La frustrazione politica degli italiani de sinistra è nota. Eppure sono le elezioni americane il momento in cui essa raggiunge il suo culmine, palesandosi anche a chi volesse in qualche modo negarla.
Il tutto avviene, essenzialmente, in quattro fasi, che la figura di Obama, afroamericano, icona, bel sorriso, bella famiglia, non fa che esasperare.
- Si parte col più classico degli errori di valutazione. USA=Italia, Repubblicani= destra, Democratici=sinistra; Repubblicani=Berlusconi, Democratici=non Berlusconi.
- Nei mesi e soprattutto nei giorni che precedono il verdetto elettorale, portagonista è il radioso mix di antiamericanismo di fondo e paura che a vincere sia il cattivo, il padrone, Nixon, Bush, Berlusconi incarnati nel candidato repubblicano. E’ così che, forte di mattarelli e porcelli e pareggi e ribaltoni e governabilità farlocca, l’italiano de sinistra biasima con forza, sgomento e sconcertato, il sistema elettorale americano. Non è democratico, non è rappresentativo. Dannati yankees.
- La vittoria del candidato democratico, quello buono, quello non Berlusconi, cancella ogni dubbio sul grado di democrazia del sistema americano e sull’America e gli americani tutti e viene festeggiata come se la propria squadra del cuore, composta da parenti e amici, avesse vinto la coppa più importante: in tutti gli sport. E come se si trattasse di una vittoria della sinistra italiana o almeno di un’anticipazione di quello che accadrà in Italia.
- Alla prima minaccia di intervento militare in qualche parte del mondo o al primo terrorista/antiimperialista ucciso, la libidine per il risultato elettorale lascia nuovamente il posto a frustrazione, delusione, diffidenza, antiamericanismo.
Di solito, la beffa finale è l’ennesima sconfitta elettorale della sinistra italiana.