10 settembre 2014 – Ritratto numero 33 della serie dei personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1 dedicato al presidente della FIA Jean Todt, l’uomo che ha riportato la Ferrari ai vertici negli anni 2000, ma che già nelle prime fasi della sua carriera si è contraddistinto per le sue qualità da copilota di rally prima e di team manager poi, anche se in questo ruolo si è rivelato un personaggio vincente ma a tratti anche antipatico, per diverse ragioni e diversi episodi nel corso della sua carrriera da manager. Queasto articolo esce, per una strana coincidenza (per certi versi voluta da chi scrive), nel giorno delle dimissioni di Montezemolo da Presidente della Ferrari e il giorno successivo alla notizia del ritorno a casa di Michael Schumacher.
Todt, come detto, inizia la sua carriera nel mondo delle 4 ruote non come pilota, bensì come navigatore e ben presto si mette in luce per le sue doti da stratega, che ben presto lo porttano a condividere il sedile con nomi dal piede molto pesante, e cioè Jean-Pierre Nicolas, Rauno Aaltonen, Ove Andersson, Hannu Mikkola, Jean-Pierre Beltoise, Bernard Consten, Jean-François Piot, Achim Warmbold, Jean Guichet, Jean-Claude Lefèbvre, Timo Mäkinen e Guy Fréquelin. Con quest’ultimo nel 1981 arriva vicino alla conquista del Mondiale.
L’anno successivo, Todt lascia il sedile per prenderer il comando delle operazioni dello stesso team, sia nel Mondiale rally che, successivamente, nel Mondiale Sportprototipi, con un ruolo analiogo rispetto a Cesare Fiorio in Lancia. La Peugeot Talbot Sport inizia a muovere i primi passi, sino ad arrivare al contestatissimo titolo mondiale del 1986, arrivato per mano di Timo Salinen e Juha Kankkunen, ultimo del Gruppo B che scomparirà a causa dell’incidente di Toivonen. Todt in quella circostanza induce la FIA a eliminare il Rally di Sanremo, quello che avrebbe dato il titolo alla Lancia a seguito della squalifica di tutte le Peugeot, che montavano una protezione del serbatoio che era stata scambiata per una minigonna. Questa decisione permise alla Peugeot di vincere il Mondiale, sia Piloti che Costruttori. Il suo piglio da manager anche abbastanza duro, però molto concreto, si nota anche da alcune decisioni prese nel corso degli anni, come per esempio le gerarchie decise in partenza prima della Parigi-Dakar per evitare che la lotta fratricida tra i piloti porti a perdere la gara. E i risultati arrivano, visto che Todt vincerà la competizione per 4 volte consecutive, dal 1987 al 1990, oltre alla Pikes Peak. Tutto questo prima dell’abbandono dei rally e l’approdo alle gare di durata, in cui Todt porta la Peugeot a vincere nel 1992 e nel 1993 la 24 Ore di Le Mans, in quest’ultimo caso conquistando una clamorosa tripletta.Dalle gare di durata, Todt passa alla velocità: sarà lui, infatti, l’uomo chiamato da Luca Cordero di Montezemolo a guidare il rilancio della Ferrari in seguito agli anni bui che stavano portando la Scuderia in una crisi abbastanza profonda. Todt arriva in Francia all’interno di un team che si stava già riorganizzando: era arrivato Gerhard Berger e la direzione tecnica era passata sotto la guida di John Barnard. Il tecnico inglese costituiva una grande risorsa, ma al contempo anche un grande problema, visto che la progettazione aerodinamica era delocalizzata in Inghilterra e la costruzione veniva fatta in Italia. Nonostante questo, però, i primi risultati arrivarono subito, con la coppia Alesi-Berger che arrivò per 3 volte sul podio. La stagione della riscossa, però, sarà il 1994, quando Berger riporterà la Ferrari alla vittoria dopo 4 anni. Il lavoro di Todt inizia a dare i suoi frutti, il clima sembra quello giusto per ripartire, anche se il tallone d’Achille delle monoposto di Maranello sarà l’affidabilità, che creerà non pochi malumori all’interno del box, specialmente con Alesi che in alcune occasioni non esita a sfogare la sua rabbia quando ualcosa andava storto. Ma
