Come precedentemente annunciato, domani pomeriggio, alle ore 18, sarò alla Libreria-Café “La Citè” di Firenze per presentare “La Signorina Cuorinfranti”.
Rimango sempre sorpreso e imbarazzato di fronte a un invito a incontrare i lettori – effettivi o potenziali – di ciò che scrivo. Non capisco mai bene perché qualcuno dovrebbe ritagliarsi uno spazio nel suo tempo per venire a sentire me. Le volte in cui mi è capitato di trovarmi di fronte a un gruppetto di persone in qualche modo interessate ad ascoltarmi mentre snocciolo i particolari di un mio romanzo, più che parlare e rispondere alle domande altrui, avrei sempre voluto essere io ad intervistare il pubblico, e chiedere a me stesso chiedendolo a loro: “Perché siamo qui?”
Mi chiamassi Umberto Eco o anche solo Fabio Volo, comprenderei forse meglio (ma mai completamente) la altrui curiosità di vedere da vicino un luminare della cultura o un volto noto della tivù. Se fossi bello come Corin Farrell mi spiegherei il perché di quegli occhi puntati su di me. Ma essendo solo uno con una faccia normale, che non va in tivù e ha semplicemente scritto uno delle migliaia di romanzi riversati ogni anno nel mercato librario, non posso fare a meno di chiedermi quale sia il giusto atteggiamento con cui affrontare l’happening.
Così mi viene in mente che il modo più giusto e più stimolante per tutti di costruire un incontro in libreria è quello di partire dallo spunto fornito dal romanzo in questione e poi dialogare tutti insieme, senza un protagonista assoluto che stia sul palco a far da falso guru o da animale da fiera, ma lanciando un argomento e lasciando ad ognuno lo spazio per dir la sua, e confrontarsi, scambiare esperienze ed idee, magari trovarsi in forte disaccordo. Conoscersi, insomma.
Negli anni ’60 e ’70 era anche a questo che servivano i libri e gli scrittori: a dare il là per un incontro tra le persone. Poi il mercato, la nascita del divismo letterario-televisivo la logica del best seller e del personaggio celebre ha cancellato tutto questo. Oggi gli scrittori da grandi tirature scimmiottano le star del cinema, e i romanzieri della domenica come il sottoscritto si fanno in quattro per celare la loro piccolezza dandosi ancora più arie.
Forse è venuto il tempo di cominciare a ritrovare il concetto di letteratura come punto di partenza per sentirsi tutti partecipi, piuttosto che come forma di elevazione del singolo a popstar.
Si chiamavano “tavole-rotonde”, all’epoca, e si facevano in mille luoghi, oltre che nelle librerie: dentro le cantine, nei retrobottega, in capannoni e casolari abbandonati, per strada.
Quando, lo scorso luglio, “La Signorina Cuorinfranti” uscì, considerando il fatto che la storia ruota attorno alle insicurezze estetiche di tutti noi, ed è ambientata in un centro benessere tra bagni turchi e solarium, avevo proposto all’editore un bel tour promozionale in tutte le saune, le SPA, i saloni di bellezza d’Italia. Mi piaceva l’idea di un gruppo di persone – autore compreso – che leggono un capitolo e lo commentano mentre sono coperti solo da un asciugamano stretto attorno ai fianchi. Mi attirava un sacco la possibilità di questa forma di relax completo, un’occasione di provare a perdere grammi di grasso magari guadagnando un poco di peso specifico esistenziale grazie al confronto intimo. Poi purtroppo non se ne fece nulla. Ma io farò il possibile per insistere, e per non perdere le speranze.
Perché se anche la narrativa non si rifà un po’ il look, e prova a rimettere in forma se stessa, rischia di morire di seriosità e delirio autoreferenziale.
Insomma, firorentini: vi aspetto domani sera alle 18. Con un asciugamano attorno ai fianchi.
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