di Rita Pennarola
La Voce delle Voci
L’ultima frontiera arriva dal Belgio, un paese nel quale l’eutanasia e’ legalizzata ed oggi si sperimenta su larga scala la donazione di organi da coloro che hanno scelto di morire.
La notizia, da brividi, arriva dal Belgio e l’articolo, che e’ di gennaio 2011, e’ firmato dal giornalista Michael Cook. Tutto era cominciato alcuni anni fa, quando una donna affetta da disabilita’ cognitiva, che aveva chiesto l’eutanasia, scelse di donare i suoi organi e fu espiantata. Da allora, a quanto pare, il fenomeno e’ andato avanti.
Tanto che oggi molti belgi avanzano preoccupazioni, perche’ coloro che sono in attesa di un donatore temono che l’eutanasia arrivi quando gli organi sono gia’ compromessi dall’avanzare della malattia che determina, nel donatore, la terribile scelta di porre fine alla propria vita. La preoccupazione sarebbe accresciuta dal fatto che un recente studio sull’eutanasia nella regione delle Fiandre ha mostrato che il 32% delle morti per eutanasia sono avvenute senza esplicita richiesta del medico sul consenso alla donazione.
Cosi’ i luminari dei trapianti della Regal Belgium Medical Academy hanno presentato una ricerca sugli organi “di alta qualita’” da preservare nei pazienti che richiedono di morire. A tal fine sono state emanate nuove regole per coloro che si sottopongono ad eutanasia. Primo: se decidete di morire, fatelo in ospedale e non a casa vostra.
Scrive Cook: «Dirk Ysebaert, Dirk Van Raemdonck e Michel Meurisse, degli Ospedali dell’Universita’ di Anversa, Lovanio e Liegi, hanno mostrato che circa il 20% delle persone morte per eutanasia nel 2008 erano affette da malattie neuromuscolari. Cio’ significa che i loro organi sono qualita’ relativamente elevata per il trapianto ad altri pazienti. Un pool di organi utili che potrebbero contribuire a porre rimedio alla carenza di donatori in Belgio».
Definito anche il protocollo da seguire: netta separazione tra la procedura di eutanasia e il reperimento di organi; consenso di donatore e parenti; eutanasia eseguita da un neurologo o uno psichiatra e due medici della casa di cura; prelievo di organi dopo la diagnosi clinica di morte secondo i tre medici. Naturalmente, viene specificato, la partecipazione del personale sanitario e’ volontaria. «Sembra molto simile al Protocollo di Groningen – si legge ancora nell’articolo – che permette ai medici olandesi di praticare l’eutanasia a neonati con disabilita’».
PRESSIONE ALTA
Ma e’ a questo punto che il giornalista abbandona il fair play. Perche’ almeno una considerazione e’ inevitabile. Scrive Cook a conclusione del pezzo: «Quanta pressione ci sara’ adesso per convincere la gente a morire di eutanasia? Gia’ ora esiste la pressione sulla base del costo delle cure mediche. Poi c’e’ quella dei familiari, stanchi di curare l’ammalato. Poi c’e’ la pressione sulle persone stesse, perche’ la societa’ le ha fatte sentire come un peso. D’ora in poi ci sara’ anche la pressione che verra’ dall’eutanasia, se donare i propri organi sani sara’ considerato un bene». «La ragione per cui gli organi sono sani – questa la drastica conclusione – e’ che la persona non e’ ancora morta. Ma naturalmente l’eutanasia non si occupa di questo problema».
La notizia del binomio eutanasia-donazione che si pratica in Belgio fa parte del pesante fardello di materiali informativi che da alcuni anni accumula e diffonde colui che per molti anni e’ stato fra i principali chirurghi di Pittsburgh, attivo anche nel settore trapianti. E’ Rocco Maruotti, foggiano di origine, una carriera folgorante negli Stati Uniti, fino al drammatico incidente di tre anni fa, quando, durante una vacanza in Italia, il suo bambino rimane gravemente ferito in un incidente, i medici ne dichiaramno la morte cerebrale e Rocco, sotto choc, non riesce ad opporsi. Oggi Maruotti gira il mondo per far conoscere all’opinione pubblica internazionale le sempre piu’ numerose risultanze scientifiche secondo cui la morte cerebrale, presupposto per eseguire gli espianti, e’ ben lontana dall’essere definibile cosi’ come si fa attualmente sulla base della legislazione vigente nei principali Stati del mondo occidentale.