c’era comunque la sensazione generale che il clima fosse buono, e la conferma pareva essere il 1995, in cui alla prima parte di stagione la Ferrari va particolarmente forte, arrivando in testa al Mondiale costruttori dopo la splendida vittoria di Alesi in Canada. Anche in questo caso sembrava che l’affidabilità costituisse un problema, ma le prestazioni c’erano così come la volontà di poter lottare finalmente per qualcosa di importante. Ma dietro l’angolo c’erano i nuovi progetti e le nuove idee della Ferrari, che stava iniziando a pensare in grande, con la progettazione del nuovo v10 per preparare il terreno all’inizio della rivoluzione targata Michael Schumacher. Questo, alla fine, penalizzerà pesantemente Berger e Alesi, e il clima idilliaco, soprattutto tra i due Jean, della prima parte di stagione si trasforma in una polveriera, con i problemi sofferti da Alesi che incendieranno il clima. Ad aggravare la situazione c’è un ordine di scuderia impartito dal manager francese al suo connazionale di far passare l’austriaco che non verrà rispettato e che porterà la Ferrari a comminare una mulrta pesantissima ad Alesi. Ormai la frattura si era consumata e anche Berger lascerà la Scuderia per seguire Alesi alla Benetton, ma l’arrivo di Schumcher darà ragione al manager transalpino, che inizia una vera e propria rivoluzione all’interno della Scuderia.Il pluricampione tedesco, infatti, ha carta bianca su tutti gli aspetti organizzativi e tecnici della Squadra corse, e infatti sceglie di sostituire tutti i tecnici a iniziare da John Barnard, che a metà del
1996 verrà sostituito da Ross Brawn e, successivamente, arriverà anche Rory Byrne. La riorganizzazione porterà alla realizzazione di nuove strutture, come la Galleria del vento realizzata da Renzo Piano, per concentrare a Maranello tutta la progettazione e la costruzione della monoposto, cosa che porterà notevoli vantaggi. Oltre al lato tecnico, la riorganizzazione coinvolge anche l’ambito sportivo, con gerarchie ben chiare sin dall’inizio trta i piloti. I risultati sono apprezzabili già dal 1996, quando la Ferrari centra 3 vittorie con Michael Schumacher, e nel 1997, quamdo sfiora subito il titolo, perso all’ultima gara. L’affidabilità migliora sensibilmente così come le prestazioni, tant’è che nel 1998 riuscirà a insidiare le McLaren favorite d’obbligo per il titolo e all’apparenza imprendibili. La situazione si presenta all’apparenza ancora migliore nel 1999, quando Michael Schumacher sembrava involarsi verso la conquista del titolo. Ma l’incidente di Silverstone costringe la Ferrari a cambiare i piani, schierando Irvine come prima guida e Salo a supporto. L’epilogo purtroppo sarà negativo (su cui peserà la pessima partenza di Schumacher all’ultima gara di Suzuka, su cui si è pensato che il tedesco avesse sbagliato di proposito) e alla fine la Ferrari deciderà di licenziare l’irlandese, che sarebbe stato un avversario in più per Michael Schumacher, e non unoa seconda guida.La sostituzione con Barrichello, seppure un po’ contestata, sarà un’altra decisione giusta della dirigenza ferrarista, visto che il brasiliano si rivela un ottimo scudiero di Schumacher già alla prima stagioone, pronto ad approfittare delle disgrazie altrui, come a Hockenheim, dove con una paurosa rimonta riesce incredibilmente a vincere. Il coronamento del lavoro di Todt, abile coordinatore, arriva a Suzuka, nella festa rossa per il titolo che torna a Maranello dopo 21 anni grazie a Michael Schumacher. A Maranello è festa grande, si gioisce e si piange per un traghuardo inseguito a lungo e che sembrava quasi un miraggio, ma grazie all’ingresso di uomini come Jean Todt e Ross Brawn sono diventati una splendida realtà
