22 marzo 2014 – Tony Southgate è solo, seduto nel letto della sua stanza d’albergo. Braccia posate sulle ginocchia con mani congiunte e un casino infernale nella sua testa. Milioni di pensieri, timori e incubi realizzati. Non c’è nulla di tecnico, ma solo la consapevolezza della tragedia appena accaduta. Nella sua testa c’è casino, ma nella stanza un silenzio che tuona più di un temporale estivo spezzato solo dal bussare proveniente dalla porta. Southgate apre; è l’avvocato della famiglia Revson che esclama: “Vogliamo avere spiegazioni sulla morte di Peter Revson”. Ebbene si. Peter Revson già non c’è più.
“Revvie” è uno spirito libero e puro al 100%. Ama la vita, lo stile, la velocità e le belle donne; ma non per forza nello stesso ordine.Dopo 2 finanziati dalla famiglia, Peter Revson vende tutto ciò che ha e vola in Europa per cercare un volante nelle categorie che contanto. 12.000 dollari sonanti per un volante in F3. La vita del giovane pilota è l’esatto opposto di quella tutta sfarzi e agi che aveva negli USA. Dorme principalmente su un camion del team, ma non era difficile trovarlo dormire sulla spiaggia a Montecarlo o nel garage a Zandvoort, ma sempre in buona compagnia. Revson aveva talmente tanto stile che avrebbe attirato a se sventole da capogiro anche se avesse passato la notte in un bagno pubblico a Calcutta.
Nonostante tutto, Revson attira su di se critici che lo considerano un pilota non da top team. Nel 1971 “Revvo” è pronto a zittire tutti. Firma ufficialmente con la Mclaren che gli affida il programma Can-Am dove domina a mani basse e, non pago, sorprende alla 500 miglia di Indianapolis proprio come 2 anni prima. La ciliegina sulla torta arriva col debutto in F1 al Gran Premio degli Stati Uniti a Watkins Glen con una 3° Tyrrell schierata dal team del boscaiolo. A Teddy Mayer basta e avanza e lo ingaggia per il 1972 nel team di F1. Al primo anno nella categoria regina, Revson sbalordisce: ottiene 4 podi una pole e, sopratutto per lui, corre con la Mclaren sponsorizzata Yardley. La Yardley era una concorrente diretta della Revlon e potete solo immaginare la portata dello schiaffo morale rifilato alla famiglia che, dopo la morte del fratello, lo aveva quasi ripudiato. A fine anno, Revson è 5° con 23 punti; un risultato oltre ogni più rosea aspettativa.
Nonostante tutto questo, qualcosa con la Mclaren si incrina irrimediabilmente. La Yardley lascia spazio alla Texaco che impone Emmo Fittipaldi come pilota. Meyer l’accontenta sacrificando proprio Revson alla quale viene offerta una terza macchina semi-ufficiale. “Revvo” rifiuta e, dopo vari contatti con la Ferrari, sceglie un team emergente come lui: la Shadow.
Il 1974 inizia con la veloce ma acerba Shadow DN1. In Argentina è un incidente a fermarlo, mentre in Brasile il motore surriscaldato lo costringe ad un ritiro preventivo. In qualifica, però, non era andata male con un 4° posto in Argentina e un 6° in Brasile. Per il Sudafrica le aspettative sono tante, con un’evoluzione importante dal punto di vista delle componenti. Svariate parti della vettura furono riprogettate in titanio per garantire maggior leggerezza e, in teoria, robustezza. Il 22 marzo del 1974, la Shadow prenota un test in vista del Gran Premio del Sudafrica che ci sarebbe stato da li a pochi giorni. Revson scende in pista con la DN1 evoluta. Paio di giri per prendere feeling con la macchina poi inizia a spingere. Alla “Barbecue Bend” (la seconda curva del tracciato sudafricano) un dado della sospensione si trancia e la vettura si schianta a fortissima velocità contro le barriere. Hulme, giunto poco dopo, si ferma a soccorrere l’amico ed ex compagno, ma è troppo tardi. Revson giungerà all’ospedale di Kyalami ormai cadavere e a Southgate e Kerr non resterà che riconoscere la salma.
Nel suo libro scrisse: “Per me, il successo non si misura dalle cose materiali che hai ma, piuttosto, da quello che realizzi. Secondo alcuni è il risultato che conta, lo stile non significa nulla. Uno scrittore francese disse che un gentleman è una persona che non mina mai l’autostima altrui. Penso che sia la definizione migliore che abbia mai sentito… “. Un aforisma che descrive meglio di tante parole un Peter Revson morto da eroe. Eroe si. Perchè ha detto di non ad una vita fatta di agi e si è dedicato in tutto e per tutto alla sua passione:la velocità. Un’uomo che ha avuto il coraggio di vivere poco ma vivere sul serio, rispetto a vivere tanto ma dentro degli schemi, non può che non essere considerato un eroe.
F1 | Peter Revson: La velocità con stileF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi