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Fabiano Ambu: il Capitano Ambù tra Pseudostudio, Dampyr e Pop

Creato il 07 marzo 2014 da Lospaziobianco.it @lospaziobianco

Fabiano Ambu: il Capitano Ambù tra Pseudostudio, Dampyr e Pop In Evidenza Fabiano Ambu Dampyr

, cagliaritano, classe ’72, inizia la su carriera nell’ambiente artistico come tecnico e direttore di scena teatrale per la Compagnia della Rancia. Nel 2002 si trasferisce a Milano e intraprende la carriera da visualizer per alcune agenzie pubbliche. Inizia a disegnare i fumetti nel 2006 dopo aver realizzato la campagna pubblicitaria per la mostra “Cinema e Fumetto” (al Mart di Rovereto), prima con L’insonne (testi di Giuseppe di Bernardo), poi con Nemrod (soggetto e sceneggiatura di Aromatico e Fabio Celoni) di cui realizza i numeri due e otto per Star Comics. In seguito realizza la graphic novel Il massacro del Circeo per Becco Giallo edizioni e le copertine della serie miniserie Star Comics LAW ed entra a far parte del cast dei disegnatori di Dampyr per cui realizza La casa di Faust e Nella fortezza di Naphidim. Collabora inoltre sovente con il Wow Museo del Fumetto, realizzando tavole originali per le mostre temporanee. Collabora inoltre con Servizio Pubblico come visualizer.

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Puoi parlarci di come sei diventato effettivamente disegnatore di Dampyr?
Sono diventato disegnatore di Dampyr per scelta, in un periodo in cui entrare a lavorare per la Sergio Bonelli Editore era più complesso che vincere al superenalotto. Ho fatto prove di Dampyr per quattro anni fino aottenere le giuste atmosfere per la serie. La mia palestra, fumettisticamente parlando, l’ho fatta con dei bravi professionisti che hanno creduto nelle mie capacità e mi hanno aiutato a crescere, prima sull’Insonne con Giuseppe Di Bernardo e successivamente con Fabio Celoni su Nemrod. Senza dubbio sono capitato nelle migliori mani per chi inizia questo mestiere.

Com’è il tuo rapporto con Mauro Boselli?
Il rapporto con Mauro è un mix che unisce stima professionale, ammirazione per lo scrittore eamicizia sincera. Dal punto di vista esclusivamente lavorativo mi trovo molto bene, Mauro Boselli ha un’attenzione maniacale per la qualità del risultato finale del lavoro ed in questo mi trovo perfettamente in linea con la sua visione di fumetto. 

Come ti rapporti al personaggio?
Essendo lettore costante della serie non ho avuto grosse difficoltà ad assimilarne le caratteristiche, naturalmente tutti i personaggi che noi autori disegniamo vengono filtrati dalla nostra sensibilità. È impossibile replicare alla perfezione un personaggio come è stato concepito dai creatori e come viene recepito dai lettori, ma questo è il fascino del fumetto, la capacità di sorprendere ed evolvere in continuazione facendo riscoprire un personaggio ogni qual volta viene scritto e disegnato da persone diverse.

Ti piacerebbe metterti alla prova con altri personaggi delle serie Bonelli?
Più che mettermi alla prova, mi piace l’idea del cimentarmi con nuovi mondi, personaggi e atmosfere. Adoro i cambiamenti, spesso e volentieri cerco di disegnare tutto quello che posso senza pormi dei limiti, il mestiere che ho scelto non può essere relegato al disegno di un unico personaggio. Nella mia idea di fumetto c’è una continua ricerca di stimoli e novità, raccontare storie diverse è linfa vitale, per come concepisco questo lavoro.

