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F1 | Storia : Hockenheim 95 : La grande gioia tedesca con Schumacher

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

15 luglio 2014 – In molti sono rimasti sconcertati dalla freddezza nei festeggiamenti dei tifosi tedeschi dopo la vittoria all’ultimo mondiale. Vero che i teutonici sono spesso quadrati come i cruscotti delle vetture da loro prodotte, ma c’è un giorno nella storia della Formula 1 nella quale il classico “tedezko di Cermania” ha mollato la sua freddezza tipica ed è corso in pista a festeggiare come un “Signor Brambilla” qualunque in una gara a Monza.

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Quel giorno è il 30 luglio del 1995 e sul (vero) circuito del Hockenheimring si corre il Gp di Germania. Dici Germania e pensi al Kaiser Micheal Schumacher. Il tedesco corre l’ultimo anno della sua carriera sulla Benetton spinta dai poderosi v12 Renault. Tra Schumacher e l’Hockenheimring c’è un rapporto non ancora non ben decifrato. Nelle 3 edizioni da lui precedentemente corse ha messo in cascina un terzo posto (1992) un secondo (1993) e un ritiro per noie al motore l’anno precedente, quando mezza nazione aspettava da lui una consolazione dopo una spedizione disastrosa ai mondiali di calcio (ok, ultima citazione calcistica poi basta!).

I due podi ottenuti precedentemente avevano anche un gusto di fortunoso, visto che approfittò di problemi avuti alla seconda Williams n tutti e 2 i casi. Nel ’92, fu un azzardato manovra di Patrese a spalancare le porte del podio, mentre nel ’93 ci fu uno scoppio di uno pneumatico alla Williams di Hill a meno di 10 Km dal traguardo. Nel 1994, invece, Schumacher fu esemplare nel lottare come un dannato contro una Ferrari nettamente superiore. A costringere i tedeschi a ricacciare l’urlo in gola ed arrotolare le bandiere tedesche, fu la rottura del motore Ford già messo allo strenuo della sua forza.

I tifosi tedeschi, ora, sognano in grande. Nella loro storia, troppe volte hanno visto piloti di ogni nazionalità imporsi nei loro templi della velocità e del coraggio, ma mai un tedesco. Troppe volte hanno sognato e visto un’uomo che poteva sfatare questo tabù, ma troppo presto l’hanno visto andarsene via prima. Uno su tutti: Bellof.

In quel caldo week end tedesco, la pole va a Damon Hill per soli 0.080 secondi su Schumacher. Un’inerzia, un pensiero, un battito di ciglia. Calma. La gara si corre il giorno dopo. Hill sulla griglia è teso come una corda di violino. E’ conscio che con così poco margine sul giro secco sarà una gara tiratissima per lui. La sua Williams monta lo stesso motore Renault di quella di Schumacher, ma se si parla di telaio e aereodinamica, la Fw-17 non ha rivali. Al via Hill compie il lavoro alla perfezione, staccando subito Schumacher. Il tedesco sembra avere una strategia ben definita in testa, ma il margine è già amplissimo dopo solo 6 Km e mezzo.

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Tutto procederebbe secondo i piani per Hill, peccato che capita l’incredibile. Vuoi un’errore clamoroso del pilota, vuoi un’avvallamento da lui segnalato, vuoi un problema alla trasmissione; fatto sta che dopo solo un giro, Hill affronta la Nord Kurve (per i meno pratici, la curva 1) e in beata solitudine va prima in testacoda, finisce sulla sabbia e, giusto per far capire che non era giornata, termina la sua corsa contro le barriere. Nella telecronaca della BBC, Murray Walker osservò uscire un fumo blu dal retrotreno della FW17 dell’inglese, ma questo non verrà mai chiarito, anche perchè non c’è nulla da fare. E’ il ritiro. Quello che sente Hill dopo il suo botto, è un suono di trombette e mortaretti che manco negli stadi di Dusseldorf si è sentito.

Schumacher ora è in testa. Ma ci sono ancora 40 e più giri davanti. Si è solo all’inizio. Dietro di lui, reggono alla grande il passo Coulthard, chiamato al disperato tentativo di soffiare punti a Schumacher, e Berger che nei rettilinei dell’Hockenheimring si trova come in letto con qualche sventola abbordata nei week end di gara. Tra i due Berger è sicuramente quello più pericoloso con cui avere a che fare ma, si sa, quando la storia si deve scrivere, non c’è progetto, tecnica, cilindrata o potenza che tiene. Uno stop & go per partenza anticipata (da lui negata sempre) fa scivolare l’austriaco in 14° posizione, e lo pone di fronte ad una rimonta che di fatto lo toglie dal gioco per la vittoria. Ma è proprio nei momenti di difficoltà che si vede il manico del pilota austriaco, che rende quella che per la Ferrari sembrava una giornata catastrofica (con il ritiro di Alesi, tradito dal V12 della 412T2, come l’anno prima) in un piccolo capolavoro, facendo assaggiare i “cavallini rombanti” del suo 12 cilindri a Frentzen, Herbert, Irvine e molti altri infilandoli quasi senza sforzo e, approfittando anche di alcuni ritiri (a proposito, questa sarà l’ultima gara di Pierluigi Martini), giunge sul gradino più basso del podio.

La gara vede Coulthard sempre in dietro a Schumacher, ma mai in grado di impensierirlo. Solo per una manciata di giri durante il gioco dei pit stop, Coulthard prende la testa della corsa ma non riesce a creare gap a sufficienza per mantenerla. Fine dei giochi. Game over per tutti.

Schumacher guida la Benetton B195 (meravigliosa con la carreggiata larga e gli alettoni sottili per diminuire il più possibile il carico) con la disinvoltura di sempre. Ogni volta che entra nel Motordrome è un concerto di trombette, fischioni, tamburi e chi più ne ha più ne metta. Nessuna orchestra crea così tanta enfasi quanto 4000 tifosi in delirio sportivo e annaffiati da litri di birra.

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L’ultimo giro sembra non finire mai all’ Hockenheimring e ancor di più se si pensa che sulla Benetton di Schumacher cominciano a manifestarsi problemi al cambio. Ma la storia si scrive, e nulla la può interrompere. Davanti ad un pubblico inneggiante, Schumacher taglia il traguardo e diventa il primo tedesco a vincere il Gp di Germania in casa propria. Un impresa riuscita solo a Rudolf Caracciola nel 1939, quando tre quarti dei tifosi presenti manco erano ancora nati, e manco era ancora nato il mondiale di Formula 1. Quando Schumacher giunge nel Motordrome, trova ali di folla con bandiere tedesche che trattengono a stento le lacrime. La cosa buffa è che Schumacher venne trainato ai box, in quanto pochi metri dopo aver tagliato il traguardo il suo motore cedette e fu costretto a parcheggiare. Manco fosse stato un segno dall’alto. La famosa frase del Drake (“La migliore auto da corsa è quella che si rompe subito dopo il traguardo) cascò come il cacio sulla pasta. Oppure come i crauti sui wurstel.

La storia si è scritta così. In un bollente pomeriggio di fine luglio, anche i tedeschi hanno avuto il loro pilota trionfatore in casa propria. Lui era Micheal Schumacher, e li vincerà altre 4 volte, ma mai nessuna sarà come la prima.

 

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