Sono iscritto a Facebook sin dagli albori, quando non c’era nemmeno l’interfaccia in italiano, poi da noi arrivò, ed era considerato ancora un fuoco di paglia, ricordo pure che profetizzai su Usenet, l’ambiente dedicato alle discussioni nato insieme ad Internet, che sarebbe durato poco, evidentemente sbagliando.
Nel frattempo è stato Usenet a svuotarsi.
Nel tempo ho impararato che su Facebook si può stare in molti modi, partecipando a diversi livelli: leggendo quello che scrivono gli altri, risparmiando sugli sms con la chat privata (obiettivo che oggi si raggiunge più efficacemente con whatsapp), pubblicizzando la propria attività lavorativa, scrivendo propri pensieri, condividendo quelli di altri, commentando le notizie, tentando di conoscere “gente nuova” e così via. Non partecipare però non ha molto senso, come andare in palestra, pagare la quota, e stare solo a guardare gli altri che si allenano. (Oddio, capita).
Insomma, chi conosce facebook (anche solo un po’) sa che circa il 90% o forse più dei post pubblicati meriterebbe come primo commento un bel “chissenefrega” che riceverebbe una valanga di “Mi piace”, e tutti sarebbero d’accordo (tranne forse l’autore del post).
I motivi sono diversi, il principale è che chi sta su Facebook fondamentalmente pensa a promuovere se stesso, dei pensieri/opinioni/foto/eventi degli altri non frega nulla a nessuno o a pochi.
Quindi scrivere “e chi se ne frega” o altre locuzioni più sarcastiche attingendo anche allo slang locale è una forma (inutile) di puro snobismo. Come comprare una rivista di gossip, sfogliarla in pubblico e dire a voce alta “e chi se ne frega” ad ogni notizia di vip che fa qualcosa di cui in effetti, a chiunque fosse una persona normale, non dovrebbe importare nulla, ma capite bene che si farebbe una figura non proprio da persona intelligente.
Facebook è un social network che ha nel proprio meccanismo di funzionamento il fatto che ciascuno condivida le proprie cose, ed è implicito che non tutto possa interessare o che i contenuti possano essere di bassa qualità.
Impegnarsi perché i contenuti migliorino e l’utilizzo sia più responsabile può essere una buona cosa, ma anche no, poiché essere iscritti non è obbligatorio, ci si può sempre dedicare ad altre attività online che più si confanno al proprio grado culturale (o di snobismo) o semplicemente selezionare le cose più interessanti senza necessariamente dichiarare quali sono quelle che non interessano. Per questo la mancanza del tasto “non mi piace” non è del tutto sbagliata.
Andare al concerto degli One Direction a dire quanto fanno schifo gli One Direction non è da adulti, anche se fa molto figo, ma da fan, che so, di Justin Bieber.