Magazine Arte
In un momento in cui la crisi economica morde, l'immigrazione aumenta, e con essa il razzismo, e noi che pensiamo sempre più al nostro piccolo orticello, a proteggere il nostro caro euro!Ma se guardiamo al passato ci rendiamo conto di quanto l'arte migliore sia nata a seguito di scambi economici e culturali forti. In questo percorso tra arte e letteratura, mi viene in aiuto l'editoriale dell' Art dossier di settembre. Ma comiciamo con ordine.L’arte stanziale forse non esiste nella cultura dell’Occidente. Ovvero sembra legittimo sostenere che tutto ciò che di meglio e di innovativo è avvenuto negli ultimi tremila anni dalle nostre parti sia in qualche modo il risultato d’uno spostamento. Già gli scultori di Creta, che avevano imparato dagli egizi la loro aulica statuaria appunto tremila anni prima, se n’erano andati dalle parti del Peloponneso per contaminare gli achei e convincerli a scolpire i “kouroi” e le “korai”, quelle statue ieratiche di quando gli dèi incutevano timore. Quanto hanno preso gli stessi etruschi dall’Oriente forse assiro nel modellare quei poetici sorrisi ebeti che testimoniano dell’aldilà ancora oggi nel formidabile Apollo di Veio. Non poteva quindi la testa più fine del primo Cinquecento, Erasmo, non abbandonare Rotterdam per Basilea dove si stampava alla grande, e per Roma poi dove si disputava all’infinito e dove doveva accorgersi che i letterati passavano il tempo a disquisire del nulla, il che forse lo spinse a scrivere L’Elogio della follia mentre a cavallo se ne andava in Inghilterra. E così riuscì a portare in quella corte che si stava separando da quella cattolica di Roma l’Holbein che stava a Basilea ma era nato in Baviera ed era così ben felice di evitare la Riforma protestante. Da poco Dürer era stato in Italia ad ammorbidire la sua complessa visione germanica come tre secoli dopo avrebbe fatto Goethe. Pensare ai tempi remoti come tempi di scarsa informazione e di movimenti impediti sarebbe un gravissimo errore: già il Medioevo era stato epoca di costanti spostamenti e la filosofia scolastica nel momento del suo massimo dibattito deve molto allo scarpinare di Tommaso d’Aquino, il “doctor angelicus”, fra profondo Sud e Parigi e Colonia, come la sua successiva messa in discussione deve altrettanto al peregrinare di Guglielmo da Ockham, il “doctor invincibilis”, fra la Oxford della sua formazione, l’Avignone della sua pratica e la Pisa del suo rifugio prima della morte a Monaco di Baviera, mentre a Parigi Duns Scoto, lo Scozzese detto “doctor subtilis”, discuteva le tesi di Pietro Lombardo nato a Novara. L’Europa è stata per un lungo periodo un incrocio perenne di esperienze culturali, quella di Leonardo fra Toscana, Milano e Francia come quella di Giuseppe Verdi fra Milano, Parigi, Londra e San Pietroburgo e come quella del suo coetaneo Wagner fra Lipsia, la Svizzera, la Sicilia e la morte a Venezia. L’Europa è stata per secoli – da quando Cesare scopriva il sesso in Egitto e il successo nelle Gallie, da quando Adriano girava le sponde del Mediterraneo intero, da quando Carlo Magno si fece proclamare re in Germania e imperatore in Italia perché aveva scoperto che la ferratura dei cavalli consentiva un viaggiare perenne – un crogiolo costante di culture e di saperi. Lì stava la sua forza formidabile. Ora pensa l’Europa solo all’euro. E' troppo poco.
P.S.: nel post tanti gustosi link per approfondire!!
http://www.arte.rai.it
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