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Ex Machina

Creato il 12 gennaio 2016 da Jeanjacques
Ex Machina
Tempo fa avevo avuto modo di vedere in televisione un intervento di Valerio Evangelisti (autore, fra le altre cose, della stramba saga di Eymerich) di come la fantascienza tiri sempre fuori una qualche aria 'di sinistra' nella stesura delle storie. In effetti c'è una credenza mai del tutto dichiarata secondo la quale gli appassionati di sci-fi siano dei simpatizzanti sinistrorsi, mentre quelli del fantasy dei mezzi fascisti - poi ci sono i nerd, che sono solo schifo e basta. A me della narrativa di genere, specialmente quella fantastica, è piaciuto sempre il livello metaforico che può raggiungere il tutto e a come si collima verso i temi più profondi. Il tema per antonomasia di tutte le storie, poi, è il proverbiale chi sono io?, domanda che prima o poi tutti arrivano a porsi una volta nella vita. Un tema simile, proprio per quella capacità di metaforizzare di cui parlavo, l'ho sempre visto più efficace nelle varie sfumature del fantasy, ma anche la fantascienza ha riservato le sue belle perle, perché quando si ha a che fare con un autore di talento non è mai il genere che asseconda il tema, ma viceversa. Da come me ne avevano parlato, quindi, Ex Machina sembrava possedere tutte queste caratteristiche positive, decretandosi come una delle sorprese più inaspettate della stagione scorsa. E dato che io me lo sono prontamente perso, insieme a mille altri titoli, era il caso di recuperare in qualche maniera per farmi un'idea mia.

Caleb Smith, giovane e talentuoso programmatore, tramite una sorta di lotteria vince la possibilità di trascorrere una settimana nel laboratorio in montagna di Nathan Bateman, il CEO dell'industria per cui lavora. Una volta giunto sul posto, il boss lo informa che sta sviluppando in tutta autonomia un'intelligenza artificiale e che vuole testarla con lui usando il test di Turing. Ma quando Caleb incontra Ava, l'AI progettata da Nathan, succede che...

Ho iniziato Ex Machina senza aspettarmi nulla di che. Delle varie recensioni ritrovate in rete avevo letto solo pochi stralci, ma avevo capito che il parere comune era abbastanza positivo e unanime. La spinta per recuperarlo era venuta perché un amico me lo aveva consigliato, ricordandomi che insieme a mille altre cose c'era anche quel famoso film che nel suo piccolo aveva sorpreso un po' tutti. Però della trama, del perché era piaciuto e via dicendo, non sapevo assolutamente nulla. Non avevo manco visto un trailer. Alle volte, anzi, spesso questo è il modo migliore di vedere i film, perché non hai modo di farti castelli in aria o particolari pare e li puoi godere nella loro più totale essenza. E in questo film, di motivi per cui godere, ce ne sono diversi. Per noi maschietti due sono sicuramente le attrici Alicia Vikander e Sonoya Mizuno, anche se le controparti maschili a livello recitativo mi sono sembrati decisamente superiori, ma le vere chicche sono in fase di scrittura. Va detto che Alex Garland, qui al suo esordio nelle vesti di autore unico, ha bazzicato parecchio nel mondo del cinema come sceneggiatore, firmando copioni come quello di 28 giorni dopo (con relativo sequel) e Non lasciarmi. Le attenzioni maggiori quindi sono riservate alla storia, al suo dipanare la matassa dell'intrigo e, soprattutto, nei dialoghi. Nonostante sia uno sci-fi è un film molto parlato ma, cosa importantissima, i dialoghi non appesantiscono la visione, sono fluidi e pur facendo leva su diversi spiegoni, perfettamente funzionali. Ci sono anche molte citazioni, particolare che solitamente sminuisce qualunque sequenza parlata (per come la vedo io, è un po' farsi belli col lavoro degli altri), ma che però vengono abilmente ribaltate dando anche a quei momenti una propria precisa identità. Da uno che per anni si è occupato della scrittura, anche di romanzi (mai pubblicati in Italia, però), non ci si poteva aspettare di meglio... ma vale lo stesso anche dal punto di vista visivo? Qui ci sono diverse note gioiose ma alcune più dolenti, che tutto sommato messe insieme fanno un risultato finale più che discreto. Il film, così come in fase di scrittura, mantiene inalterato il ritmo complessivo e i minuti, nonostante la dichiarata lentezza, vanno avanti che è un piacere. Tutto mantiene quei toni asettici che aiutano a provare una grande empatia con Ava e la sua natura meccanica, dando al tutto una strana freddezza che a un certo punto riesce davvero ad alienare. I guai arrivano nei momenti salienti, quelli che dovrebbero essere il punto focale, il momento in cui tutti i nodi vengono al pettine, perché nonostante la sua natura di scena clou quello è stato un punto che, pur essendo ben diretto e con una trovata visiva efficace, non riesce a imprimersi bene nella mente. Nel suo cercare di mantenere un ritmo costante e unilaterale, e riuscendo a non far provare eccessivamente il senso di claustrofobia che poteva esistere in un soggetto ambientato quasi unicamente in quattro mura, Garland non riesce a trovare la giusta misura e quel finale, così ben scritto e ideato, prima di avviarsi verso la vera (e sconvolgente) conclusione, si inciampa leggermente in quell'epifania. La vera forza di quel finale sta proprio nell'ambiguità che si viene a creare, dove non ci sono né buoni né veri e propri cattivi - sarebbe come decidere se un uragano è cattivo o meno. Alla fine, ognuno ha semplicemente risposto alla propria vera natura. Ex Machina scuote perché, pur evolvendosi meccanicamente come la propria creatura, mostra una risoluzione perfettamente coerente con (appunto) la propria natura. E' un film sulla ricerca dell'identità e a quel chi sono io? del quale, alla fine, tutte le storie parlano e attraverso quella metafora, fortunatamente non abusata, che privilegia le storie di questo tipo. Imperfette, così come lo è la natura umana, ma forse proprio per questo così vicine a noi.

Una sorpresa piccola ma piacevolissima, per un film molto più intelligente di come è stato presentato, anche se la perfezione è ancora lontana.Voto: ★ ½

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