
Come ognuno di noi sa, nel 2015 Milano ospiterà l’Expo, l’Esposizione Universale, un evento a cui partecipano i paesi membri del BIE, il Bureau International de Expositions, istituzione fondata nel 1928 a Parigi che oggi conta circa 160 paesi.
Estranea a logiche meramente basate sul profitto, l’Expo costituisce un’immensa occasione di incontro tra uomini e organizzazioni provenienti da tutto il mondo: un’esperienza culturale, educativa e commerciale, come recita il sito ufficiale (qui), in cui il paese ospitante si fa carico degli oneri organizzativi avendo però l’opportunità di esporre al mondo il meglio delle proprie competenze tecnologiche, della propria capacità d’innovazione e tradizione culturale.
Si sovrappongono, pertanto, due discorsi: quello tecnologico e quello di immagine.
Il lato tecnologico rimane fondamentale: l’Expo è prima di tutto una manifestazione in cui si scambiano conoscenze nel campo dell’eccellenza nel know-how.
Per quel che riguarda invece l'aspetto relazionale, il grande numero di visitatori – le previsioni stimano in 20 milioni circa il numero di turisti che si recheranno a Milano da maggio a ottobre 2015 - crea opportunità per intessere e rafforzare legami istituzionali, diplomatici e commerciali (sia a livello pubblico sia privato).
Ospitare l’Expo garantisce visibilità e, se questa venisse coronata dal successo, costituirebbe insindacabilmente un vanto per il comune lombardo, per il governo e, di riflesso, per il Paese.
Costituisce, inoltre, un’opportunità per noi italiani tout court e per la nostra immagine internazionale. Sappiamo bene quali sono i chiché che ci accompagnano all’estero: siamo considerati dei faciloni, pressapochisti, spesso capaci e culturalmente molto preparati – e in effetti è vero, siamo molto preparati: l’ho provato sulla mia pelle, so di cosa parlo – ma altrettanto spesso disorganizzati, sempre pronti a cambiare piani/strategie all’ultimo. Dei maestri dell’adattamento e non della pianificazione a lungo termine.
La riuscita di una manifestazione dalla complessità organizzativa come l’Expo, che non può essere allestita senza uno sforzo congiunto di enti privati e pubblici (Governo, Regione, Comune), può in questo senso costituire un buon veicolo per far conoscere, una volta tanto, anche l’efficienza e la meticolosità italiana, e non soltanto la creatività.
Ma se l’Expo non ha ancora avuto inizio (aprirà ufficialmente i battenti il 1° maggio), non sembra che i buoni propositi abbiano un seguito, a giudicare da un paio di episodi avvenuti negli ultimi giorni.
Sabato 7 febbraio, oltre 500 esperti si sono riuniti nell’Hangar Bicocca per l’inizio dei lavori che condurranno alla stesura del protocollo sulla sicurezza alimentare, “la prima grande eredità di Expo 2015”, così come ha spiegato il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina – il tema centrale della Esposizione internazionale sarà “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, quindi il documento non è soltanto pertinente, ma rappresenta il filo rosso di tutto l’Expo.
La riunione è stata presenziata dalle autorità del capoluogo lombardo e della Regione, ha ottenuto la partecipazione di molti esperti del settore ed è stata arricchita dai videomessaggi dell’ex Presidente brasiliano Lula, del commissario europeo per la politica estera Mogherini e, addirittura, del Papa.
Non erano presenti soltanto i grandi nomi. Erano stati invitati personaggi meno noti provenienti da realtà lontane, come il Sig. Rezina Ahmed, Console generale del Bangladesh e vicecommissario per l’Expo del suo paese.
Proprio il Sig. Rezina è il protagonista del (primo?) fattaccio della rassegna milanese. Stando a quanto riferito dal console generale del Bangladesh, l’evento presso l’Hangar Bicocca non disponeva né di un servizio di interpretariato né di un adeguato servizio di indicazione e introduzione al programma della giornata, il quale era disponibile soltanto in lingua italiana.
L’Inglese è stato utilizzato solo per il materiale presente sui tavoli tematici (ben 42), ai quali il Sig. Rezina non era stato invitato.
Egli, comprensibilmente e al pari di molti altri, non conosce l’Italiano, ma è sereno e fiducioso perché è certo che a questi eventi il servizio di traduzione simultanea sia predisposto al meglio.
Giunto nei pressi dell’accoglienza dell’Hangar Bicocca scopre con meraviglia che non è attivo alcun servizio di traduzione, né simultanea né cartacea.
Risultato? Le sue possibilità di partecipazione, di interazione e di comprensione sono rese nulle; la presenza del Console del Bangladesh diventa praticamente inutile e senza scopo.
Al termine della giornata, il buon Rezina ha ringraziato il vice ministro per le politiche agricole italiano per essere stato “così gentile da rivolgere anche in inglese almeno il suo saluto e l’invito a venire all’esposizione” (non era ironico).
Non c’è bisogno di dire che altri avranno “notato” la mancanza di supporti in lingua Inglese e che il Sig. Rezina non sarà stato l’unico a giudicare indecente l’allestimento dell’evento.
Rimanendo in tema di lingue straniere e traduzioni e riportando indietro le lancette dell’orologio di qualche mese, sono già noti gli strafalcioni che hanno coinvolto il sito ufficiale di Expo 2015. Italianismi, arcaismi, soluzioni grammaticali e sintattiche che, se non evidentemente scorrette, risultano perlomeno fuori dall’uso corrente della lingua: ce n’è per tutti i gusti.
