F1 | Storia : Argentina ’97 , il riscatto di Irvine

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

12 dicembre 2014 –  Magari molti di voi manco se lo ricordano il Gran Premio d’Argentina. Magari molti di voi manco l’hanno mai visto. Magari molti di voi la pensano come il sottoscritto, ovvero che il Circuito di Buenos Aires era tutt’altro che appassionante. Eppure il Gran Premio d’Argentina 1997, in una delle sue ultime boccheggianti (ma non per il caldo) edizioni, fu teatro di uno splendido riscatto. Bello, romantico, cattivo. Il riscatto di Eddie Irvine.

Quel 13 aprile del 1997, Eddie Irvine ha 31 anni. Una carriera in Formula 1 iniziata a 28 primavere, e subito col botto: un pugno preso niente popò di meno che da Ayrton Senna. Causa dello scellerato destro, un Irvine particolarmente a suo agio a Suzuka che si sdoppia da Senna e lo ostacola a lungo. Ok che Irvine a Suzuka si è sempre trovato da dio, ma quella volta forse esagerò. Quella stessa gara la chiuse in zona punti e li valse la riconferma nel team di Eddie Jordan. Due stagioni con la macchina del diavoletto irlandese senza acuti, se non un podio a Montreal nel 1995. Poi la chiamata; quella chiamata che cambia la vita di un pilota: la Ferrari. Un debutto a podio a Melbourne, qualche piazzamento a punti e poi il nulla. Complice una F310 che li costa ben 8 ritiri consecutivi, Irvine delude spesso sia in qualifica che in gara. Alla vigilia di quel Gran Premio d’Argentina il suo posto è seriamente a rischio. In Ferrari ci si era abituati ad appiedamenti nel corso della stagione (Prost, Capelli i più recenti) e la testa di Eddie sembra essere la prossima a saltare. Nel reparto corse Ferrari non si parla bene di lui. Non è polemico, sta alle strategie pro-Schumacher, è un perfetto uomo immagine, ma per stare in Ferrari ci vuole ben altro. Bisogna essere veloci, lavoratori, tester sopraffini. Irvine, invece, è pressofuso nel confronto con il Kaiser, preferisce le rosse nelle discoteche milanesi a quelle di Maranello e durante i test ascoltano più Larini e Morbidelli che lui. Insomma, ci sono tutti i presupposti per un appiedamento. Poi, però, si vola in Argentina.

Dalle qualifiche, esce subito un dato. La pole dell’anno scorso (fatta da Damon Hill) sarebbe rientrata nel 107% per soli 40 millesimi. Spaventoso. La prima fila è roba delle Williams con Villeneuve davanti a Frentzen, anch’esso a rischio siluramento. Sorprendono i gommati Bridgestone con Panis addirittura terzo e ottimo sabato anche per Barrichello. Indietro le Ferrari con Schumacher 4° e Irvine settimo, lontano anni luce dai primi.Nota tecnica: in quello stesso week end, debuttano i famigerati candelabri sui cofani delle Tyrrell. Una storia tutta fine anni ’90. Tornando alla gara, la mattina, Villeneuve ha un problema agli scarichi… fisici! Un guaio intestinale segnerà la sua gara.

Al pronti via, Villeneuve è perfetto. Talmente perfetto da dare l’illusione di aver lasciato la frizione prima dello spegnimento dei semafori. Non sarà così. Di sicuro imperfetto è il suo rivale designato per l’iride Schumacher. Il tedesco in 200m di gara, prima sfiora un contatto con Panis, poi finisce addosso a Barrichello, giratosi davanti a lui, con entrambe le vetture che vanno in testacoda. Ne scaturisce un incidente multiplo che coinvolgerà anche: Berger, Ralph Schumacher, Jan Magnussen e Coulthard con lo scozzese costretto al ritiro. A discolpa del tedesco, va detto che ha raccolto al via dell’olio perso da Frentzen. La gara prosegue dietro la safety car con Villeneuve davanti a Frentzen, Irvine partito benissimo, Panis e via via tutti gli altri con Barrichello e gli altri superstiti del crash al via in fondo al gruppo.

La gara non finisce di regalare colpi di scena. Dopo 4 giri di Safety Car si riparte, ma Frentzen rimane senza acceleratore e deve parcheggiare a bordo pista. Sale secondo Panis, bravissimo a scavalcare Irvine pochi secondi prima dell’uscita della SC. Il francese, sempre più in spolvero, si presenta come vero rivale per Villeneuve. E’ veloce, aggressivo, con le gomme giuste e sopratutto affamato di vittoria. Peccato che al 18°esimo passaggio la sua Prost non da più alcun cenno di vita elettrico. Game over per Olivier che sconsolato rientra ai box a piedi. Sale secondo Irvine, ma con un distacco di 19 secondi in 20 giri. Per Villeneuve sembra tutto facile. Schumacher e Coulthard Knock – Out al via, Panis fuori dopo neanche un pit e pure il teammate già sotto la doccia. Se il primo rivale, poi, perde un secondo a giro per Jacques si sta delineando un pomeriggio molto facile.

