Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti: sul tracciato di Yas Marina è calata la notte e sventola la bandiera britannica.
Ad agitare in cielo la grande Union Jack è un ventinovenne nato a Stevenage, un certo Carl Lewis Hamilton, così chiamato dal padre Anthony, un britannico di colore, in onore del leggendario sprinter americano Carl Lewis. Il ragazzo si è appena laureato Campione del mondo di F1 per la seconda volta nella sua carriera, e sventola la bandiera in faccia a chi l’ha sempre definito un pilota incompleto, troppo aggressivo e avventato.
Hamilton vince ad Abu Dhabi l’ultimo Gran Premio del mondiale 2014, sale sul gradino più alto del podio per l’11esima volta in questa stagione – meglio di lui solo Schumacher nel 2004 e Vettel nel 2013 – e festeggia nel migliore dei modi un’annata perfetta. Una vittoria dal duplice valore, perchè ottenuta contro il miglior nemico Nico Rosberg, tradito al 25esimo giro dal suo motore elettrico e costretto a tornare ai box dopo essere stato doppiato dal compagno di scuderia. Una festa tutta britannica quella in scena negli Emirati, dove, oltre all’ospite d’onore Hamilton, ha potuto gioire anche la scuderia Williams, con i suoi due piloti Massa e Bottas arrivati rispettivamente in seconda e terza posizione.
Il Gran Premio più patinato e scenografico del mondo ha rispettato solo in parte le attese della vigilia. I presupposti per un grande spettacolo c’erano tutti, con un duello finale in stile C’era una volta il West – reso ancora più drammatico dalla discutibile regola dei punti raddoppiati – e la sempre suggestiva cornice del tramonto su Abu Dhabi. Purtroppo la vera protagonista della gara è stata – ancora una volta, ci verrebbe da aggiungere – la meccanica, con i problemi tecnici che hanno condizionato e rovinato quella che poteva essere una battaglia epocale. Di fatto il duello non c’è stato, o se c’è stato, si è sviluppato e concluso tutto allo spegnimento dei semafori del via: Hamilton parte a razzo e alla prima curva approfitta della pessima partenza del rivale tedesco per superarlo; a fare il resto ci pensa il motore elettrico di Nico, che al 25esimo giro decide di fermarsi spegnendo così tutti i sogni di gloria del pilota figlio d’arte. Peccato.
Se la lotta per la prima piazza non regala spettacolo, ne regala invece tanto Ricciardo con la sua Infiniti – Red Bull, riuscendo a superare Vettel – con la testa rivolta alla sua prossima avventura in Ferrari più che alla gara – e chiudendo alle spalle dei tre di testa dopo una serie di giri veloci. E le Ferrari? Per la scuderia di Maranello è ancora una volta notte fonda. La monoposto rossa chiude in negativo una delle stagioni peggiori della sua storia, Alonso saluta il popolo ferrarista con un triste nono posto e dietro di lui, in decima posizione, si piazza il compagno di scuderia Raikkonen. Ora è compito del Cavallino dimenticare un’annata sfortunata e ricominciare a lavorare con un nuovo entusiasmo per regalare a Vettel una vettura competitiva; di sicuro il pilota tedesco, per quanto bravo, non può colmare da solo il gap che attualmente separa la rossa dalle ibride Mercedes.
Si chiude così un Mondiale bistrattato e sottovalutato dai più, dominato in tutto e per tutto dalla Mercedes, e vinto dal pilota che più ha meritato, da quel bad boy che molti avrebbero voluto vedere alle spalle del più elegante e sobrio Rosberg cuore di papà, ma che è stato capace di rispondere a suon di vittorie – 11 contro le 5 del tedesco, un dato che parla chiaro – e di correre più veloce delle critiche, proprio come quel Carl Lewis a cui deve il nome.
Complimenti Hamilton!
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