GLI SCIENZIATI SONO IMPEGNATI IN UNA CORASA CONTRO IL TEMPO PER RECUPERARE I DATI DEL SISMA, che agendo sulle faglie potrebbe aver spostato Kathmandu di un metro di Brian Clark Howard. Il monte Everest (a sinistra) e il monte Nuptse (a destra) potrebbero essersi spostati durante il terremoto in Nepal. Ma di quanto? Secondo gli scienziati, il devastante terremoto che sabato ha colpito il Nepal potrebbe aver causato dei cambiamenti permanenti della superficie della Terra, e aver reso l’Everest un po’ più alto – o un po’ più basso . Un team di geologi dello U.S. Geological Survey (USGS) di Pasadena è già al lavoro per studiare la questione, e dovrà recuperare i dati da una stazione GPS vicino alla montagna entro i prossimi 11 giorni. Lo spiega Kenneth Hudnut, geofisico di USGS ed esperto in terremoti. Trascorsi gli 11 giorni, infatti, la stazione inizierà a registrare nuovi dati che andranno a sovrascrivere quelli relativi al terremoto. Cancellando le informazioni più dettagliate sugli spostamenti della stazione in alto e in basso, avanti e indietro. Così i geologi stanno unendo gli sforzi su più fronti, cercando di raccogliere i fondi per noleggiare un elicottero oppure di portare a termine la missione in parallelo agli aiuti umanitari già in programma.
NEL FRATTEMPO HUNDUT E I COLLEGHI HANNO INIZIATO AD ANALIZZARE i dati sismici e da satellite relativi al terremoto di sabato, la cui magnitudo è stata stimata in 7,8 della scala Richter, per comprendere meglio l’accaduto e il rischio di futuri eventi sismici. I modelli preliminari che hanno elaborato, ancora da perfezionare, suggeriscono che il monte Everest e l’area circostante si siano spostati di qualche centimetro sia in verticale che in orizzontale. Una conclusione che si affianca alle stime di James Jackson, geologo della Cambridge University in Inghilterra. Per quanto riguarda il monte Everest “lo spostamento in verticale sembrerebbe essere stato di meno di dieci centimetri, al pari di quello in orizzontale”, commenta Jackson via mail. Un altro punto, aggiunge, sembra invece essersi spostato di due centimetri verso Nord, di uno a Est ed essere rimasto invariato in verticale. Si trova in Tibet, 200 chilometri a Est rispetto all’epicentro del terremoto, e potrebbe aver sperimentato lo stesso cambiamento che è stato osservato al monte Everest.
PER VEDERCI CHIARO. Per poter dare un’occhiata più da vicino, Hudnut spera di poter recuperare i dati da una stazione chiamata SYBC, situata a meno di 30 chilometri dalla vetta dell’Everest. Siccome la stazione non sta più trasmettendo dati, proprio a causa del sisma, gli scienziati dovrebbero recarvisi di persona in elicottero e scaricarli direttamente. Un altro modo per ottenere nuove informazioni sarebbe una spedizione di arrampicatori sulla cima della montagna, tutti forniti di GPS di alta qualità. “Non stiamo solo cercando di capire se l’Everest è andato in su o in giù, ma se è successo a tutto il pianeta. E quale sia la scienza dietro il terremoto”, spiega Hudnut. “Ad esempio vorremmo scoprire se il terremoto abbia portato ulteriore tensione sulle faglie di quell’area, il che potrebbe significare nuovi sismi in futuro”. La città di Kathmandu, più vicina all’epicentro rispetto all’Everest e gravemente danneggiata dal terremoto, potrebbe essersi spostata addirittura di un metro. Secondo Jackson i movimenti delle rocce lungo la faglia vicina alla città potrebbero aver raggiunto i tre metri. Ma questo non significa che la città si sia semplicemente spostata, precisa Jackson, perché la crosta terrestre si deforma in modi complessi e incostanti. Potrebbe invece significare che le parti di sottosuolo circostanti la città, o quelle nei dintorni, si sono allontanate o avvicinate tra loro.
E’ ORA DI CAMBIARE LE MAPPE? Interrogato sulla possibilità che una nuova altezza per l’Everest significhi dover rimettere mano a tutte le mappe National Geographic, il geografo della NG Society Juan Valdés risponde che sta tenendo d’occhio la situazione con grande attenzione. National Geographic non si affida a un’unica agenzia scientifica come fonte di dati, spiega Valdés, ma fa una revisione dei set di dati compilati dal maggior numero possibile di fonti. Nel caso specifico dell’Everest parliamo di agenzie in Cina, Nepal, Europa e molte altre. È già capitato che i terremoti portassero a delle modifiche sulle mappe di National Geographic, fa notare Valdés, dai movimenti causati dai sismi fino alle nuove isole create dai vulcani. I movimenti riscontrati a Kathmandu difficilmente si faranno vedere tra le mappe della società, mentre per quanto riguarda l’Everest è troppo presto per dirlo con certezza. L’ultimo cambiamento significativo che Valdés ricorda nell’altezza di una montagna risale al gennaio 2014, quando uno scioglimento dei ghiacci in Nuova Zelanda ha fatto passare il monte Cook da un’altezza di 3.754 metri a 3.724, una differenza di 30 metri. Il semplice fatto che la vetta più alta del mondo possa muoversi “è la prova di quanto sia dinamico il nostro pianeta”, commenta Valdés.
*nationalgeographic.it
Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio.org