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I due fratelli Mia e David, hanno recentemente perso la madre, restando profondamente segnati dalla luttuosa vicenda. Mia, che è rimasta a lungo accanto alla madre in ospedale, vive un profondo tracollo psichico. La ragazza beve e si droga per trovare un possibile quanto illusorio conforto. Mia decide tuttavia di trascorrere un breve periodo di vacanza insieme al fratello e ad alcuni amici, in un cottage isolato nei boschi, per vedere di riuscire a ritrovare una lucidità ormai perduta. Il gruppo di giovani, arrivati alla casa, troveranno ben presto un antico e strano libro, la cui lettura si rivelerà la causa di avvenimenti raccapriccianti e distruttivi...
Il tanto atteso remake del mitico "La casa" di Sam Raimi (1981) è uscito nelle sale statunitensi la scorsa settimana, e ne vedete qui due locandine molto suggestive che ho voluto postare insieme perché già di loro meritano uno sguardo. Ma è soprattutto il film a meritarsi più di uno sguardo, e per vari motivi che di seguito elencherò. Fede Alvarez è un giovane regista uruguayano, alquanto sconosciuto ma che in questo sua prima e così impegnativa prova mostra del talento davvero considerevole. Innanzitutto porsi di fronte al progetto di un remake del film originario di Sam Raimi implica un coraggio non da poco, poiché si tratta di confrontarsi con un prototipo stilisticamente non facile, declinato sui registri dell'horror grottesco anni '80, e molto complesso da rivisitare in chiave odierna. Alvarez fa benissimo, quindi, a distanziarsi fin da subito dal modus operandi raimiano, costruendo una storia che possiede solo lo scheletro dello script di "La Casa", e che poi si muove su gambe proprie e va molto, molto lontano, pur rimanendo tranquillamente fedele alla storia iniziale. L'incipit segnala immediatamente questo voluto scarto dal Raimi che tutti conosciamo: un inizio che non lascia dubbi sulle intenzioni del regista, il quale allestisce una bella, potente sequenza dove domina il fuoco che carbonizza, senza tanti giri di parole, la prima povera e infelice vittima. Dopo questo chiaro biglietto da visita, ecco che siamo avvolti dai cupi colori verdastri di un bosco kubrickianamente ripreso in panoramica dall'alto, ambiente dal quale non usciremo più, insieme al gruppo dei giovani approdati col pick-up nel trasandato e inquietante cottage, peraltro molto simile a quello che avevamo visto nel film del lontano 1981. Ma è proprio sul gruppo che occorre spendere qualche parola, perché è la sua specifica caratterizzazione che fornisce al film molti elementi di novità è profondità. Si tratta infatti di un gruppo dominato dal sentimento aleggiante del lutto per la morte della madre di Mia; un gruppo che le sta intorno e la prende per così dire "in cura", dal momento che la ragazza attraversa un periodo di grande instabilità psicologica. Subito dopo aver aperto il libro dei morti trovato in cantina la situazione però precipita. Eric (Lou Taylor Pucci) cerca di fare l'intellettuale della banda, studiando il libro per estrinsecarne un senso aristotelicamente logico, ma naturalmente senza alcun risultato, mentre i demoni sorgono dai boschi e cominciano ad invadere le peraltro già fragilissime anime dei ragazzi. Mi sembra che qui Alvarez voglia veicolare un sottotesto, relativo alle nuove generazioni dei trentenni contemporanei, eterni adolescenti, persi nella bulimia eccitatoria del mondo-bosco che li circonda, incapaci di tollerare il dolore luttuoso che la vita sempre impone, presi dalla tentazione inutile di farsi da genitori a vicenda, oppure in quella, più distruttiva, di annegare il senso di vuoto che sentono, nell'alcool o nella droga. L'atmosfera che si respira lungo tutto il film è esattamente questa, e sembra subito evidente che i demoni che Mia e gli altri evocano siano soprattutto dentro di loro, e ne sono perseguitati perché non vogliono affrontarli. Questo sottotesto gruppale gestito con grande maestria registica da parte di Alvarez, è sostenuto da un pavimento emotivo perturbante molto solido e straniante. Il grottesco raimiano proprio scompare per lasciare il posto a un mood sempre più destrutturante e melanconico che ricorda anche il von Trier di "Antichrist", senza mai voler scimiottare certi inutili cerebralismi del regista danese. Infatti la psicoterapia di gruppo si trasforma rapidamente in un vero macello che a partire dal 40esimo minuto di pellicola si avvita in un climax horror magistrale, alla Carpenter di "The Thing" per intenderci, che ti incolla alla poltrona nonostante i sobbalzi cui ti sottopone inesorabilmente. Alvarez è molto bravo nel dispiegare i momenti più cruenti del plot secondo una ritmica sistematica e continua, nonostante alcuni buchi di sceneggiatura su cui l'intero esito del film permette di sorvolare grandemente (vedi ad esempio il punto in cui David cerca di chiudere una ferita nel petto di Eric con del nastro adesivo). Notevole l'uso di sequenze splatter, ben calibrate, ben dosate, quasi a diventare un omaggio a questo sottogenere in quanto tale (significativa in tal senso la sequenza dell'autoamputazione del braccio di Natalie, per non parlare dell'incredibile, inaspettata sequenza della sparachiodi). C'è dell'indubbio talento in questo giovane regista, che aggredisce una materia difficile come il new horror anni '80 con mano salda e innovativa, e bisognerà senz'altro seguirne gli sviluppi creativi, dopo questa prova interessante e che possiede un suo magnetismo particolare. Prova ne sia il rallentamento romanticheggiante del ritmo nel prefinale, che successivamente si trasforma nel convulso, ipersanguinolento e fusionale finale, con la bella, intensa sequenza delle due donne che lottano intorno all'automobile capottata. "Evil Dead" (2013): film catartico, che intrattiene ed evoca molti stimoli di pensiero per gli amanti del genere. Consigliatissimo. Regia: Fede Alvarez Soggetto e Sceneggiatura: Fede Alvarez, Diablo Cody, Sam Raimi, Rodo Saygues Mendez Fotografia: Aaron Morton Montaggio: Bryan Shaw Musiche: Roque Baños Cast: Jessica Lucas, Elizabeth Blackmore, Jane Levy, Shiloh Fernandez, Lou Taylor Pucci, Bruce Campbell Nazione: USA Produzione: FilmDistrict, Ghost House Pictures, TriStar Pictures Durata: 91 min.
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