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F1 | Cosa ricordare di Jean Pierre Beltoise

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

6 gennaio 2015 – La vita delle volte sa essere cinica, bastarda, quasi. Jean Pierre Beltoise ha corso in ogni dove e in ogni modo, eppure passano 44 anni e ancora le memorie di quel 10 gennaio 1971 non si sono cancellate. Una ferita aperta, un taglio profondo, un solco netto nel cuore degli innamorati folli di questo fantastico, ma talvolta anche lui bastardo, sport. 

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Inutile dire che il riferimento è a quel maledettissimo giorno. A quella domenica che nessuno potrà mai dimenticare. Beltoise mai ammise responsabilità o, per lo meno, mai disse di aver fatto una manovra avventata. In effetti aveva ragione. Portare la macchina ai box in una gara di durata (era la 1000 Km di Buenos Aires) quando rimani senza benzina e sei ma pochi metri dai box, era effettivamente la prassi. Abbandonarla e tornare ai box, equivaleva addirittura ad un licenziamento perchè una macchina incostudita era una preda facile per ingegneri e piloti rivali che potevano spiare e copiare soluzioni tecniche. Detto ciò, ribadiamo che Beltoise fece proprio quello che avrebbe chiunque.Nel bene o nel male, inconsciamente o con rigor contrattuale, era così. Così è anche se non vi pare. Pagò con sei mesi di ritiro di licenza quel gesto, accollandosi anche le colpe di commissari principianti e senza manco un decimo delle palle che ci vorrebbero per fare un mestiere come il loro. Riga.

Bypassiamo questa brutta e dolorante storia; come bypassiamo i numeri di Beltoise. Scrivere un’articolo il giorno dopo la sua scomparsa fatto di numeri, sarebbe inutile e, tra l’altro, lo si può già trovare (leggi articolo qui). Beltoise va ricordato come l’uomo che insieme a suo cognato, François Cèvert, seppe riportare il motorsport in Francia. Lo riportò a tutti gli effetti, in quanto dopo l’epopea d’inizio ‘900 e le vittorie di Trintignant, nel paese che si mette la mano sul cuore sulle note della “Marsigliese” non ci fù nessun’altro in grado di dare un’altra scossa di passione.

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Rimaniamo in Formula 1, e vi dico un Gran Premio che va assolutamente annoverato nella personale “Hall of Fame” di gare simbolo di un’epoca terribile come gli anni’70: Montecarlo 1972. Beltoise vince, anzi trionfa, sotto la pioggia con un vantaggio siderale sul secondo classificato: Jacky Ickx. Ultimo Gran Premio in Formula 1 ad aver passato le 2 ore di durata (senza interruzioni) e ultima vittoria nella storia con la Brm. La Brm, appunto, scuderia boccheggiante che lottava in centro – bassa classifica che domina a Montecarlo davanti ad un belga considerato mago della pioggia all’epoca dei fatti. Se non è impresa questa.

Ma Jean Pierre Beltoise non è solo Formula 1. Beltoise ha nel suo palmarés anche un Mondiale Marche vinto nel 1973 su Matra, uomo simbolo del marchio francese, in coppia con il cognato Cévert. Per non parlare delle vittorie in gare di durata vere, dure e crude come le 1000 Km a Brands Hatch, Nurburgring, Buenos Aires e anche la 6 ore di Watkins Glen. Mancava solo la 24 di Le Mans, ma anche li figurò benissimo in più di un’occasione.

Con queste righe, non si vuole assolutamente forzare un sentimento che non c’è. Chi vede Beltoise come vero e unico responsabile della morte di Giunti, dovrebbe essere ostile anche con: Siffert, Ickx, Amon e tanti altri che giustificarono il suo comportamento. Beltoise non chiese scusa a nessuno, ma creò a partire dal 1987 la “Conduire Juste” una scuola di guida sicura in Francia. Magari tra i due fatti della sua vita non vi è alcun nesso, ma chi siamo noi per capire fino a fondo l’animo di un racer vero?

 

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