E questo è solo l’inizio, visto che da quell’anno si apre il ciclo dei trionfi. Nel 2001 i due ferraristi arrivano primo e terzo in classifica, con una lotta serata fino alle ultime gare che vede coinvolti Michael Schumacher e David Coulthard. Il 2002 è l’anno del primo trionfo assoluto, con la doppietta iridata che non lascia scampo agli avversari. Todt in quell’anno si attirerà parecchie
critiche per un episodio destinato a rimanere negli annali della Formula 1. A Zeltweg Barrichello conduce in solitaria, seguito da Schumacher. All’ultimo giro Todt interviene urlando a Barrichello “Let Michael pass for the Championship!” Un ordine di scuderia che in molti giudicheranno incomprensibile, dato l’enorme vantaggio che il tedesco aveva sui diretti inseguitori, e il rallentamento del brasiliano sul traguardo per far vincere il tedesco verrà accolto tra li fischi del pubblico. La Ferrari verrà multata ma Todt difenderà la sua scelta che, ai fini del risultato finale, si rivelerà ancora una volta azzeccata, visto chen il tedesco conquisterà il titolo al Gran Premio di Francia. E, anzi, sarà proprio Barrichello a giustificare l’ordine impartito da Todt, dicendo “It’s in the contract”, sta nel contratto…Fatto sta che la Ferrari non ha alcuna intenzione di cambiare il proprio metodo di lavoro perchè porta grandi risultati. Infatti, squadra che vince non si cambia e si riparte con lo stesso organigramma anche nella stagione 2003, quella che porterà Schumacher a esserre il più grande di sempre, con il suo sesto titolo mondiale. E come giusto premio per i risultati ottenuti, nel 2004, Jean Todt a metà del 2004 viene nominato Amministratore delegato del Gruppo Ferrari-Maserati, e tutto questo prima di vincere un altro Mondiale, quello dei record, delle 15 vittorie, delle 15 pole position, dei record di velocità, delle doppiette a ripetizione.
Dopo un 2005 con poche soddisfazioni, tra cui spicca solo la vittoria di Indianapolis, il 2006 si apre con l’apiedamento di Barrichello all’insegna della lotta tra Alonso, iridato uscente, e Michael Schumacher, ipronto a conquistare lka sua ottava stella. E’ una lotta senza esclusione di colpi, influenzata dalla vicenda del ben noto “mass damper, che priva la Renault di un enorme vantaggio e che consente alla Ferrari la rimonta. La lotta di nervi va in scena a Monza, con Todt che bolla come “cazzate” le voci di un dosier giornalistico contro la Ferrari. Ma in risposta a Briatore, che
aveva parlato di campionato fallsato, Todt risponde così: “Noi abbiamo rispetto per i nostri rivali, sono forti. Ma loro non hanno né l’eleganza né lo spirito giusti. Sono cose che i soldi e la fama non fanno imparare: siamo in tema di educazione e umiltà. In tante cose sono bravi, in queste devo dire che sono deboli”. Sobrietà e stile, ecco le parole chiave di Todt che gli hanno consentito di costruire a fatica un impero. In quella gara Schumacher annuncia il primo ritiro della sua carriera, e Todt risponde: “Sono molto contento della vittoria di Michael a Monza, e commosso per quello che ha ufficializzato dopo la gara. Anche se lo sapevo, ero preparato. Ma in fondo lo sapevate tutti, l’aveva già scritto tutta la stampa del mondo. O avete un grande intuito o c’erano microfoni spia nel mio ufficio… La sua decisione comunque non influenza il mio futuro: la sua vita è la sua vita, la mia è la mia. Adesso dobbiamo concentrarci per vincere il