10) Sono arrivati gli alieni, ed hanno l’ebola. Quelli che diffondono allarme sociale. Nel caso in cui non ve ne foste accorti, su Facebook girano una quantità infinita di bufale – vedere anche il punto 6. Per favore, contate fino a dieci prima di condividere notizie false come banconote da trentasette euro e cinquanta centesimi.
9) Life time streaming, ovvero quelli che ti raccontano la vita, in tempo reale. Hai mangiato? Hai fatto la doccia? Ti sei cambiato i calzini? Non ci crederai, lo fanno miliardi di persone tutti i giorni. Considera per cinque minuti questo incredibile dato di fatto, prima di informarci dettagliatamente sui tuoi movimenti. Oltre a sentirti meno solo, eviterai di fare la figura dell’idiota.
8) I guardoni. “Sono immagini che non vorremo mai vedere, ma intanto guardiamole”. Quelli che condividono foto e filmati di persone ed animali seviziati. A prescindere dalla bontà della vostra causa, non convertirete nessuno pubblicando milioni di contenuti truculenti e facendo a gara a chi spara l’insulto più grosso nei commenti. Non si combatte la violenza con la violenza – soprattutto quando le parole sono scritte su Facebook. Se amate davvero le vittime, evitate di vituperarne quotidianamente la dignità.
7) “E poi boh…” (a pari merito con “Questa storia che…”). Quando utilizzate queste erudite formule di stile per iniziare uno status, risultate simpatici ed originali come una battuta in romanaccio in un film dei fratelli Vanzina. Se è vero che il linguaggio rivela come le persone vedono se stesse, allora voi pensate sicuramente di essere gli unici protagonisti di un magnifico reality che “gira tutto intorno” a voi. ‘Anvedi aho!.
6) Sono stati “i zingari”. Mi sono trovato spesso a sperare che questa caccia alle streghe fosse il frutto di una astuta manovra politica, voglio dire, per un lungo periodo di tempo io ho davvero sperato che le persone che condividono certi status su Rom ed immigrati fossero in malafede. Ma oggi temo che molti utenti siano sinceramente convinti che i Rom abbiano affondato la Concordia, mentre i marocchini uccidevano Moro e le badanti rumene erano impegnate a mettere una bomba alla stazione di Bologna. Per favore basta. Le cose peggiori in questo Paese -dalla mafia, alle tangenti, al terrorismo- sono sempre state tutte, rigorosamente, made in Italy.
5) Le veline. Ogni foto che pubblichi riceve in media trecentosettantacinque like? Hai una collezione di cinquemila selfie con la lingua di fuori – ed altrettanti con la boccuccia stretta stretta che manda bacini? Va tutto bene, ma potresti anche scrivere una frase di senso compiuto ogni tanto, così, giusto per farci capire che parli la nostra lingua.
4) “Mi è successa una cosa bruttissima”, ovvero, quelli che fanno i misteriosi. Abbiamo capito: volete che qualcuno si preoccupi per voi e vi chieda, in privato o pubblicamente, cosa è accaduto esattamente e come state. Il fatto è che le vostre allusioni risultano interessanti quanto un documentario sui lombrichi in svedese, senza traduzione. Fate così perché non avete ricevuto sufficienti attenzioni quando eravate bambini?“I vostri genitori vi portavano a giocare a mosca cieca sulla tangenziale?” (cit. Crozza). Se davvero volete attirare l’attenzione degli altri utenti, pubblicate la foto di un gattino.
3) I piccioncini. Il fatto è che le persone tendono ad ostentare pubblicamente quello che non sono e quello che non hanno: i poveri vorrebbero sembrare ricchi, i vecchi apparire giovani, i falliti mostrarsi vincenti. Per questo motivo, il giorno in cui la smetterete di intasare Facebook con foto e cuoricini dedicati al vostro splendido amore, sapremo con certezza che avrete smesso di tradire la vostra amante con l’amante del vostro fidanzato.
2) Gli Snob. Non è che se non aggiornate il vostro profilo dal giorno del vostro compleanno, date a tutti l’idea di avere ben altro da fare. Sappiamo benissimo che siete lì, nascosti nell’ombra, e state spiando i nostri profili. Tutto questo non farà di voi dei grandi intellettuali. Se davvero non avete niente da condividere, uscite da Facebook, altrimenti, prendete il coraggio a due mani e provate l’ebbrezza della partecipazione.
1) Avviso agli studenti di Informatica Giuridica, ovvero, i Professori che perseguitano gli studenti su Facebook. Scusate, non ho resistito dal prendermi il primo posto, sono troppo competitivo. Pochi giorni dopo che il mio messaggio virale aveva fatto il giro del web, mi ha scritto Filippo Vattelappesca, da Genova, comunicandomi che la colpa dello sfascio del nostro Paese sarebbe anche e soprattutto “dei docenti universitari come lei, caro Saraceni”. Filippo motivava questa autorevole sentenza affermando: “ai miei tempi i Professori stavano dietro una cattedra e non avevano di certo bisogno di scrivere amenità sui social network per diffondere idee e comunicare con i propri studenti”. Cosa vuoi che ti dica, Filippo? Benvenuto nel XXI secolo.
*Guido Saraceni
>Fonte<
Redatto da Pjmanc http://ilfattaccio.org