commento di Antonio Valerio SperaSummary:
“E’ il più grande progetto della mia carriera”. Queste parole di Ridley Scott su Exodus – Dei e re, in uscita il 15 gennaio nelle nostre sale, non si riferiscono tanto all’enorme budget a disposizione (ben 140 milioni di dollari), quanto alla difficoltà e al rischio di un nuovo film sulla figura di Mosè, dopo il classico I dieci comandamenti di Cecil B. De Mille e il cartoon Il principe d’Egitto.
Una sfida importante, quella affrontata dal regista de Il gladiatore, che dopo lo sfortunato The Counselor ha deciso di tornare alla grande epica in costume. Un’epica, come da sempre nel cinema di Scott, attenta sì allo spettacolo, ma anche ai personaggi. Grazie anche allo sceneggiatore premio Oscar Steve Zaillian, Exodus non è solo battaglie e piaghe d’Egitto, ma soprattutto il racconto di un conflitto tra fratelli, Mosè e Rhamses. “Il mio non è un film di effetti speciali, come solitamente si tende a classificare certe pellicole” – dichiara Scott. “Ci sono 1300 effetti, ma ciò che viene fuori con forza è la realtà dei personaggi”.
Non è un caso, quindi, che il regista, come sua abitudine, si sia affidato ad attori di livello. Nel ruolo di Mosè troviamo infatti un tanto intenso quanto misurato Christian Bale, che ha una evidente metamorfosi fisica parallela al suo cambiamento interiore, e nei panni di Rhamses, un ottimo Joel Edgerton che per rabbia e avidità ricorda molto il Commodo di Joaquin Phoenix del Gladiatore. Vicino a loro dei “comprimari” d’eccezione: una Sigourney Weaver silenziosa ma dalla presenza scenica importante, una raggiante Maria Valverde, un inedito John Turturro nei panni del faraone Seti e un calibratissimo Ben Kingsley nel ruolo di Nun.
Così com’è giusto aspettarsi una versione assolutamente nuova e originale della storia dell’esodo dall’Egitto, è opportuno attendersi anche un Mosè come mai l’abbiamo visto al cinema e sul piccolo schermo. “Abbiamo affrontato il personaggio di Mosè in modo diverso da chi ci ha preceduto” – racconta lo stesso Christian Bale. “Abbiamo guardato a Mosè, non tanto come il profeta che tutti conosciamo, ma come un uomo cresciuto in un determinato sistema sociale e religioso che poi viene assalito dai dubbi e sopraffatto dalla fede”. Un’esperienza recitativa senza dubbio complicata per l’ex Cavaliere Oscuro, ma resa più semplice dal minuzioso lavoro di Ridley Scott: “Non parla molto, dirige spesso a gesti, ma è stato un piacere essere diretti da lui – prosegue Bale – gira con diverse macchine da presa contemporaneamente e questo abbrevia nettamente i tempi di lavorazione e rende meno faticoso il lavoro degli attori”.
Ad impreziosire e a rendere ancor più maestoso l’impianto scenico del film è senza dubbio l’utilizzo della stereoscopia, vera novità per Scott che mai aveva sperimentato questa tecnica nella sua carriera: “Non lavorerò mai più senza – afferma entusiasta il cineasta britannico -, il 3D ci consente di aprire letteralmente l’universo che si vuole raccontare. Anche per i piccoli dialoghi è fondamentale, non lo abbandonerò più”. Chissà dunque cosa ci riserverà il futuro cinematografico di Scott. Di sicuro, però, viene la curiosità di immaginarsi cosa avrebbe potuto fare di Blade Runner e di Alien con l’uso della stereoscopia. Ma questa è un’altra storia.
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net