Eventualità

Creato il 30 gennaio 2011 da Sandalialsole
E' il colmo, lo so. Essere a Milano cinque giorni su sette di ogni schifidissima settimana e ridursi alla penultima sera per visitare una mostra che si desidera vedere da quando è stata annunciata e che comunque è aperta dal 22 settembre. Alla fine ce l'ho fatta, e il senso di colpa per la mia pigrizia è stato cancellato dalla punizione delle due ore e dieci di coda in un freddo polare che anticipava la neve di questa mattina. Perché non avevamo nemmeno prenotato, tanto per dire il livello di organizzazione. E dire che lo sapevamo, visto che non c'è stato giorno in cui non ci fossero file bibliche, davanti a Palazzo Reale, giorni feriali inclusi. Che poi uno si pone anche la domanda sulla mostra, sull'evento e sulla mostra-evento e sui reali perché di tutta questa attrattiva. Un po' come era accaduto con la mostra su Tamara de Lempicka e di nuovo, lo scorso anno, con la mostra di Hopper, quella sì che davvero mi aveva deluso. Qui, un po' di mugugno alla fine del percorso l'ho sentito intorno a me. Un "Tutto qui?" sussurrato da chi forse sperava di controbilanciare le lunghe ore trascorse fuori con una visita più ricca di opere. In realtà, diversamente dalla mostra di Hopper, che si proponeva in chiave cronologica, concentrandosi sulla fase formativa e "dimenticando" la produzione più significativa del pittore americano, qui i curatori hanno costruito un percorso sul paesaggio e sullo sguardo, fuori, dentro e oltre il sé. Con un epilogo cinematografico di cui non mi ricordavo e che mi ha sorpreso.
Infreddolita e contenta, potrei dire. Ma la prossima volta mi organizzo meglio. Giurin giurella.

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