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EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow

Creato il 30 aprile 2011 da The Book Of Saturday

EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow

Tra il 1992 e il 1996 si pone all’incirca il punto più basso di una delle band meno conosciute dal pubblico italiano, ma decisamente influenti, soprattutto all’estero, ora inserite nel solco dell’Industrial, ora in quello dell’elettronica. E infatti a me sembra che si pongano proprio in una via di mezzo.

Si tratta del gruppo fiorentino dei Pankow (da non confondere con una band della DDR che invece faceva “solo” rock), nome che rimanda proverbialmente a un live molto famoso dei CCCP. Ma che con Ferretti e compagni c’entra poco o nulla, accomunato soltanto, forse, dall’omonimo distretto berlinese e dall’attenzione rivolta al mercato tedesco.

Infatti, i Pankow prendono le mosse da tutt’altro genere che non il punk di matrice anglosassone. Anzi, a detta di uno dei loro leader, Maurizio “FM” Fasolo, sembra che le influenze siano state molto più complesse: «Il punk… no! Nel 1973 avevo già divorato No Pussyfooting e i Faust me li portavo sempre dietro… io appartengo a quella realtà, quando è uscito Never Mind the Bollocks, che tra l’altro non ho mai sentito, avevo già comprato il mio primo sintetizzatore la mia battaglia era già in atto da tempo».

EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow

Sentire le parole dei membri di questa band, anche a distanza di tempo, è come respirare una boccata di aria fresca, idee genuine, volutamente cupe e tragiche, ribellione verso tutto quanto è di standard e comune, voglia di abbattere il muro dell’ipocrisia e un cosmopolitismo assoluto. Come quello che ha da sempre contraddistinto l’altra anima dei Pankow, l’inquieto Alex Spalck, che proprio in quel periodo, dopo oltre dieci anni di carriera con i Pankow, decise di abbandonare il progetto e trasferirsi in Australia. Farà in tempo a cantare in tedesco un paio di brani in Our Mary Of Cancer di Limbo, per poi sparire oltre il Tropico del Capricorno.

EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow
Proprio in quei Limbo, risiedeva il germe che Fasolo tenterà di far diventare, con non poca ostinazione, l’erede di Alex nei Pankow: Gianluca Becuzzi. Il suo arrivo ai Pankow devasterà non poco gli standard che aveva abituati fin lì i fan della band.

Che, va detto, erano veramente sparsi per il mondo. Vuoi perché la band fiorentina ha sempre rinnegato l’Italia (e proprio Firenze in modo particolare, basta vedere il video di Deny Everithing, dove alla fine del brano appare il campanile di Santa Maria del Fiore incendiarsi e cadere a picco in una nube di fumo e cenere), cimentandosi invece, per l’eclettismo del loro cantante, in testi esclusivamente in inglese e tedesco. Vuoi perché proprio il mercato italiano li ha emarginati fin da subito, mentre all’estero sono riusciti a catturare l’attenzione di discografici e promotori di concerti.

Si arriva così al 1996, anno di pubblicazione dell’album omonimo della band, Pankow per l’appunto (stesso anno, ma credo solo per una fortuita coincidenza, della pubblicazione di Live in Pankow dei CCCP Fedeli Alla Linea). Da titoli lunghetti e sempre in lingua estera, si approda a un album omonimo che già dal titolo quindi non offre molta curiosità, soprattutto, e questo è forse il motivo alla base del flop di quell’album, perché si tratterà dell’unico lavoro dei Pankow in italiano.

EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow

A livello strumentale Pankow non è poi così malvagio, clima molto minimalista, materia sonora sfaldata con un utilizzo ormai consolidato dei sintetizzatori da parte di FM, oltre ad alcuni interessanti campionamenti (del nuovo Enzo Regi). Ma i testi (dei tentativi a metà strada tra la provocazione sempre cara ai P. e un declino verso la banalità più assoluta) e le melodie (tutte, o quasi, praticamente sulla stessa gamma tonale e armonica), sono ormai completamente ripiegati all’uso che ne fa Becuzzi, in cui, a volte sembra voler imitare Samuel dei Subsonica o addirittura sedersi sul più commerciale Ligabue. Decisamente al primo impatto (ed è quello che devono aver provato anche molti fan dei Pankow: «consensi non più unanimi, anzi traumatici», per alcuni), si capisce subito che questo disco è l’anticamera di una creatura che sta per morire. Ne seguì un piccolo tour, dopodiché i Pankow staccarono la spina per ben cinque anni, facendo uscire solo, quasi a mo’ di triste concedo, una specie di raccolta.

EXTRA|Italian Industrial: il canto del cigno dei Pankow

Pankow è stato dunque il canto del cigno di questo gruppo, che dovrà attendere altri dieci anni prima di resuscitare. Consigliato a chi già conosce l’Industrial, o almeno è (come il sottoscritto) deciso ad approfondirlo. Vietato a chi lo avvicina per la prima volta. Il rischio è quello di chiudere per sempre con un genere che invece scopro ogni giorno essere sempre più sfaccettato e intrigante. Interessante però il fatto che sia cantato in italiano, lingua poco avvezza a giochi elettronici e a rumori. In cui risalta la cripticità e spesso il gusto per dei testi telegrafici e distruttivi (con Brucia Europa Brucia si arriva al culmine del catastrofismo).

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Vano quindi il tentativo di allungare l’agonia: «E’ la natura umana, invecchi e solitamente non hai più tanto di interessante da esprimere, ma per noi è diverso, ci siamo separati tanto tempo fa (con Alex, nda), 10 anni senza avere contatti e progetti musicali particolari, in quel periodo non abbiamo combinato niente di avvincente musicalmente, io ho insistito facendo uscire un disco senza Alex e da lì ho capito che era tutto inutile senza di lui», racconterà FM in un’intervista apparsa su artistsandbands.org nel 2007.

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Da un po’ il progetto è tornato a vivere, i componenti attuali della band concepiscono la parte strumentale dei pezzi, poi le basi vengono spedite in mp3 in Australia, dove Spalck ci plasma sopra i suoi testi, ormai quasi tutti con le stesse tematiche che spadroneggiano nella fase matura del vocalist: depressione, morte, ansia di resistere.

Poi Fasolo si trasferisce in Australia per circa un mese, si chiudono le sessioni e si pubblica il disco, il tutto rigorosamente auto prodotto e indipendente. È la dura legge di chi combatte le major. Ma a ma piace così, e anche ai protagonisti, soprattutto quando dicono: «Per me la musica dovrebbe essere un prodotto gratuito e accessibile a tutti» (Alex Spalck). Chapeau.

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http://uploaded.net/file/gb1erq0pl' album appena uscito si puo scaricare qua............www.NewAlbumReleases.net_Pankow%20-%20And%20Shun%20the%20Cure%20They%20Most%20Desire%20%282013%29.rar