Mondiale, per questo i commenti sulla nuova formazione con Raikkonen e Massa li rimandiamo a fine stagione. Quando saprete anche che ruolo avrà Schumi nella scuderia”. Appunto, le decisioni sembrano diverse ma alla fine del 2006 sia Todt che Schumacher si ritirano, con il manager che a fine stagione si dimette per diventare Direttore Generale del gruppo Ferrari-Maserati, dopo una lotta serrata che ha visto prevalere Alonso e la Renault. Il manager designerà il suo sostituto: il direttore sportivo Stefano Domenicali e gli insegnerà il ruolo di direttoere della Gestione Sportiva. Il giovane allievo impara subito e porta la Rossa al trionfo del 2007.Ma è anche sotto il profilo della politica sportiva che Todt si fa valere, pensando alla Formula 1 come grande opportunità per le Case costruttrici di creare un laboratorio di tecnologia e
innovazione da portare anche sulla strada, sposando la prospettiva del Presidente Montezemolo e di molti altri team manager, che male vedono una Formula 1 troppo sbilanciata verso i team minori (sembra quasi di tornare all’epoca dei “garagisti” inglesi) e per questo si contrapporranno allo “stato maggiore” della Formula 1 rappresentato da Mosley ed Ecclestone in merito all’ingresso dei nuovi team. Il risultato sarà la firma nel 2009 del patto tra la Federazione e la FOTA, l’associazione dei team di cui era capofila Montezemolo, con cui alla Ferrari veniva attribuito il diritto di veto sui regolamenti tecnici e sportivi futuri. Un risultato di prestigio che spiana la strada a Jean Todt verso traguardi importanti: infatti, proprio in quell’anno assumerà la presidenza di “eSafety Aware”, la campagna della Federazione sulla sicurezza stradale e proprio in quel frangente annuncia la propria candidatura per la Presidenza della FIA.A correre contro di lui sarà una sua vecchia conoscenza, Ari Vatanen, suo avversario anche sulle strade dei rally e suo pilota quando era manager della Peugeot, che cercherà di insidiare il francese nella corsa alla presidenza, ma non ci sarà storia. Todt viene eletto con 135 voti del Consiglio Mondiale
contro i 49 di Vatanen, incarico che verrà confermato all’unanimità nel 2013. Todt lancia diverse iniziative, tra cui “FIA Action for Road Safety”, una vera e propria task force della Federazione per sensibilizzare e informare gli utenti della strada sui rischi della circolazione stradale.Però per quanto riguarda la Formula 1, le azioni della Federazione sotto la presidenza Todt si presteranno a diverse critiche, sia sul piano del regolamento tecnico (con l’introduzione delle nuove Power Unit o le nuove regole sui consumi) che su quello del regolamento sportivo (come per esempio le regole sui sorpassi); molti addetti ai lavori (tra cui Bernie Ecclestone), infatti, riterranno discutibili certe scelte e lo esterneranno a più riprese, ma la Federazione-non cambierà la propria linea, improntata all’ecologia e alla sicurezza, oltre che alla ricerca di nuove soluzioni. Circostanza che, comunque, rende la Formula 1 interessante e appetibile anche tra le Case costruttrici che partecipano ad altri Campionati.
Il manager transalpino, quindi, anche da Presidente federale sta mettendo in mostra tutte le qualità che ha dimostrato nel corso degli anni, che gli hanno permesso di ottenere risultati di assoluto prestigio in tutte le categorie nelle quali ha corso e per le quali ha lavorato nel corso degli anni, nonostante le critiche ricevute perchè, come si sa, il fine giustifica i mezzi e grazie ai risultati ottenuti gli appassionati di autoobilismo sportivo gli saranno riconoscenti.
F1 | Ritratti: Jean Todt, l’antipatico vincenteF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi