Spesso ci si immagina il mondo della massima serie come qualcosa di inarrivabile ed inavvicinabile, dove abbondano anche le cose più superflue, un circus nel quale tutto luccica. La realtà si rivela spesso invece ben diversa dall’immaginazione.
Pubblichiamo una testimonianza di vita vissuta all’interno del paddock che ci riporta indietro di qualche anno, nel post “era Senna”, quando la Formula 1 era reduce dai duelli Schumacher Hill ed il trauma per la scomparsa di “Magic” era ancora molto forte.
“Mi trovavo a Imola per presenziare all’inaugurazione del monumento a “Magic” Ayrton Senna che si sarebbe tenuta nel pomeriggio di quel lontano venerdì 25 aprile 1997.
Avevo con me un paio di cappellini “Amici di Ayrton” perché mi sembrava cosa carina farne omaggio all’ambasciatore del Brasile atteso con l’elicottero all’interno del circuito (avevo ricevuto l’invito ad essere presente al suo arrivo in rappresentanza, come responsabile Emilia Romagna, degli “Amici di Ayrton”).
In mattinata mi aggiravo per la pit-line e mi colse l’ispirazione di suggellare un atto di pace tra i tifosi di Ayrton da me rappresentati e il nemico Alain Prost.
Così mi avviai verso il box della Prost e mi ritrovai davanti ad un signore dall’aria familiare che spazzava lo spazio dove avvengono i pit stop e i rifornimenti di carburante.
Era l’ingegner Fiorio, a capo scoperto, nonostante il sole cocente. Educatamente mi rivolsi a lui spiegandogli le mie intenzioni, ma l’ingegnere mi rispose che solo il signor Prost poteva decidere, ma in ogni caso quasi sicuramente non era possibile accontentarmi perché, per la mancanza di sponsor, la squadra Prost non aveva cappellini. Doveva essere vero perché in quel momento c’era un sole quasi estivo e i meccanici erano tutti al riparo dentro al box, a differenza delle altre scuderie.
Il signor Prost fece sapere che era troppo occupato e così decisi di tentare lo scambio con Damon Hill, ultimo compagno di squadra di “Magic”.
Un po’ a gesti, un po’ con un inglese scolastico riuscii ad esporre le mie intenzioni a Damon, ma la risposta fu: “Sorry, ma io solo uno” (avete capito bene, aveva solo un cappellino con tanto di sponsor e non poteva disfarsene).
Un pensiero solo mi martellava la testa: ma siamo sicuri che questa è la F1?”