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Collabori molto spesso con il Wow Spazio Fumetto? Quali sono stati i tuoi ultimi apporti a mostre ed eventi?
Collaboro spesso e aggiungo volentieri con il Wow Spazio fumetto, ma anche con il Fermo Immagine Museo del Manifesto cinematografico di Milano. Sono disposto a collaborare con chiunque, in questo grigio periodo storico, promuovere la cultura investendo personalmente, affrontando le difficoltà di una nazione in pieno degrado culturale e dominata da una classe dirigente che sta uccidendo Cultura e Arte. Ho realizzato numerosi omaggi tra tele e illustrazioni per le mostre del Wow, Tarzan, Spider-Man, Wagner, Verdi, I Robot e l’ultima Pinocchio. Per il Fermo Immagine ho realizzato i manifesti per la mostra su Zombi, Vampiri e lupi mannari e Star Wars. La mia intenzione è di sostenere tutte le iniziative di questi spazi che riescono, malgrado l’isolamento da parte delle istituzioni, a produrre Arte e Cultura. Consiglio a tutti gli appassionati di fumetto e cinema di non perdere le mostre del Wow e del Fermo Immagine, abbiamo assolutamente bisogno di spazi dove respirare le nostre passioni.

Parlaci dello Pseudostudio. Come sta andando questa nuova esperienza e con quale finalità avete deciso di aprirlo a mostre e al pubblico?
Ad Aprile Pseudostudio festeggerà il primo anno di vita, l’esperienza di lavoro all’interno dello spazio è positiva, lavorare con altri professionisti e poter scambiare idee e tecniche è alla base di ogni crescita professionale ed artistica. Mi assumo buona parte della responsabilità sulla volontà di proporre mostre ed eventi aprendo lo studio verso l’esterno. Dal mio punto di vista l’intento di proporre mostre come “Into the future” (prima mostra dello studio) è quello di mostrare il dietro le quinte del mestiere del fumetto e dell’illustrazione, con l’arrivo di Davide Maestri anche l’animazione 3D. Milano è design, moda ma anche e sopratutto fumetto, illustrazione e altre realtà creative, visto che la città fatica a prenderne atto, per assunzione di responsabilità è nato Pseudostudio, un piccolo contributo in questa era culturalmente buia. Ci tengo a ricordare la mostra con lo Spazio36 che speriamo di replicare con una nuova collaborazione e quella organizzata da Davide Barzi (membro dello Pseudostudio) dedicata a Enzo Jannacci che ci hanno visto protagonisti anche di alcune performance dal vivo e un’asta di beneficienza presso Sotheby’s. Il nuovo anno presenterà ulteriori novità riguardo a mostre ed eventi organizzate all’interno del Pseudostudio che coinvolgeranno, come è successo in altre occasioni, stimati colleghi del fumetto ma anche artisti e creativi di altre realtà professionali. Uno spazio senza confini e senza limiti a parte il numero dei partecipanti, che prevederà sempre la prenotazione agli eventi per gestire al meglio gli incontri.

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Da Nemrod a Massacro del Circeo a Dampyr il tuo segno continua a evolversi. Com’è cambiato nel corso degli anni? A che punto ritieni di essere nella tua ricerca stilistica?
Ritengo di essere intorno alla metà del mio percorso artistico, prevedo un’ulteriore crescita stilistica e professionale, me lo sento nell’animo, non ho idea in che modo, se sul fumetto, l’illustrazione o su quale supporto avverrà quest’evoluzione, ma ci sarà, eccome se ci sarà. Ogni mio disegno è uno sguardo oltre le mie capacità, senza contare che ogni immagine, ogni illustrazione o opera d’arte che mi colpisce mi porta a cercare nuove strade e a influenzare le mie scelte stilistiche. Il mio segno si evolve ma in realtà mantiene la stessa anima dei primi lavori, è logico che Il Massacro Del Circeo non è paragonabile al risultato ottenuto su Dampyr, ma alla base c’è sempre la sensibilità del mio carattere che filtra e dà corpo al mio immaginario. Spesso sento parlare di umiltà, bontà e gentilezza descrivendo certi autori, io credo fermamente nell’imperfezione della natura umana e nella consapevolezza del proprio IO. Sono dell’idea che se nascondo il mio carattere, la mia natura, il mio modo di essere non riuscirò mai a essere vero nei miei disegni, sono consapevole di non poter piacere a tutti, allo stesso modo anche il mio disegno può non essere gradito a tutti, ma intendo essere onesto sia nel modo di pormi con il prossimo che nel mio lavoro. Penso che il lettore che acquista un mio lavoro meriti onestà e qualità, per la simpatia e la bontà avrà amici e familiari a cui rivolgersi, da me deve avere solo un buon fumetto.