UNA CHANCE PER SAM
Lo scorso 25 gennaio Maruotti e’ stato ospite di una puntata del programma Rai “Uno Mattina Storie” dedicata ai dubbi sulla morte cerebrale e la donazione di organi. Un approccio coraggioso, quello della redazione, che per la prima volta in una trasmissione di largo ascolto ha messo in luce anche i punti controversi di un tema quasi sempre dato per scontato.
Durante la trasmissione, cui hanno preso parte famosi chirurghi dei trapianti come Francesco Procaccio e Antonio Gasbarrini, e’ stato possibile ad esempio chiedere che venga istituito un registro pubblico con il consenso alle donazioni espresso dai medici per se stessi. E ancora raccontare il piu’ recente e clamoroso caso di “risveglio”. La storia e’ quella di Sam Schmid, 21 anni, studente in un college dell’Arizona. Il 19 ottobre 2011 Sam resta gravemente ferito in un incidente stradale a Tucson. I medici del Barrow Neurological Institute presso il St. Joseph’s Medical Center di Phoenix lo sottopongono ad un’operazione. Il giovane entra in coma. «Non appena il personale dell’ospedale ha iniziato a parlare ai genitori della donazione degli organi di Schmid – si legge in un articolo della stampa locale – il ragazzo ha iniziato a rispondere alle cure, arrivando a sollevare due dita a comando. Oggi puo’ camminare con l’aiuto di un deambulatore e persino parlare, anche se lentamente».
Il neurochirurgo che aveva dichiarato la morte cerebrale di Sam e’ Robert Spetzler. Lo stesso che opero’ Gabrielle Giffords, il membro del Congresso americano, dopo che le fu esploso un colpo di pistola alla testa. Quando si chiede a Spetzler di dare una spiegazione scientifica al caso, la sua risposta e’ sibillina: “Ci sono tante cose che non possono essere spiegate sul cervello e su quella condizione vicina alla morte che Sam ha affrontato”».
IL TEMPO DI MORIRE
Rocco Maruotti aderisce alla rete internazionale di ricercatori indipendenti Science e Democracy, il cui rappresentante in Italia e’ il matematico Marco Mamone Capria, docente all’universita’ di Perugia. Mamone, di cui possiamo leggere qui accanto l’intervista sulla pericolosita’ dei vaccini, conosce a fondo anche la tormentata questione trapianti per averla seguita nel corso dei decenni attraverso SeD. «La legge che permette i trapianti – spiega – ha elevato a verita’ scientifica indubitabile una definizione di “morte” largamente congetturale e su cui sarebbe stato il caso di alimentare un esteso e pubblico dibattito».
«Nel documento della commissione di Harvard che nel 1968 defini’ la nozione di “morte cerebrale”, si legge, a proposito del criterio tradizionalmente accettato, che quando il cuore ha cessato di battere il cervello muore “in pochi minuti”. Senza voler toccare la questione della “morte cerebrale” con tutti i suoi problemi, cio’ su cui voglio porre l’attenzione e’ pero’ quell’espressione: “in pochi minuti”. Quanti? Questa e’ una questione scientifica non certo trascurabile».
Nel ‘93 la commisione di Pittsburgh stabili’ che i minuti dovevano essere due. In Italia il decreto rinnovato nel 2008 determina questo tempo in 20 minuti. «Perche’ – chiede Mamone – una soglia cosi’ improbabilmente bassa, e non, ad esempio, di 24 ore, se non per evitare il rischio di ischemia e quindi di inutilizzabilita’ degli organi?».