Verso la metà del XV secolo il continente europeo, affranto da secoli di oscurantismo e miseria culturale, “rinasce” grazie alla fulgida luce della ragione di molti intellettuali e l’intraprendenza di esploratori/conquistatori mossi da curiosità per quel mondo fattosi improvvisamente più grande, più esotico ma, soprattutto, mossi dalle molteplici opportunità di ricchezza che si presentavano davanti ai loro occhi pieni di bramosia. Il risveglio del Vecchio Continente avvenne, curiosamente, nello stesso periodo in cui le grandi e potenti civiltà mesoamericane giungevano al crepuscolo della loro gloria. Guerre tra clan rivali, carestie e la simpatica tendenza di sacrificare esseri umani per il semplice capriccio degli Dei per poi gettare i corpi delle vittime nei cenotes sacri avevano condotto all’avvelenamento delle falde acquifere e alla corruzione di una terra un tempo fertile. Intere popolazioni, simulacri della potenza di un tempo, scomparvero ed i restanti gruppi decimati, quando videro per la prima volta i pallidi conquistadores in sella ad animali sconosciuti, lo interpretarono come il nuovo avvento degli Dei. Per loro fu la rovina. Con El Dorado veniamo catapultati nel bel mezzo di questi eventi. È il 1444 d.C. e l’intera mesoamerica è frammentata in piccoli regni che si combattono ininterrottamente fra loro. Se “Conquest of Paradise” si concentrava principalmente sulle tribù nomadi dei nativi americani delle terre del nord, ora possiamo finalmente prendere le redini di uno dei regni dell’emisfero sud; consolidare la nostra egemonia preparandoci a ciò che avverrà circa settant’anni dopo, oppure fare la solita parte dei conquistatori senza pietà, alla ricerca delle leggendarie sette città d’oro, sottomettendo gli indigeni e spogliando le ricche terre d’oltreoceano delle loro ricchezze col favore papale.
Paradox, come ormai da consuetudine, ci ha abituati ad update regolari (vedasi, Crusader Kings II, che ha raggiunto proporzioni mastodontiche), e anche El Dorado non è una semplice espansione caratterizzata da poche trascurabili feature. Essa giunge in concomitanza con la patch correttiva 1.10 la quale, singolarmente considerata, apporta numerosi fix e bilanciamenti relativi a quasi ogni aspetto del titolo; dalle Idee Nazionali alla gestione delle spinte autonomiste e dei rapporti di vassallaggio, sino all’immancabile e permeante religione. Sono talmente tante che in questa sede non possiamo far altro che analizzare le principali novità che caratterizzano l’espansione e ne giustificano decisamente l’acquisto. Dato che la nuova fatica di Paradox si adagia principalmente sulle civiltà dell’America Centrale e del Sud America, sembra evidente che le maggiori novità introdotte da El Dorado attengono proprio agli aspetti fondanti della cultura e delle credenze di queste popolazioni. A partire dal fattore religioso; quest’ultimo riveste un ruolo importantissimo nell’economia di gioco e si intreccia indissolubilmente con tutti gli altri aspetti gestionali della nazione indigena scelta. Nahuatl (ceppo azteco), Maya ed Inti (ceppo Inca) sono i tre credi di nuova introduzione ed ognuno possiede bonus, malus ed eventi specifici da valutare assai attentamente per non rendere la propria nazione ingestibile sin dai primi “anni” di governo. Sacrifici umani, sfruttamento intensivo delle tribù assoggettate per tasse, schiavi e simili non sono solo il pretesto per ottenere il favore di impalpabili Dei disinteressati alle vicende umane, bensì servono per mantenere equilibrata la stabilità del regno, modificare le relazioni con i vicini e, soprattutto, giungere al punto di intraprendere importanti riforme di governo, le quali si discostano sensibilmente da quanto abbiamo visto sinora, grazie alla presenza di parametri nuovi di zecca che accrescono decisamente il tasso di sfida anche per i giocatori più navigati.
Aztechi e Maya ad esempio seguono un loro percorso di governo e riforme che si basa essenzialmente sui cicli dello stesso calendario Maya sorretti da un principio cardine denominato “Doom“; ovvero una specie di indicatore storico sulla fine del mondo, che produce i suoi effetti attraverso un progressivo aumentare del costo di tecnologie, ricerche ed in generale di gestione. Durante le nostre sessioni questo si è rivelato una vera gatta da pelare. Tale indicatore infatti varia ogni anno a seconda del numero di territori controllati nonché in base agli eventi che si susseguiranno ed alle stesse azioni che compiremo; se l’orologio del destino arriva ad un punto critico (il vero Giorno del Giudizio, per intenderci), si rende necessario adottare delle misure drastiche e l’intero regno, a seguito di tali decisioni, non può che uscirne grandemente ridimensionato, ad esempio portandovi a rinunciare a più della metà delle province, oppure sacrificando agli esigenti Dei l’intera famiglia regnante sostituendola con un’altra e così via. Gestire queste civiltà la maggior parte delle volte si rivela quasi una fatica di Sisifo; politiche espansionistiche e relativamente stabili vengono stravolte continuamente dal ticchettio dell’orologio del destino che frena l’avanzamento della tecnologia e ci porta a cedere il controllo sui molti territori conquistati con fatica, facendoci praticamente ricominciare da capo.
Se governare i regni precolombiani non è tutto rose e fiori, sappiate che vi sono anche alcune decise migliorie e novità che potrebbero invogliarvi maggiormente a prendere in mano le sorti delle grandi potenze europee che si affacciano sull’Atlantico, per agevolarle nella conquista del Nuovo Mondo. Queste nazioni, chiaramente, sono di più “semplice” gestione non solo grazie alla maggiore disponibilità di mezzi e denaro, ma anche per il fatto che esse rappresentano delle “opzioni” già conosciute e testate dai giocatori sin dagli albori della serie. Come anticipavamo, però, con questa nuova espansione sono state introdotte alcune novità che aumentano l’aderenza storica al periodo considerato e garantiscono un maggior approfondimento dell’aspetto coloniale, a partire dalle leggendarie flotte del tesoro organizzate ed inviate dalle colonie verso la madrepatria. Se prima le nazioni coloniali tenevano le ricchezze prodotte, ora le navi ricolme di ricchezze salpano, scortate, dai porti americani e tentano di arrivare sane e salve in patria. Se ci riescono, la quantità d’oro immessa nel mercato aumenterà la ricchezza della nazione ricevente ma anche la sua inflazione, creando non pochi problemi interni nel lungo periodo. Più interessante invece risulta la gestione della conquista dei galeoni. Oltre ai classici pirati che infestano le acque atlantiche, ora ogni nazione può fornire alla propria flotta una sorta di “patente di corsa” per intercettare il nemico ed alleggerirlo del carico.
Riguardo all’esplorazione via terra invece, i conquistadores possono essere inviati in una particolare missione di esplorazione, denominata “Hunt for the Seven Cities“, che li vede percorrere in automatico il continente americano esplorando le terre incognite, combattendo i nativi o commerciando e, ovviamente, cercando le favoleggiate meraviglie narrate dai popolo sottomessi come la Fontana della Giovinezza o, appunto, le Sette Città d’Oro. Queste attività, che potrebbero esser considerate delle simpatiche variazioni senza significato, garantiscono – se portato alla luce l’oggetto della cerca – degli importanti bonus permanenti in termini di commercio, vile denaro e prestigio. Quest’ultimo, tra le centinaia di altre opzioni possibili, può essere aumentato anche coltivando le relazioni col papato, influenzandolo e guadagnando la sua benedizione col Trattato di Tordesillas. Garantirsi il favore papale per una nazione cattolica può essere fondamentale in quanto lo stesso porta con sé un bel po’ di vantaggi e bonus sui rivali, i quali al contrario avranno maggiori difficoltà a porre le basi per la colonizzazione del Nuovo Mondo.
CREARE UNA NAZIONECome diciamo sempre, non possiamo far altro che scalfire l’immensità di Europa Universalis e ciò che abbiamo appena analizzato riguardo a questa quinta espansione ufficiale ne è la riprova. Se non ne avete abbastanza, gli sviluppatori hanno pensato bene di introdurre anche una nuova feature che punta ad estendere indefinitamente la longevità del titolo, già di per sé praticamente infinito, grazie alla consueta profondità di gioco e a quel “Random World” che aveva fatto storcere il naso a molti. Ebbene, con “Nation Designer” ora possiamo creare la nostra nazione ovunque nel mondo, partendo letteralmente da zero (con un massimo di 800 punti spendibili) e personalizzando ogni singolo aspetto e caratteristica; dal nome all’araldica, dal numero di province ai tratti del reggente, alla forma di governo sino alla tecnologia e alle Idee Nazionali. Volete creare una dinastia giapponese nel bel mezzo del midwest americano? Oppure un regno africano di religione islamica in Islanda? O ancora un principato tedesco in Indonesia? Detto fatto. Il ventaglio di opzioni e personalizzazione è talmente vasto che solo dare spazio alla nostra fantasia si è rivelato un ottimo passatempo che ci ha tenuti impegnati per più di qualche ora nel tentativo di portare ad esistenza la nostra nuova creazione. Certo, questo non ha nulla a che vedere con quella aderenza storica a tratti quasi accademica a cui la serie dei ragazzi svedesi ci ha da sempre abituati. Ciò nonostante questo può esser visto semplicemente come una simpatica variazione sul tema che non può che divertire. Non dobbiamo dimenticare poi che anche questa nuova feature può essere utilizzata in combinazione con il vecchio “Random World“, per centinaia di possibilità differenti ed altrettante ore di gioco.