Lo status in questione parla di privacy, cita una legge statunitense e altro non è che la traduzione italiana di una bufala, peraltro piuttosto curiosa e divertente, che gira oltre oceano già da qualche mese.
Vediamola:
Dichiaro quanto segue: qualsiasi persona o ente o agente o agenzia di qualsiasi governo, struttura governativa o privata, utilizzando o il monitoraggio di questo sito o qualsiasi dei suoi siti associati, non ha il mio permesso di utilizzare informazioni sul mio profilo, o qualsiasi parte del suo contenuto compaia nel presente, compreso ma non limitato alle mie foto, o commenti sulle mie foto o qualsiasi altra «immagine» pubblicata nel mio profilo o diario. Sono informato che a tali strutture è strettamente proibito divulgare, copiare, distribuire, diffondere o raccogliere informazioni o intraprendere qualsiasi altra azione riguardante o contro di me tramite questo profilo e il contenuto dello stesso. Divieti precedenti si applicano anche ai dipendenti, stagisti, agenti o qualsiasi personale sotto la direzione o il controllo di dette entità. Il contenuto di questo profilo è privato e le informazioni in esso contenute sono riservate al circolo di persone alle quali esso è destinato. La violazione della mia privacy è punita dalla legge. UCC – 1 – 308 – 1-103. Facebook è ora un’entità quotata in borsa. Tutti sono incoraggiati a pubblicare un bando come questo, o se preferite, è possibile copiare e incollare questa versione. Non pubblicare tale dichiarazione almeno una volta, indirettamente permette l’uso di oggetti quali immagini e informazioni nei vostri aggiornamenti di stato pubblici.
La legge citata è una legge dell’Uniform Commercial Code (UCC) statunitense, che in effetti esiste veramente. Inutile dire, però, che non può essere applicata in Italia.
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Salvo infatti precedenti accordi, la proprietà intellettuale di una immagine o di un testo nasce con la creazione del prodotto stesso. Per acquisire i diritti di copia bisogna invece pagare i diritti d’autore. In Italia, è la Siae a garantire la tutela del diritto di copia. Il copyright (o, in italiano, diritto di copia), si registra per motivi di tutela commerciale: se si compra un contenuto registrato o si vuole riprodurre un testo protetto da copyright si paga i diritti alla SIAE e questa provvederà a pagare il detentore del diritto.
Il diritto di copia è, come ogni altro diritto di proprietà, cedibile: chiunque pubblica immagini o contenuti su Facebook, ne cede il diritto di copia al social network, come da contratto1, mentre Facebook ha scaricato ogni responsabilità legale sui contenuti che ogni singolo iscritto pubblica.
La legge citata nello status tradotto dall’inglese (si sarebbe dovuta “tradurre” anche la legge citata, inserendone una italiana, non solo la lingua dello status, perlomeno per rendere la bufala più credibile) non parla da nessuna parte di diritti di proprietà o di violazione della privacy. A questo va aggiunto che qualsiasi informazione presente sul profilo di un singolo utente è accessibile esclusivamente in base alle impostazioni sulla privacy scelte dall’utente stesso e non certo a discrezione di Facebook o di qualsiasi altra autorità.
Il discorso cambia in caso di procedimento giudiziario a carico dell’utente o per gravi fatti di cronaca. In questo caso, la Polizia Giudiziaria, su provvedimento dell’Autorità Giudiziaria, può ottenere informazioni da Facebook su quanto abbiamo postato e sulle immagine da noi caricate sul nostro profilo.
Tratto da: Qelsi.it
- Come leggiamo nelle dichiarazioni dei diritti e responsabilità di di Facebook al punto 2 (condivisione dei contenuti e delle informazioni) ”L’utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni pubblicate su Facebook e può controllare in che modo possono essere condivise mediante le impostazioni sulla privacy e delle applicazioni.” ↩
- Felice
- Apatico
- Triste
- Arrabbiato
Autore: Riccardo Ghezzi » Articoli 1 | Commenti: 2681
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