31 gennaio 2015 – Jody Scheckter ha compiuto 65 anni giovedì scorso e per questo motivo, siccome è stato il pilota che ha riportato il Mondiale a Maranello dopo gli anni di Lauda e prima del lungo digiuno interrotto da Michael Schumacher nel 2000, a lui viene dedicato il ritratto numero 37 della serie sui personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1.
Jody è uno di quei piloti che, all’inizio della carriera, sembrava essere dotato di quella caratteristica che viene solitamente definita “genio e sregolatezza”, visto che viene da subito notato per essere un pilota molto veloce ma incline a commettere qualche incidente di troppo. Negli anni, però, il giovane sudafricano riuscirà a controllare la sua aggressività e a vincere il campionato nazionale sudafricano di Formula Ford del 1970.
Arriva così in Europa, correndo nella Formula 3 britannica, dove questa fama di “spinner and winner” lo accompagnerà per gran parte della sua carriera. Quello che senza dubbio prevarrà saranno le sue abilità al volante, che in breve tempo, dopo il terzo posto nel campionato inglese di Formula 3, lo portano in Formula 1. Correrà infatti per la McLaren già dal 1972 e nel 1973. Nella sua prima gara si qualificherà subito al settimo posto e in gara riuscirà a rimontare fino al quarto posto, accodandosi a Denny Hulme, prima di incappare in un acquazzone che lo farà retrocedere sino al nono posto.
Ma nel 1973 Scheckter disputa 5 gare e dopo un nono posto a Imola sorprende tutti in Francia, dove balza in testa già al via. Ma nel corso della gara ecco che la sua “sregolatezza” esce allo scoperto, tanto che si renderà protagonista di una collisione con Emerson Fittipaldi. Il campione e l’esordiente si scontreranno in modo piuttosto rude, con il brasiliano che gli darà del pazzo, ma alla fine la FISA classificherà l’episodio come incidente di gara.
Ma sarà un altro l’incidente che lo getterà nell’occhio del ciclone e sarà quello che metterà l parola fine alla carriera di Andrea De Adamich due settimane più tardi sul circuito di Silverstone. Scheckter si trovò protagonista di un testacoda a oltre 250 km/h sul rettilineo di Woodcote mentre era in quarta poisizione (era partito sesto), con la sua McLaren che vagava all’impazzata a centro pista prima di andare a sbattere violentemente sul rettilineo di fronte a quello dei box. De Adamich si procura una frattura a entrambe le gambe che metterà la parola fine alla sua carriera mentre Scheckter venne messo fuori squadra fino al Gran Premio del Canada. E proprio in questa gara Scheckter sembrava dover fare i conti con il numero che gli era stato assegnato, lo 0 (Jody è l’unico pilota ad averlo portato insieme a Damon Hill), perchè si scontrerà di nuovo, questa volta con la Tyrrell di François Cevert. Il francese giungerà alle mani con il sudafricano e tutti i piloti si scaglieranno ancora contro di lui, ma sarà proprio Ken Tyrrell a offrirgli a sorpresa un contratto per affiancare proprio il francese, dopo il ritiro di Jackie Stewart. Ma il progetto di Tyrrell, purtroppo, non si realizzerà a causa dell’incidente mortale di Cevert a Watkins Glen e Scheckter si troverà senza punti di riferimento, con un enorme peso da portarsi dietro, quello di preservare la sua vita e quella degli altri. Ken Tyrrell, infatti, gli metterà addosso molta pressione e Scheckter dirà che “Da allora, quello che cercavo di fare in Formula 1 più di ogni altra cosa è stato salvare la mia vita”.
Così, nel 1974 Scheckter si presenta al via della stagione carico di rabbia e determinato a vincere, ma i risultati stentano a decollare. Ma passano poche gare e arrivano il primo podio in Belgio e la prima vittoria in Svezia, con il fido Depailler alle sue spalle. Il sudafricano replicherà l’affermazione vendicando il brutto incidente di Silverstone dell’anno prima e si garantirà il terzo posto nel Mondiale rimanendo nella scia di Fittipadi e Regazzoni fino all’ultima gara. Nel 1975 le cose andranno un po’ peggio, visto che coglierà solo un successo e altri due podi, giungerndo al settimo posto finale.
