Quando un libro inizia con la morte del protagonista non lascia molta speranza. Ma non tutta la letteratura, per fortuna, racconta storie a lieto fine, o descrive in modo lineare l’oggetto del suo racconto. Everyman (carta e ebook) di Philip Roth – pubblicato nel 2006 – ne è un validissimo esempio. Il venticinquesimo romanzo dello scrittore statunitense, classe 1933, già premio Pulitzer per Pastorale Americana nel 1997 e autore di molti successi a partire dal 1959, racconta la storia di un uomo senza nome che ripercorre tutta la propria esistenza, cominciando dal giorno della sua morte. Non è un viaggio a ritroso, troppo semplice per Roth, ma un vero e proprio alternarsi di eventi della vita dell’innominato protagonista, basati essenzialmente sulle malattie, sul sesso e sul rapporto con l’amato ed invidiato fratello Howie:
«Quando parlavano, lui si sentiva invadere da una freddezza ingiustificata, e la sua reazione alla giovialità del fratello era il silenzio. Il motivo era ridicolo. Odiava Howie per la sua buona salute. Odiava Howie perché in tutta la vita non era mai stato ricoverato in ospedale, perché non sapeva cosa fosse una malattia, perché nessuna parte del suo corpo era mai stata sfregiata dal bisturi del chirurgo, e perché non aveva sei stent di metallo nelle arterie, né un impianto cardiaco di emergenza nella cassa toracica chiamato defibrillatore. (…) Lo odiava perché, anche se erano figli degli stessi genitori e si somigliavano tanto, Howie aveva ereditato l’inespugnabilità fisica e lui la debolezza coronarica e vascolare. (…) Lo odiava e lo invidiava ed era velenosamente geloso di lui e, nei suoi pensieri, quasi insorgeva furioso contro di lui perché la forza che suo fratello aveva applicato alla vita non era stata ostacolata in alcun modo.»
Il tempo passa e avanzano l’età e le malattie, la tensione sessuale si abbassa e le tre “s” di sesso, soldi e successo che avevano caratterizzato la sua vita, restano ormai un vago ricordo.
Roth prende il nome Everyman da un morality play inglese di fine ‘400. L’everyman inglese era l’uomo comune che, come il nostro innominato protagonista, sta per morire e deve scegliere chi portare con sé. Nella personificazione allegorica di Vizi e Virtù tipica del dramma inglese quattrocentesco, l’everyman anglosassone sceglie di essere accompagnato nel suo ultimo viaggio dalla Discrezione, la Forza e la Bellezza, che però lo abbandonano inesorabilmente ad un passo dalla fine. In parallelo l’everyman di Roth per tutta la vita insegue piaceri effimeri: coltiva l’invidia, i tradimenti e l’egoismo, e resta solo davanti alla morte, come il suo antenato medievale.
Everyman parla di tutti e di nessuno. È l’uomo indeterminato, l’uomo distinto dalla massa, ma solo e senza caratteristiche specifiche. Roth non giudica, bensì racconta la vita di quest’uomo, ossessionato dalla paura della morte e da piaceri effimeri, mescolando ricordi, certezze e desideri. Tre matrimoni e tre figli non servono a riempire la sua vita, non bastano per vivere l’istante, senza l’ossessione della fine. Everyman fa il primo incontro con la morte già da bambino, quando vede in spiaggia il corpo di un marinaio che era su una nave affondata da un siluro tedesco, o quando, ricoverato per una semplice appendicite, vede morire il ragazzo del letto accanto. E poi c’è la morte delle zio, quella dei genitori, il suicidio della donna che segue le sue lezioni di pittura, l’ictus che colpisce la seconda moglie.
La lista dei premi vinti dall’autore dell’indimenticabile Lamento di Portnoy è lunga un chilometro. A parte il Nobel, li ha presi tutti. Gli hanno persino intitolato una via – quella in cui ha vissuto da bambino – e la Library of America (che è un po’ come i nostri Meridiani) ha pubblicato la sua opera omnia mentre lui è ancora in vita, cosa che è accaduta soltanto a altri due scrittori americani (Eudora Welty e Saul Bellow). Con Everyman ha vinto per la terza volta il Premio Pen/Faulkner per la narrativa.
Nel 2006 la New York Times Book Review ha fatto un’indagine fra scrittori, critici e giornalisti, chiedendo di indicare il miglior romanzo americano degli ultimi 25 anni. Risultato: su 22 romanzi selezionati, 6 erano di Roth.