Si passa dal “he is convinced that he is”, che, pur non essendo tecnicamente scorretto, sa (puzza?) di calco dall’italiano a chilometri di distanza (un madrelingua adopererebbe il verbo “to think”, probabilmente senza il “that” a introdurre una secondaria), ad errori grammaticali veri e propri, come il mancato utilizzo della “s” alla terza persona singolare dei verbi al presente; dalla mancata traduzione di “mais” con “corn” (sul sito era apparso il termine “mais”) all’utilizzo di “process” alla stregua di come l’Italiano interpreta il significato di “processo” – termine che da noi assume sia una specificazione pratica sia astratta. Nella descrizione dell’Expo si è optato per la seguente soluzione: “not only is it an exhibition but also a process”, cercando di restituire l’idea di un evento che vuole essere un’esperienza di apprendimento, una manifestazione in cui il pubblico entra in contatto con un’offerta tematica che non è soltanto “in mostra”, ma che è pensata per essere interattiva.
Il problema nasce dal fatto che il termine “process” non è adatto a fare ciò perché, perlomeno, necessita di una ulteriore specificazione – che tipo di processo è? un “meeting process”? un “learning process”? –, anche se, più probabilmente, un madrelingua inglese sceglierebbe un’altra parola: “experience”, per rendere la doppia sfumatura qui sottointesa.
Senza fissarsi in formule standard: è necessaria la competenza, sia nella lingua di partenza sia in quella di arrivo.
Le correzioni di questi strafalcioni sono avvenute grazie all’intervento della rete che ha segnalato prontamente le scorrettezze e le manchevolezze del caso.
Paradossalmente, perché ovviamente queste persone lo hanno fatto a titolo gratuito, a differenza di chi aveva approntato le prime, infelici traduzioni.
Se il caso delle traduzioni è un po’ datato (la polemica è divampata circa un anno fa), decisamente più attuale è quello dei “rendering 3D”, avvenuto già nel 2015.
Questa volta abbiamo a che fare con l’account facebook ufficiale dell’Expo di Milano e gli uffici del settore grafica incaricati di realizzare dei rendering 3D – la restituzione digitale di un oggetto o un progetto architettonico la cui realizzazione deve ancora vedere la luce del parco della Biodiversità, un’area di 8500mq2 con il compito di valorizzare le eccellenze ambientali e alimentari italiane.
Il problema in questo caso è legato alla pubblicazione dei rendering perché le immagini che vengono caricate sulla pagina ufficiale dell’Expo sono grezze, di qualità scadente, mal scontornate, con una cattiva resa dei giochi di ombre e prospettive.
La causa viene individuata in un errore nella pubblicazione delle immagini, che necessitavano ancora di qualche ora di lavoro.
Può sembrare un gaffe da poco, ma considerando che l’account ufficiale di Expo 2015 ha circa 1 milione di followers e la velocità con cui le notizie si diffondono nel mondo del Web, non lo è.
Questi i rendering originali, presi dal profilo Facebook ufficiale di Expo2015. Di seguito, i commenti alle foto.

questi rendering sono peccati contro natura
guarda l'uomo trasparente (il primo)
Il contadino sullo sfondo senza gambe AHAHAHAHAHAHAH
Certo, difficile scegliere tra il contadino monco e il giovane dalla gamba vitrea.. Mah, per andare sul sicuro resterei sul ragazzo con la maglia blu trasparente. In fondo sta ammirando un meraviglioso giacinto volante, mi sembra più che accettabile..
When you're a persona and you feel like trasparente because of the layout that is scadente.
ma il palo perde spessore? siete avanti
ottima scelta delle persone da scontornare, nella stessa foto gente con guanti e cappotto assieme a gente in braghini e sandali.
Beh, anche lo sfondo diverso sotto il braccio del ragazzo al centro è tanta roba! Uahahahah!
Vabbè ci stanno trollando...non c'è altra spiegazione...
L'immagine della ragazza sulla destra, con il vestito rosa, ha persino le scritte sopra....
Distacco della Cornea tra 3...2...1
almeno fare le ombre sotto le persone ahahah
chi scommette che ci sono varie violazioni di copyright in questa immagine? non so perchè ma la tipa CON I FOTTUTI WATERMARK ADDOSSO a destra grida "ciao, sono linda e mi hanno trovato su google images".
A quei 4 poveracci in fondo gli si vede pure attraverso ahaha
Come avete potuto leggere, grafici e web designer non hanno perso l’occasione per fare ironia dell’accaduto – da rendering a orrendering il passo è breve, trasformando il tutto in un argomento virale, da meme.
Sono sicuro che a novembre 2015, una volta che l’Expo sarà terminato, la vulgata ufficiale racconterà di una grande manifestazione condotta e gestita al meglio dalle autorità locali e nazionali. Ciò avverrà sia perché il senso di critica è, a certi livelli, un lusso che non ci si può permettere (e posso comprendere il perché), sia perché chi di dovere opererà affinché tutto vada per il meglio.
Un suggerimento: al posto, però, di coprire le magagne ex post sarebbe bene evitarle in partenza, almeno quand’è possibile. C’era davvero bisogno del consulto di chissà chi per afferrare l’urgenza di un servizio d’interpretariato a un evento al quale parteciperanno persone provenienti da tutto il mondo o era particolarmente complicato avvalersene?
Il tempo per fare bene non manca. Forse il rischio che l’Expo, da occasione potenziale, si trasformi in un’occasione sprecata non è (ancora) concreto, ma di certo i dettagli fanno la differenza, e sono ciò che rendono, agli occhi del mondo e in una circostanza come questa, un paese serio, efficiente e affidabile.
Maurizio Riguzzi
@twitTagli