Per il 1976, a Jody e Patrick viene riservata la sorpresa della P34, la prima vettura a 6 ruote, e il sudafricano sarà la vera rivelazione della stagione, segnata dal duello rusticano tra Hunt e Lauda. Infatti, questa vettura non esordirà subito, ma alla quarta gara stagionale, in Spagna, e ci mette davvvero poco per far capire a tutti di che pasta è fatta. Scheckter, infatti, si trova a suo agio con questo telaio tanto che lo porterà alla vittoria quasi subito, firmando una storica doppietta con Depailler in Svezia. La sfilza di risultati positivi è solo iniziata, Jody ottiene altri 4 podi e arriva al terzo posto nel Mondiale.
Ma per il sudafricano era venuito il momento di cambiare aria e passa alla Wolf dove continuerà la sua ascesa, firmando ben 3 successi e giungendo secondo nel Mondiale alle spalle della Ferrari di Niki Lauda. Proprio il Commendatore inizierà a seguire le sue orme, facendogli un importante apprezzamento:
“E’ un combattente che non si brucia arrivando troppo forte all’inizio ma sa gestirsi totalmente durante la gara”.
Un complimento che sembra l’esatta antitesi dei suoi burrascosi inizi di carriera, costellati da numerosi incidenti e feroci polemiche. E proprio da qui, oltre alla scarsa competitività della Wolf del 1978, ecco che a Maranello si pensa di metterlo sotto contratto, affiancandolo a Gilles Villeneuve, anche lui segnato da un inizio di carriera non felicissimo. I due diventeranno grandi amici e l’Orso (così venne soprannominato Scheckter) gli farà da mentore, cercando di portarlo verso il successo. E ci riuscirà, anche perchè Villeneuve all’inizio del 1978 non viene assolutamente visto di buon occhio e rischia fortemente il sedile. Nel 1979, Jody e Gilles sono una coppia formidabile grazie anche alla “ciabatta” di Mauro Forghieri, la 312T4, che interpreta a modo suo il concetto dell’effetto suolo con un’idea che si rivelerà vincente, con il sudafricano ormai maturo e pronto a giocarsi le sue carte per il titolo al quale ambisce, ma a sbarrargli la strada a inizio stagione sarà proprio il canadese, che vincerà per ironia della sorte proprio a casa di Scheckter, in Sudafrica, e a Long Beach. Ma purtroppo per il canadese arriverà qualche ritiro di troppo, come a Montecarlo (dove stava inseguendo Scheckter) o a Zolder (la pista nella quale perderà la vita 3 anni dopo) oppure ancora a Zandvoort nel famosissimo giro su 3 ruote. Villeneuve regala altri sprazzi di magia a Digione, dove riuscirà a vincere il lungo duello a ruotate con Arnoux, mentre il sudafricano finisce fuori dalla zona punti. Ma è nella parte centrale della stagione che si decidono i giochi tra i due ferraristi, con il canadese che si ritira a Zandvoort e Silverstone. Gilles così decide di essere fedele scudiero di Jody nell’ultima straordinaria gara di Monza, dove non lo attaccherà e gli consegnerà con ben 2 gare di anticipo il titolo mondiale, dopo aver tenuto a distanza anche Alan Jones.
Un vero trionfo totale per la Ferrari, che si completerà con il secondo posto del canadese, prima di un lungo digiuno che durerà ben 21 anni. Già, perchè da subito, nel 1980, la Ferrari 312T5 che è praticamente la fotocopia della T4, sembra la brutta copia della monoposto che ha dominato il 1979. Questo anche perchè, nel frattempo, gli altri iniziano a pensare di adottare il motore turbocompresso, anche se a vincere il titolo quell’anno sarà ancora l’inossidabile Cosworth DFV montato sulla Williams di Alan Jones. La stagione della Ferrari è un vero incubo, con Scheckter che clamorosamente non sui qualifica nemmeno per il Gran Premio del Canada e a metà stagione annuncia il ritiro. E si tratta di un ritiro completo, visto che Jody non si occuperà più di automobili, ma di dispositivi di sicurezza e costruirà una fattoria organica in Inghilterra. Però il suo passato da pilota viene trasmesso ai figli Tomas e Toby, che inizieranno anche loro a cimentarsi con le 4 ruote.
Di certo, Scheckter è stato uno dei grandi protagonisti della scena mondiale delle 4 ruote, nel bene e nel male, concludendo con un trionfo iridato una carriera travagliata dalla quale ha imparato e insegnato molto dalle sue esperienze e, citando Oscar Wilde, Scheckter sembra uno dei personaggi ai quali questa frase sembra cucirsi addosso come un vestito: “L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l’esame, poi ti spiega la lezione”; e certamente di esami ne ha superati tanti, guadagnandosi poi importanti riconoscimenti.
F1 Ritratti: i 65 anni di Jody ScheckterF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi