastri del portico, in bella pietra azzurrognola, ricordano le glorie della Toscana, militari, scientifiche, letterarie, artistiche, da Guido d'Arezzo, il benemerito della teoria musicale, da Niccolò Pisano, il rinnovatore della scultura italiana nel XIII secolo, ed Accursi, il grande giureconsulto, sino a Dante, Petrarca, Boccaccio, Machiavelli, Leonardo da Vinci, Michelangiolo e Galileo. Certamente pochi grandi Stati possono vantare una simile galleria d'illustri antenati.
L'idea di porre questa guardia d'onore in marmo intorno all'edilìzio che conserva i titoli storici, letterari ed artistici di Firenze, i suoi archivi, la sua biblioteca, la sua galleria di pitture, non è delle meno felici : era giustizia collocare qui questi grandi, presso a tanti capolavori dell'ingegno umano, quasi per rammentare che, senza il genio d'uno solo, lo sforzo comune di tutta una generazione può rimaner sterile.
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( Eugenio Müntz, brano tratto da "Firenze e la Toscana", Fratelli Treves Editori, 1899 )
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