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Europa, il braccio di ferro turco

Creato il 22 settembre 2011 da Istanbulavrupa

Europa, il braccio di ferro turco(pubblicato su FareItaliamag il 22 settembre 2011)

Se nel secondo semestre del 2012 la Repubblica di Cipro (RoC) assumerà la presidenza di turno dell’Unione europea, la Turchia è pronta a troncare i rapporti con Bruxelles. La notizia-bomba è stata battuta dalle agenzie di stampa domenica, ha rapidamente colonizzato le pubblicazioni online, è approdata il giorno dopo sui quotidiani. Peccato, però, che sia stata confezionata in modo approssimativo e fuorviante. A pronunciare la frase incriminata, il vice-premier turco Beşir Atalay in visita nella Repubblica turca di Cipro settentrionale (Kktc) e intervistato dai media locali; che però, nei fatti, ha semplicemente ripetuto la posizione enunciata a luglio: prima dal ministro degli esteri Davutoğlu, poi dal premier Erdoğan proprio sull’isola di Afrodite. Nessuna novità, nessuna bomba.

E soprattutto, nessuno ha intenzione di troncare alcunché (parola inventata di sana pianta da una corrispondente d’agenzia, perennemente mossa da un pervicace zelo anti-governativo che la porta a drammatizzare). In realtà, visto che la Turchia non riconosce formalmente la RoC come sovrana di tutta l’isola, nel caso assumesse la presidenza di turno dell’Ue Ankara congelerebbe per l’intero semestre – ma solo per quel semestre – i rapporti con la presidenza (l’intenzione, manifestata dal ministro per gli affari europei Egemen Bağış, è di continuare però nel processo negoziale con la Commissione): questo è stato detto a luglio, questo è stato ripetuto domenica. Notizia vecchia, notizia scontata, notizia innocua: la Turchia non ha rapporti diplomatici con la Repubblica di Cipro, continuerà a non averne. Ma questa drastica misura verrà adottata solo se i negoziati di riunificazione tra grecociprioti e turcociprioti attualmente in corso non daranno risultati a breve termine: perché l’obiettivo turco è che ad assumere la presidenza dell’Ue il 1° luglio ci sia Cipro tutt’intera. Nessuna minaccia, un invito a far presto per evitare imbarazzi. Che poi, un minimo di buon senso avrebbe suggerito prudenza: perché un annuncio del genere, che mette in discussione l’obiettivo strategico prioritario della Turchia che vuole entrare entro il 2023 in Europa, sarebbe stato fatto direttamente dal premier in un articolato discorso e non in modo informale da uno dei suoi vice.

Il campo è stato sgombrato dai maldestri equivoci, la vera bomba è scoppiata altrove. A New York. Dove, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, mercoledì pomeriggio Erdoğan e il leader turcocipriota Derviş Eroğlu hanno siglato un accordo per la delimitazione delle rispettive zone economiche esclusive. Turchia e Kktc: un accordo politicamente incendiario, sul piano del diritto internazionale poco ortodosso. O semplicemente privo di valore: la Repubblica turca di Cipro settentrionale è infatti formalmente riconosciuta solo dalla Turchia (per tutti gli altri paesi del mondo è una zona di occupazione militare turca), l’accordo si sostituisce abusivamente alle prerogative della Repubblica di Cipro che detiene la sovranità su tutta l’isola (anche se non può esercitarla su di una cospicua porzione). Un accordo politicamente incendiario perché solennemente propedeutico all’avvio di esplorazioni – tra prospezioni sismiche e trivellazioni – che la Turchia ha in mente condurre quanto prima, forse già dalla prossima settimana.

È la crisi delle trivellazioni, si rischia la guerra del gas (naturale). La mossa di Ankara è l’attesa e scontata risposta a quelle di Nicosia e di Tel Aviv: la delimitazione delle loro zone economiche esclusive lo scorso dicembre, il ruolo della Noble Energy americana – già impegnata nella ricerca di idrocarburi a largo di Israele – che in questi giorni ha avviato le operazioni nell’area di competenza cipriota. La mossa di Ankara è anche muscolare, con l’invio annunciato di navi da guerra a fare da scorta: e i benefici economici attesi sono colossali. Israele, Cipro, Turchia: una miscela esplosiva a cui neanche la Grecia e la Russia (la notizia è di due sottomarini in viaggio via Baltico per sostenere le ragioni della Repubblica di Cipro) vogliono sottrarsi. Un incidente è dietro l’angolo: e la settimana scorsa è stato siglato un accordo turco-egiziano per ulteriori esplorazioni congiunte nel Mediterraneo orientale, per contrastare le mire israeliane. Chi ha ragione, chi ha torto? La RoC ha dalla sua il diritto internazionale, ma questo unilateralismo smanioso è politicamente poco opportuno. “Una provocazione!”, ha denunciato Davutoğlu. I negoziati di riunificazione sono nell’ennesima fase delicata, erano attesi progressi decisivi per ottobre ma questo clima è decisamente poco propizio. Il paradosso è che proprio sulla competenza congiunta e a livello federale nello sfruttamento degli idrocarburi è stato raggiunto un accordo. Perché non aspettare? Perché non dare voce in capitolo ai turcociprioti? Perché almeno non indicare in modo formale – e con garanzie internazionali – quale sarà la loro parte?



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