Giovanni Leone (Napoli, 3 novembre 1908 – Roma, 9 novembre 2001) è stato un politico e giurista italiano, sesto Presidente della Repubblica Italiana.
È stato l’11º e 13º Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana. Dal 10 maggio 1955 al 21 giugno 1963 fu Presidente dellaCamera dei deputati e, successivamente, fu per due volte Presidente del Consiglio dei ministri, dal 21 giugno 1963 al 4 dicembre 1963 e dal 24 giugno 1968 al 12 dicembre 1968.
Nominato senatore a vita dal Presidente Saragat, il 27 agosto 1967, fu il primo senatore a vita a diventare Presidente della Repubblica Italiana, una circostanza che si è ripetuta solo nel 2006, con l’elezione di Giorgio Napolitano. L’elezione di Leone, con i ben 23 scrutini necessari a raggiungere la maggioranza assoluta dei componenti dell’Assemblea elettiva, fu anche la più lunga della storia repubblicana.
Come Capo dello Stato ha conferito l’incarico a quattro Presidenti del Consiglio: Emilio Colombo (del quale ha respinto le dimissioni di cortesia presentate nel 1971), Giulio Andreotti (1972-1973 e 1976-1979), Mariano Rumor (1973-1974) e Aldo Moro (1974-1976); ha nominato nel 1972Amintore Fanfani senatore a vita; e quattro Giudici della Corte costituzionale, nel 1973 Edoardo Volterra e Guido Astuti, nel 1977 Livio Paladin e nel 1978 Antonio La Pergola.
La scelta di Saragat - che lo nominò senatore a vita – potrebbe essere interpretata come un gesto elegante nei confronti di Leone, che nel 1964fino al quattordicesimo scrutinio era stato il candidato ufficiale della DC e che successivamente si era ritirato per consentire l’elezione dell’esponente socialdemocratico.
Fu eletto Capo dello Stato il 24 dicembre 1971 al ventitreesimo scrutinio, con 518 voti su 1008 “grandi elettori”. Per il raggiungimento del quorum richiesto (505), furono determinanti i voti del Movimento Sociale Italiano. Nei primi scrutini, il candidato ufficiale della DC era stato il presidente del SenatoAmintore Fanfani, ma questi in seguito dovette cedere il passo a Leone. Dopo il ritiro di Fanfani, provocato anche dall’azione dei cosiddetti “franchi tiratori” del suo stesso partito, la maggioranza dei parlamentari della DC si orienterà infatti sulla candidatura del giurista napoletano.
Essa fu interpretata in chiave conservatrice, anche perché prevalse di stretta misura su quella di Aldo Moro, che avrebbe rappresentato una scelta più aperta ai partiti di sinistra.[6] E nei giorni del sequestro del presidente della DC, fu addirittura sul punto di compiere un gesto umanitario che forse avrebbe potuto impedire l’assassinio di Moro.[7]
Secondo autorevoli costituzionalisti, la sua presidenza fu caratterizzata da una linea improntata all’indipendenza piena dai partiti e al rispetto scrupoloso delle istituzioni[8]. Leone fu sempre rispettoso del dettato costituzionale, e nell’avvalersi delle sue prerogative effettuò delle scelte del tutto aliene da impostazioni ideologiche (ad esempio, nella nomina dei giudici costituzionali optò per giuristi insigni di area politica del tutto antitetica a quella della DC come il romanista Edoardo Volterra e il costituzionalista Antonio La Pergola), talvolta in contrasto con la maggioranza parlamentare (come quando rinviò alle Camere la legge sul nuovo sistema elettorale del CSM, che il Parlamento riapprovò tal quale costringendolo alla promulga)[9].
Leone inviò il 15 ottobre 1975 un articolato messaggio alle Camere[10], ma su di esso – che era espressione di una linea politica estranea alla linea dei vertici del partito da cui proveniva – la DC si adoperò perché passasse il più possibile sotto silenzio (in un’intervista televisiva del 1996, l’ex capo dello Stato sottolineò come il presidente del Senato dell’epoca, Giovanni Spagnolli, avesse evitato perfino che ci fosse un dibattito in aula sui contenuti del messaggio)[senza fonte].