All' ingresso del villaggio o borgo di Poggio - non so ancora come chiamarlo, - si scorge il "caffè e buffet del tramvay". Il visitatore non ha perciò più timore di morire di fame ; un vetturino che col cappello in mano mi si avvicina, per chiedermi se desidero una vettura, mi rassicura intorno alla possibilità di ritornarmene in città, senza dipendere dall'orario del tram. Dopo aver attraversato un nuovo ponte (il decimo dacché lasciai Firenze), e notata la rassomiglianza delle acque giallastre dell' Ombrone - tale è il nome di questo fiume - con quelle del Tevere, io mi trovo in pieno Poggio a Cajano.
La strada principale, larga e munita di marciapiedi, contiene una serie di casette ad un piano, ornate d' un poggiuolo in ferro, d' una forma non troppo elegante. Solo il Teatro Fortini, colla sua facciata ornata dello stemma reale, si distingue pel suo aspetto imponente. Verso il centro del borgo, la via comincia a salire ; nello stesso luogo principia, presso una bella casa del secolo XVII o XVIII, un muro gigantesco che sembra circondare una gran parte della collina , mentre che dall' altro lato sorgono innumerevoli caffè, ristoranti, alberghi, la maggior parte piuttosto modesti, malgrado le loro insegne pretenziose : "Ristoratore al Falcone, - la Locanda d'Italia, - il Caffè alla Capitale, - il Caffè del Commercio, - il Caffè dei Filarmonici".
Non appena intravvedo la villa medicea, villa illustrata dal ricordo di tanti uomini grandi, e di tante opere d'arte, comprendo che essa esige a buon diritto ch'io le consacri tutti gli istanti d' un soggiorno pur troppo molto limitato. Studiamola strada facendo, ed ammiriamo le gigantesche costruzioni destinate a dare all'insieme della dimora patrizia la regolarità che la scelta di questa collina frastagliata pareva dover escludere ; col loro sviluppo esse offrono quasi l'apparenza d'una fortezza. Eppure qui tutto - non si tarda a vederlo - fu sacrificato al piacere; Lorenzo il Magnifico sembra non aver avuto altra preoccupazione che d' innalzare in mezzo ad un vasto giardino una casa piena di sole, in cui potersi riposare dalle fatiche degli affari dello Stato. Ancor oggi, quell'intonacatura gialla, quelle persiane verdi, contrastano colla magnificenza che ognuno s'aspetta di trovare in una villa principesca.
Ciò dipende dal fatto che il lusso dei primi Medici era affatto intimo; nel loro desiderio di risparmiare le suscettibilità dei concittadini, di cui preparavano il servaggio, essi evitavano, almeno esteriormente, tutto ciò che avrebbe destato delle idee di magnificenza, di dominio, salvo poi a compensarsene con delle raffinatezze destinate a sfuggire agli occhi della folla. I loro palazzi e le loro ville, di poca apparenza esternamente, erano nell'interno un museo d'un' insuperabile ricchezza.
Verso la fine del XVI secolo, Poggio a Cajano divenne il teatro d' una tragedia che contribuì, molto più del ricordo di tante figure simpatiche - così va il mondo! - a fissare l'attenzione degli storici e della folla. Altrettanto ambiziosa quanto bella, tanto spiritosa quanto intrigante, Bianca Capello aveva fatto consacrare pubblicamente il suo legame col granduca Francesco II, sedendo al suo fianco sul trono della Toscana ; tutto le sorrideva. Dimenticando che per l'addietro aveva biasimata la fanciulla, fuggita coll'amante dalla casa paterna, il Senato di Venezia inviò una magnifica ambasciata per assistere al matrimonio della sua concittadina, riconosciuta figliuola particolare di San Marco. D'altra parte, la morte dell'unico erede di Francesco II, il figlio della sua prima moglie, lasciava il campo libero alle sue intraprese. Il veleno ed il ferro l' avevano liberata da altri nemici o da complici indiscreti. Essa decise d' affermare il suo potere riconciliandosi con suo cognato, e riuscì ad attirare a Poggio a Cajano il cardinale Francesco. Bisogna credere ad un accidente o ad un delitto ? Sta il fatto che l'8 ottobre 1587, il granduca cadde subitamente malato d'una specie di febbre perniciosa, e la bella Veneziana non tardò ad essere colpita dallo stesso malore. Essi spirarono a poche ore d' intervallo.
Assorto in tali ricordi, suono alla porta della villa, ornata dello stemma dei Medici. Il portiere, vestito della livrea reale, mi fa attraversare un vasto giardino, il cui principale abbellimento consiste in un boschetto d'aranci, e giunti dinanzi al vestibolo, mi consegna ad un vecchio guardiano, incaricato di servirmi da cicerone.
L'architettura della villa, lo dissi, è delle più semplici; nè sporti pittoreschi, nè colonne monumentali, nè cariatidi; visto di prospetto, l'edifizio rassomiglia ad un vasto cubo, composto d'un pianterreno e di due piani, con un portico a pilastri che circonda il pianterreno, e forma un terrazzo all' altezza del primo piano. Questo portico, piuttosto pesante, è un'aggiunta posteriore, e non deve essere ascritto al primo architetto, Giuliano da San Gallo, la cui opera fu sfigurata in più d'un punto. Non è che facendo il giro dell' edifizio che ci si accorge come sulle facciate laterali le estremità sporgano verso il centro, quasi in maniera da formare due ali.
L'esterno non dà un'idea esatta del numero e della vastità delle sale che si trovano nell'interno. Il pianterreno contiene un teatro, una sala da pranzo a vòlta, vastissima, che mette sullo splendido parco che si stende dietro la villa; finalmente la stanza ove, secondo la tradizione, è morta Bianca Capello. In quest' ultima si osserva l'elegante ornamentazione del XVI secolo, ed un grandioso camino. "E' tradizione - dice l'iscrizione - che queste instaurate sale ospitassero nel secolo XVI la bellissima Bianca Capello".
Al primo piano, si attraversa dapprima una sala ornata di ritratti a figura intera dei Medici, ed una seconda sala da pranzo, ornata di trofei, nonché di affreschi rappresentanti il Trionfo dei Medici, con numerose figure allegoriche. Ma spicciamoci per correre ad ammirare, senza perdere un istante, lo splendido salone che si intravvede già in lontananza. Scoprire, in una villa in certa maniera perduta, una creazione che rifletta l'armonia, la grandezza, la magnificenza del Rinascimento giunto al suo apogeo: in una parola, una sala costrutta e decorata per cura di Leone X, è una fortuna davvero inaspettata!
Frattanto la pioggia continua a cadere a torrenti ; le vie sono diventate impraticabili ; bisogna battere in ritirata. Con grande stento giungo alla rimessa delle vetture, da me osservata al primo momento del mio arrivo a Poggio a Cajano; sempre sotto la pioggia un calesse mi trasporta a San Donnino, da dove il tram mi riconduce a Firenze, in sul cader della notte, dopo ogni sorta di peripezie. La lunghezza della via e l' inclemenza del cielo non riescono, per fortuna, a turbare la splendida immagine da me serbata della villa di Lorenzo il Magnifico, di Leone X e di Bianca Capello.[...]
( Eugenio Müntz, brano tratto da "Firenze e la Toscana", Fratelli Treves Editori, 1899 )Categories Tags
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