I falsi medici sono a consulto: dopo aver distrutto la Grecia adesso fanno finta di accorgersi che non potrà pagare i prestiti gentilmente concessi perché il Pil cade come una foglia secca dall’albero e pensano a una nuova strategia: allungare di due anni la somministrazione di nuovi massacri sociali e anche degli obblighi finanziari sul deficit di cassa, portandone la realizzazione al 2016 e non al 2014.. Si tratta di spalmare tagli per 11, 5 miliardi e maggiori entrate fiscali per 2, obiettivi in completo contrasto fra di loro, che economicamente non hanno alcun senso visto che si tratta di misure procicliche e dunque destinate ad affossare ancora di più il Pil, rendendo più remota per Atene la possibilità di pagare. Persino l’Fmi non è più in grado di negare questa evidenza e in un documento reso noto la settimana scorsa con una invidiabile faccia tosta esprime dubbi sulle cosiddette politiche di austerity di cui è alfiere da almeno vent’anni.
Infatti la dilazione degli ulteriori tagli che costerebbe 30 miliardi ai creditori del Paese, ha pochissimo senso dal punto dei vista dei conti, ma ha uno scopo preciso, tutto politico: evitare che il governo conservatore greco si sfasci sotto l’onda d’urto dei nuovi tagli (rapportati all’Italia si tratterebbe di 60 miliardi, tanto per dare concretezza alle cifre) e faccia saltare il disegno di ridurre democrazia e diritti che è ormai l’obiettivo dichiarato dei circoli finanziari. Meglio passi più piccoli, meglio creare un’abitudine all’ impoverimento e ai ricatti che un’azione di forza rischiosa. Non è un caso che le voci sulla concessione di un periodo di tempo più lungo per attuare i massacri abbiano cominciato a diffondersi dopo il viaggio della Merkel ad Atene, effettuato proprio per rendersi conto di persona delle capacità di tenuta del premier Samaras.
L’importante a questo punto è guadagnare tempo: il fallimento della Grecia, grazie alle imposizioni della troika e la sua uscita dall’Euro provocherebbe una reazione a catena in tutti quei Paesi dove sono state imposte le medesime ricette economiche facendo saltare il banco di questa ‘Europa unita dai progetti reazionari della finanza e divisa dagli interessi contrastanti di centro e periferia dentro un mix che da una parte crea un’auspicabile confusione in merito agli obiettivi, togliendo lucidità alle opinioni pubbliche, ma rende più complesso dosarne i tempi e le tappe. Così si cerca di adottare con la Grecia il metodo Eluana: tenerne in vita artificialmente la permanenza dentro la moneta unica per permettere che anche in Portogallo, Spagna, Italia si realizzino le medesime mutazioni e spoliazioni senza trovarsi di fronte a resistenze che mettano in pericolo l’approdo finale. Certo con qualche difficoltà perché questo è un costo per le banche, ma soprattutto per i Paesi ricchi dove la narrazione ufficiale vuole che l’impoverimento progressivo sia dovuto agli stati cicala e non alla logica globale del profitto che ha occupato come un cancro tutti gli spazi del sociale.
Questo è il bandolo della matassa riguardo ai sondini da applicare alla Grecia: i teocon della finanza non sono poi così diversi da quelli che abbiamo visto all’opera con Eluana. Vogliono a tutti i costi far sopravvivere una moneta ormai ridotta allo stato vegetale, che nega ogni possibile ripresa, purché sia salvo il credo liberista e finanziario da applicare a tutto il continente. Se poi dovesse intervenire una morte naturale (sicura, se anche dai tempi incerti) pazienza, sarà stata la volontà di dio o del denaro. L’importante è che a decidere non siano i popoli.
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