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E dal punto di vista tecnico? Usi ancora gli stessi strumenti che prediligevi in passato? Qual è il tempo medio che impieghi per la realizzazione di una tavola?
 
Dal punto di vista tecnico utilizzo qualsiasi mezzo e tecnica, l’Accademia di belle Arti mi ha formato con una visione molto libera riguardo alla sperimentazione. Per le tavole a fumetti utilizzo sempre l’inchiostro di china con pennelli in martora, ultimamente anche pennini e pennarelli dalla punta morbida, ma continuo autilizzare spugnette, spazzolini da denti e ditate, mi piace molto sporcarmi le mani. Ho realizzato anche tavole e illustrazioni digitali, non sono di quelli terrorizzati dal mezzo, ma continuo a preferire le tavole e le illustrazioni realizzate a mano, mi piace il rapporto visivo con la materia sopratutto quando mi capita di vedere una mostra. Mediamente per una tavola mi occorrono due giorni tra matita e china, in passato nell’albo di Dampyr Nella Fortezza dei Naphidim su alcune tavole ho lavorato anche quattro giorni. Essendo di animo polemico ci tengo a sottolineare che il tempo di realizzazione di una tavola non determina il valore di un autore, è chiaro che occorre rispettare dei tempi, in fondo realizziamo dei prodotti seriali, ma sarebbe bene evitare che il tempo utilizzato a fare una tavola si possa notare dalla qualità del risultato ottenuto. Mai confondere la sintesi con un limite d’impegno, il tempo non è un parametro valido per definire la qualità di un lavoro. Nessuno pensa al tempo di realizzazione quando osserva una tavola di Sergio Toppi, di Dino Battaglia o di qualunque grande autore, si perde in essa e così dovrebbe essere. A volte noto disegnatori vantare i tempi di realizzazione di un disegno, a me ricorda quelle gare fatte a scuola per dimostrare non si sa bene cosa. Il tempo passa ma la qualità resta.

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Hai deciso di proporre La casa di Faust, il tuo primo albo di Dampyr, a matita, in parte colorato e con pagine inedite. Ci spieghi come ti è venuta l’idea e a quale scopo hai deciso di autoprodurre un volume Bonelli già pubblicato con tali caratteristiche?
L’idea mi è venuta vedendo il Batman Hush di Jim Lee, mi è parsa una bella idea, la matita mantiene quella morbidezza e quell’aspetto di non finito che mostra il lato più affascinante del processo creativo. Quello che però avevo in mente era un albo di qualità, curato, con un formato grande da libreria, non una semplice riproposizione ma una vera e propria nuova pubblicazione. Rileggere una gran bella storia di Dampyr con un nuovo punto di vista. Ho voluto realizzare un fumetto che avrei acquistato e letto volentieri. Il merito del risultato va a Rosa Puglisi che ha gestito tutta la parte grafica, l’impaginazione, il lettering e l’editing, io ho solo seguito la realizzazione.

E in tutto questo Sergio Bonelli Editore ha immediatamente accettato la “ri-pubblicazione”?
Ho proposto l’idea a Mauro Boselli, ho creato un promo con alcune pagine e la cover dell’albo e gli è piaciuta molto, è stata presentata successivamente a Mauro Marcheselli che ha dato l’ok. Quello che è essenziale quando si presenta un progetto di questo tipo è dimostrare l’attenzione e la qualità con cui lo si vuole realizzare. Questo volume è il prodotto della mia passione verso la serie per cui lavoro, la casa editrice non avrebbe mai realizzato un albo di questo tipo, per i lettori credo che sia invece un ulteriore modo di appassionarsi a questo personaggio e scoprirlo in una nuova veste. A volte capita che qualcuno prenda il volume senza conoscere il personaggio e questo mi fa sperare che Dampyr acquisisca un nuovo lettore e in questo periodo ogni persona in più che legge è una risorsa inestimabile.