Villeneuve aumenta il margine, e pure di tanto. Talmente tanto che può permettersi di fare il primo pit e uscire dai box ancora in testa. Irvine soffierà la testa della gara al canadese soltanto verso metà gara quando il box Williams richiamerà la loro prima guida ai box per il secondo pit. Oltre alla già citata, ma ritirata, Prost in Argentiva va forte anche la Jordan con Fisichella e Ralf Schumacher al ridosso del podio. Un tentativo azzardato di sorpasso di Ralf nei confronti di “Fisico” mette fine ai sogni del pilota romano. Jordan non ci mette tanto a far capire quanto gli girino gli attributi, e fa capire a Schumy Junior che bisogna tirar fuori qualcosa di davvero bello per farsi perdonare.

Dopo un’inizio carico di ritiri, la gara prosegue senza particolari colpi di scena. A venti giri dalla fine, Villeneuve ha ben 18 secondi di vantaggio su Irvine che sembra voler amministrare un preziosissimo secondo posto. Dietro le posizioni sono ben assestate con il solo Berger scatenato che inanella giri veloci. Dal crono, però. arriva un’allarme. Vuoi un guaio tecnico, vuoi i problemi intestinali che si fan sentire, fatto sta che il margine tra Villeneuve e Irvine diminuisce. Sempre di più. A 15 tornate dalla fine, Irvine è a 3 secondi scarsi da Villeneuve. Sta a vedere che ce la fa davvero. Villeneuve alza il ritmo, ma Irvine non lo molla e l’esigua, sottile, sicurezza di 3 secondi svanisce in un lampo. Ciò che fino a pochi giri prima sembrava impensabile, diventa reale: Irvine è negli scarichi di Villeneuve. E non ha affatto intenzione di mollarli. O la va o la spacca. Uno come Irvine non può vedere la prima vittoria in carriera davanti al naso e non fare nulla per acciuffarla.

A 10 giri dalla fine, inizia l’incubo di Villeneuve. Irvine entra a meno di un secondo dalla Williams e non ne uscirà più. La F310 è sempre più grande negli specchietti retrovisori della Williams. Enorme nelle curve, un pò più piccola nei rettilinei, ma è sempre li. Pressa Irvine, manco fosse un mastino del calcio anni ’90, uno stopper che entra in campo con l’unico, fondamentale, scopo di rubare la palla. Non lo molla Villeneuve, eppure è freddo. Non azzarda attacchi come avrebbe fatto tempo prima, ma semplicemente sa che per lui l’unica strategia è spingere il canadese all’errore. La Williams è un razzo in rettilineo, ma nel guidato perde tantissimo, mentre la la Ferrari è precisa nel budello del circuito di Buenos Aires, per poi perdere negli allunghi. Set up diversi a confronto che creano un’equilibrio sottile come una corda di violino tra il vincitore e il vinto. Irvine ci crede, eccome se ci crede, e non si distrae. Via dalla testa le bevute nelle discoteche milanesi o la ragazza Marlboro che sicuramente aveva addocchiato prima dello starter. Ora c’è solo un’obbiettivo: Jacques Villeneuve. Sarebbe una favola se il futuro campione del mondo commettesse un’errore. Un Happy Ending di una gara che troppi ferraristi hanno bypassato dopo il primo giro. Uno smacco, sarebbe, vincere la prima gara dell’anno con la prima Ferrari sviluppata su precise specifiche di Schumacher. Invece non è così. Villeneuve, seppure al limite meccanico della sua portentosa Williams Fw19, resiste e vince la gara. Dietro ai due, completa il podio Ralf Schumacher che diventa il più giovane pilota della storia ad aver ottenuto un podio a soli 21 anni.

Irvine chiude secondo quella che è (passatemi il parere personale) la più bella gara della sua carriera. Villeneuve a fine gara sembra abbia scalato l’Everest con un coltellino da formaggio da quanto è stremato. In conferenza stampa dirà: “Che incubo quella Ferrari. Ogni volta guardavo negli specchietti, lei era sempre li. Anche se credevo di aver fatto un settore migliore del precedente“. Irvine viene, ovviamente, confermato per tutta la stagione, e alla fine di essa per altri due anni. Due saranno anche gli anni che lo separeranno dalla prima vittoria in carriera in Australia, in quel 1999 che senza una gomma dimenticata chissà dove in quel garage del Nurburgring sarebbe stato l’Happy Ending non arrivato in quel pomeriggio argentino di, quasi, diciott’anni fa.

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