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Fahrenheit 451 – Ray Bradbury

Creato il 12 novembre 2013 da Linda Ferrando

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Indubbiamente un classico della letteratura che, cosa gravissima, mi mancava e da tanto tempo mi aspettava sul mio kindle chiedendomi silenziosamente di essere letto. Ringrazio di averlo fatto.

Il romanzo è ambientato in un futuro indefinito, controllato, spietato e cosa davvero sensazionale è un futuro che non ammette libri: lo Stato ha ideato un’apposita squadra di vigili del fuoco che appiccano gli incendi nelle case in cui viene denunciata la presenza di libri. Una dittatura che a prima vista può sembrare talmente assurda da collocare tranquillamente il libro nella sezione fantascientifica (a un passo dal Signore degli Anelli e la Bibbia per intenderci) eppure in una società che vede diminuire drasticamente il numero di lettori ogni anno, in cui la cultura è considerata un peso e una perdita di soldi per lo Stato, in cui siamo controllati in modo tale che volendo Obama potrebbe sapere cosa ho mangiato per cena con un clic, beh questo futuro non mi sembra così improbabile.

Credo che il paragone più logico che si possa fare sia col grande capolavoro di 1984 che quel visionario di Orwell scrisse nel 1948 (Fahrenheit è del 1953). La differenza sostanziale sta nel messaggio finale: se in 1984 il finale è terribile e assolutamente pessimistico, in Fahrenheit 451 si intravede un piccolo spiraglio di luce alla fine del tunnel. Bradbury dà fiducia all’uomo, che sì, ciclicamente si avvicina sempre più all’autodistruzione ma che in qualche modo ogni volta riesce a risollevarsi grazie ad alcuni uomini che ancora hanno valori e ideali pronti a proteggere con la vita. Uomini che, come il protagonista, perdono tutto, si rendono conto che le cose vanno nel verso sbagliato, cercano una via per la ribellione lunga, sfiancante ma comunque possibile. Orwell ci ha fatto innamorare del coraggioso Winston Smith, ma tutti i suoi sacrifici a cosa sono serviti? Il regime è più forte, la ribellione è debole e viene schiacciata.

In entrambi i futuri tratteggiati l’amore non esiste più: Orwell insiste sul lato sessuale (per lo Stato è spreco di energia che va incanalata in altro modo), Bradbury lo lascia intuire costruendo un rapporto coniugale che si spinge addirittura alla delazione.Altro punto in comune tra questi due capolavori è la presenza della bomba atomica, ma non c’è da stupirsi visti gli anni in cui questi romanzi sono stati scritti. Splendida comunque la scena finale in cui gli uomini che costituiscono la memoria letteraria dell’umanità si avviano verso una città devastata dall’ordigno nucleare.

Da ricordare anche la figura della ragazza vicina di casa del protagonista, la vera e propria scintilla che fa sorgere dubbi all’uomo fino a trascinarlo nella convinzione che no, non si vive felici così. No, non era felice. Non era felice. Si ripeté le parole mentalmente. Riconobbe che questa era veramente la situazione. Egli portava la sua felicità come una maschera e quella ragazza se n’era andata per il prato con la maschera e non c’era modo di andare a battere alla sua porta per riaverla.

Un capolavoro, che va letto per prendere coscienza che il futuro non è così lontano e potrebbe non essere roseo come ce lo immaginiamo.

Voto: ★★★★✰ e mezza!

C’era un buffissimo uccello, chiamato Fenice, nel più remoto passato, prima di Cristo, e questo uccello ogni quattro o cinquecento anni si costruiva una pira e ci si immolava sopra. Ma ogni volta che vi si bruciava, rinasceva subito poi dalle sue stesse ceneri, per ricominciare. E a quanto sembra, noi esseri umani non sappiamo fare altro che la stessa cosa, infinite volte, ma abbiamo una cosa che la Fenice non ebbe mai. Sappiamo la colossale sciocchezza che abbiamo appena fatta, conosciamo bene tutte le innumerevoli assurdità commesse in migliaia di anni e finché sapremo di averle commesse e ci sforzeremo di saperlo, un giorno o l’altro la smetteremo di accendere i nostri fetenti roghi e di saltarci sopra. Ad ogni generazione, raccogliamo un numero sempre maggiore di gente che si ricorda.



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