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Perché proporre un albo Bonelli in formato di dimensioni maggiori?
La produzione seriale della Sergio Bonelli Editore ha un formato perfetto, ha anticipato in Italia quello manga, è facile da leggere e portare in giro, ha solo il limite di non godere a pieno dei disegni, o meglio delle caratteristiche di alcuni disegnatori. Non credo che riusciremmo mai a leggere un numero di pagine in formato A4 con la stessa semplicità con cui leggiamo ora gli albi Bonelli, però sentivo l’esigenza che i lettori potessero comprendere la complessità del lavoro con un formato molto vicino a quello originale, in modo da cogliere meglio i particolari del disegno che a volte si perdono a causa delle dimensioni di stampa.

Qual è il motivo delle scelte cromatiche che hai adottato (mi riferisco al fatto che il volume presenta sia parti a colori, sia matite di diverso colore che parti colorate in digitale)?
Ho deciso di realizzare le prime pagine della storia a colori per vari motivi, ho il desiderio di realizzare dei fumetti a colori, sono stato colpito dall’edizione della BAO di Mater Morbi in cui Massimo Carnevale colora l’introduzione alla storia e trovavo che quella visione onirica fosse perfetta se realizzata con un accento di colore. La scelta dell’utilizzo della tinta seppia e di alcune pagine con tinte piatte ha origine dalla creatività di Rosa Puglisi che ha dato una forte impronta personale. La scelta grafica ha dato eleganza al volume rendendolo un prezioso oggetto oltre che un bell’albo. La parte ambientata nel passato presenta le matite virate al color seppia, mentre il presente è la classica matita, in alcuni casi con inserti a colori (onomatopee o particolari) che rendono la lettura vivace.

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Quali sono i contenuti extra presenti nel volume?
I contenuti extra sono le “tavole” di sceneggiatura di Mauro Boselli, vere e proprie opere d’arte che mostrano la notevole creatività che si nasconde nella scrittura di Mauro, si possono leggere le sue battute riferite al disegnatore oppure ammirare i suoi disegnini scarabocchiati che servono a definire le scene. Un ulteriore extra sono alcune vignette che sono state modificate nella pubblicazione finale raffrontate con le originali a matita. Infine, ci sono le matite da cui sono state realizzate le illustrazioni, per le stampe omaggio della Sergio Bonelli Editore durante le manifestazioni fieristiche.

Credi che questo progetto porterà nuovi lettori ad avvicinarsi alla testata?
Ogni progetto legato al fumetto, alla promozione attraverso albi, illustrazioni, omaggi eventi può portare nuovi lettori, viviamo un’epoca in cui non si può ragionare su grandi numeri come si faceva prima, perdere un lettore per un fumettista è come per le fatine quando un bambino smette di credere. Se vogliamo che il fumetto viva in eterno occorre un assunzione di responsabilità di noi addetti ai lavori. Dobbiamo cercare sempre nuove strade per catturare l’attenzione di nuovi appassionati lettori, che aspettano solo di leggere il fumetto che li darà il via per entrare in questo affascinante mondo. Se ho catturato l’attenzione di un nuovo lettore questo progetto ha avuto un grandissimo successo.

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Come nasce l’idea di Pop
Pop nasce in due periodi della mia vita, nell’infanzia quando leggevo i fumetti di Braccio di Ferro e guardavo i cartoni alla tv, e in questo periodo storico caratterizzato da una forte depressione economica e sociale. 

Qual è il tema principale del progetto?
Il progetto si fonda sulla memoria e sulla sua assenza. Popeye nasce durante la grande depressione americana del ’29, dalla testa del grande E. C. Segar che crea un personaggio qualunque capace di reagire alla miseria ed ai soprusi dei potenti. Popeye è la risposta a fumetti del riscatto morale al malessere sociale ed economico. È un puro che si ribella ai prepotenti, non accetta compromessi e tira dritto per la sua strada. Chiunque viva in Italia in questo periodo storico è consapevole che attraversiamo una nuova depressione economica e un grande malessere sociale, la politica e la società non riescono a reagire, a questo punto ho pensato di reagire tramite Pop. Probabilmente il mio subconscio ha portato a galla il personaggio che più rappresentava la morale, l’etica, l’onestà e la giustizia, forse l’aspetto più puro del bambino che è ancora vivo in me. 

