Facce da profughi in un giorno di pioggia battente. Avvitate sopra corpi messi su autobus. Corpi spostati causa condizioni insopportabili dalle tende ai supermercati in costruzione o alle aule delle scuole. Tutti insieme: musulmani, cristiani, yazidi. Iraq, ottobre 2014. Lo riscrivo: 2014. Non serve a niente uguale. Come se il trascorrere del tempo (e della Storia) dovesse per davvero insegnarci qualcosa. E invece il mondo è PERFETTAMENTE assente sul fronte della crisi irachena (e siriana) dei civili in fuga dallo Stato islamico. Assente. Invisibile. Non c'è. C'è qualche tenda con il logo dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite, tirata fuori da una cantina polverosa, per il resto niente. Zero. Niente tironi dell'aiuto umanitario, forse quattro gipponi blindati contati in tutto sulle strade (quelle sicure, non quelle che ti fanno sudare quel sudore che sa di stress, tensione e paura, e che ti mette addosso un odore che sa di chimica, un odore strano). Stanno tutti zitti, anche quelli che solitamente parlano e parlano e parlano e che quando si trovano un microfono a portata di mano non te lo restituiscono più, glielo devi strappare di mano. Silenzio. I profughi puzzano, meglio starci alla larga.
Non qui, non per noi. Spazio a tutte queste facce da profughi. Che ci raccontino le loro vite, cristo.
© 2014 weast productions
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