Come vi è venuta in mente l’idea di riproporre un personaggio come Popeye e i suoi comprimari in maniera realistica?
Mi assumo la responsabilità dell’idea alla base della storia di Pop, ho deciso di trasportarlo al giorno d’oggi, nella mia realtà, filtrandolo con il mio sguardo. Il personaggio non può avere lo stesso approccio smaliziato degli anni ‘20, le problematiche sono diverse e non esiste più una distinzione netta tra bianco e nero, sono aumentate le tonalità di grigio. Pop rimane l’unico personaggio coerente e sincero di tutta la storia, l’unico a credere ancora che il mondo si distingua in bene e male, in bianco e nero. Claudio Zen, sceneggiatore della storia, è riuscito a mantenere queste qualità apportando una visione ancora più dura e realistica e trasportando Pop in un noir urbano e sporco, dove vengono messe in discussione tutte le sue certezze. Quanto è difficile rimanere puri in questo paese? Pop è forse la nostra risposta a questa domanda.

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Con tale idea da un lato riportate in auge un personaggio molto amato del fumetto (di fatto in maniera quasi meta-fumettistica, nel senso cercate di dare una spiegazione del perché il fumetto di Pop sia sparito dalla circolazione) e dall’altro lo riproponete come un uomo distrutto e amareggiato dalla vita. Puoi spiegarci il perché di queste scelte?
Iniziamo con il titolo e il logo del fumetto, si basa su un gioco di parole e segno, c’è il nome Pop e nel logo è disegnato un occhio stilizzato, gioca sia con il rimando Pop-eye o viceversa con eye Pop o Occhio Pop, quindi uno sguardo pop, inteso come rivisitazione “artistica” di un personaggio popolare. La scelta di utilizzare il personaggio e le sue caratteristiche in maniera meta-fumettistica è voluta fin dal principio, quello che però mi interessava era ricreare la caratteristica più forte di Pop, cioè la capacità di reagire alle brutture del mondo, il riscatto dell’uomo onesto. Quando ho iniziato a pensare al progetto la prima domanda a cui dovevo dare una risposta era il motivo della sua scomparsa. Perché un uomo all’apice del successo come Pop scompare nel nulla? Dovevo dare una risposta credibile a quest’assenza, per sparire in quel modo il protagonista doveva aver vissuto un evento molto forte che lo aveva portato a chiudere con il successo, uscendo dai riflettori per sempre. Lo ritroviamo oggi distrutto nell’animo, invecchiato, stanco, quasi sconfitto dalla vita, per conoscere la causa bisogna leggere il fumetto. Anche il suo ritorno sarà caratterizzato da un altro evento forte, ma questo lo leggerete prossimamente quando il fumetto sarà terminato.

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Come mai la scelta di ambientarlo a Venezia e di rapportare la figura di Popeye a quella di Corto Maltese?
Venezia è stata una scelta voluta un po’ per amore verso la città, ho sempre voluto disegnare una storia ambientata nella città di mare per eccellenza, e in parte perché nel portare Pop in Italia ho scelto che il protagonista da buon marinaio dovesse vivere a stretto contatto con l’elemento che lo caratterizza. Il fatto che Pop abbia scelto Venezia come sua seconda patria è dovuto ad un incontro di gioventù con Corto Maltese, affascinato dai suoi racconti sulla città e colpito da una sua frase, una volta Corto gli disse che “Venezia era la città più bella in cui si possa morire”, naturalmente questo è successo nel mio universo a fumetti. 

Perché creare un unico numero zero, un flipbook, per Pop e per Ordo Templi (storia e disegni di Alessandro Bocci)?
Perché per quanto il mestiere del fumetto sia creativo e artistico la parte più rilevante richiede scadenze e consegne, i progetti se non partono rischiano di morire in un cassetto. Io e Alessandro Bocci abbiamo un ottimo rapporto collaborativo e di stima, sono tre anni che portiamo avanti il progetto Artists Alley², in precedenza anche con l’amico Marco Santucci, realizzando le nostre personali produzioni, artbook, stampe, portfolio ancor prima che si parlasse di Artists Alley in Italia. Entrambi ci siamo ritrovati a pensare a quanto sarebbe stato bello realizzare un fumetto tutto nostro, un’idea che per tempo, impegni e motivazione non siamo mai riusciti a far partire. Abbiamo deciso di iniziare un’avventura in comune perché l’unione fa la forza e ci piaceva l’idea di dare ai lettori due fumetti diametralmente diversi come stili e tematiche, un assaggio di quello che avranno nel prossimo futuro da queste due storie.

Come ti sei trovato a collaborare con lo sceneggiatore Claudio Zen?
Claudio Zen
,era un appassionato lettore, successivamente è diventato un caro amico eho scoperto poi essere un attento sceneggiatore, stimolante e collaborativo. Lavorare con me non è semplice, sono molto serio sul lavoro, pretendo tanto da una collaborazione e voglio sempre il massimo; premesso questo ho notato che anche Claudio ha il mio stesso metodo lavorativo, entrambi abbiamo cercato di realizzare un fumetto con passione e questo è un fatto che non può essere contestato. La storia di Pop era ben chiara nella mia testa, ma Claudio ha dato corpo al fumetto con la sua sceneggiatura dando la giusta chiusura al progetto. Non potevo fare scelta migliore, Claudio ha una passione unica per il fumetto e questo ha creato la giusta sinergia per una riuscita collaborazione.

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Con quale finalità portate avanti autoproduzioni di questo tipo?
Con la finalità di realizzare i nostri fumetti. Sono stanco di sentire che certi fumetti vengono realizzati solo se c’è quel determinato autore, se riguardano un determinato genere, se sono fatti per un certo pubblico, nella vita quando non trovi una casa discografica o qualcuno che ti possa ascoltare arriva il momento che occorre suonarcela e cantarcela. Ho già autoprodotto due fumetti in passato, Claudio Re e Storie Metropolitane, due piccoli libri realizzati di getto senza ripensamenti, totalmente istintivi, se non li avessi prodotti io probabilmente non sarebbero mai esistiti, anche se come granelli di sabbia nel deserto ora fanno parte della storia del fumetto. Sono cosciente che faccio un prodotto per pochi, ma sinceramente credo che certe storie debbano essere raccontate anche per quei pochi che sono disposti a leggerle, per gli altri mi spiace ma la responsabilità è di chi non le produce prendetevela con loro (sorrido). Ogni persona ha un ruolo nella creazione dell’intrattenimento, il mio è quello di realizzare dei fumetti, ho il bisogno di raccontare per immagini. Non intendo essere un editore, il mio ego non me lo permette, occorre una grossa capacità imprenditoriale per mantenere un produzione viva, soddisfare il maggior numero di lettori e sopratutto fare utili. Ma se io ho una storia che ho voglia di raccontare e trovo qualcuno che la vuole leggere sento il bisogno di realizzarla. Per ora i risultati mi danno ragione, se poi incontro un editore che trova queste storie interessanti, sono disposto a pubblicarle, in caso contrario devo autoprodurle. Sulle difficoltà di pubblicazione c’è da tener conto anche della paura di investire in produzioni italiane, sicuramente più costose e a rischio rispetto all’acquisizione dei soli diritti dall’estero, quindi se s’investe si cerca di farlo sul prodotto che dà certezze di guadagno, riducendo così il rischio d’impresa. Mi auguro che qualcuno investa su Pop, un po’ mi dispiace per quelli che non lo faranno, ma in questa società vince chi arriva primo.
Concludo questa bella intervista ringraziandovi dell’ospitalità e aggiornandovi sui miei lavori nell’immediato futuro. In questo momento mi preparo all’uscita del mio nuovo Dampyr che è prevista con il Maxi di quest’estate, sono a lavoro su una nuova storia di Mauro Boselli, ho realizzato il manifesto di Cartoomics 2014 che sarà seguito da un progetto a fumetti realizzato in collaborazione con Davide Barzi e Comixrevolution dal titolo Josif. Sempre a Cartoomics sarò presente allo stand della Sergio Bonelli Editore per la classica stampa di Dampyr ed insieme ad Alessandro Bocci porteremo un nuovo Portfolio in tiratura limitata di Femme Fatale “Le donne di Dampyr” e questo solo all’inizio dell’anno.
Un saluto a tutti i lettori dello Spazio Bianco.

E un saluto a te e grazie da parte nostra!

Intervista realizzata via mail e terminata a gennaio 2014

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