Magazine Arte
24 maggio 2013
Oggi comincia a cogliermi quella vena creativa che non mi fa stare ferma un attimo, che mi fa vivere una sorta di frenesia instancabile.
Sto per iniziare a lavorare al più grande e bel progetto teatrale che abbia mai affrontato. Una di quelle cose difficili e travolgenti, singolari e imperdibili. Settimane orsono avevo convocato due amiche attrici perchè avevo il desiderio di mettere in scena una rappresentazione a tre. Solo che non sapevo cosa. In questo momento della mia vita, ho bisogno di quello scandaglio nella psiche, di sperimentare, vivere esperienze nuove e indelebili. Il premio di regia che vinsi 2 anni fa, non ha forse dimostrato che c'è in me una forma di drammatizzazione che riesce a trascinare un intero pubblico? Rappresentai il dolore, e con questo vinsi. Le mie amiche attrici ovviamente hanno aderito con entusiasmo, affidandosi quanto alla mia scelta del cosa fare, che è arrivata come un fulmine proprio due giorni fa, e pensandoci e ripensandoci, so adesso che è questo che farò.
Avete mai visto il film "The hours", tratto da un celebre romanzo di Cunningham, poi rappresentato come produzione cinematografica con titolo omonimo? Ecco cosa mi attende. La prova più grande di tutte, quella altissima e difficile. Quella che registicamente deve essere vincente. E io sarò Virginia Woolf. Dovrò studiare a fondo questo personaggio straordinario della Letteratura novecentesca, approfondirne contenuti e conoscenza, studiarne ogni passaggio biografico. Sarà un'esperienza che voglio vivere al massimo dell'impegno e della resa scenica.
28 giugno 2013
Ho rilevato tutto il film, trascritto parola per parola. Poi su questa base ho cominciato il mio "trattamento", riferendomi anche al capitale umano con cui condividerò questa esperienza in dicembre.
L'adattamento non è difficile, perchè ho deciso di mantenere alcuni momenti nodali della storia, e tutt'al più dovrò solo intessere alcune piccole trame attorno a questi.
Il rischio, il solo rischio, è quello di non arrivare al pubblico. Quando si porta un lavoro drammatico c'è sempre quel rischio di annoiare, non raccontare a dovere quegli stati d'animo. Mi capita di pensare in questo frangente alla differenza enorme fra comico e drammatico. Nel comico non c'è nessun approfodimento interiore, fai ridere facilmente, ti inventi una fissazione, un tic, moduli la voce in modo grottesco e il gioco è fatto. Nel drammatico vige l'esatto opposto. Le voci sono la cosa più difficile, perchè le voci che raccontano il dramma interiore devono, nel loro sforzo di credibilità, essere all'altezza di quegli stati d'animo. Sono insomma all'ultima fase di scrittura. Le prove sono ufficialmente iniziate, sarà un bel training.
30 giugno 2013
Si fluidificano idee ed emozioni in me molto intense. Questo progetto mi sta prendendo in modo totale. Vivo delle coincidenze al limite della follia. Suggestione? Il Caso? Non saprei. Ma mi piace pensare che qualcosa mi stia spingendo verso questo racconto, un'energia vitale che ha in sè la sovrumana creatività woolfiana, la profonda sensibilità di donna, lo spettro della morte quale fonte nella quale lei deve gettarsi come destino salvifico. Mi chiedo perchè senta questa esigenza, e mi ritrovo immensamente in quelle sofferte parole della Virginia che intende prendere un treno senza dire nulla a Leonard. Rivedo in Leonard (straordinario l'attore che lo interpreta nel film) lo stesso sguardo dell'uomo che io stessa ho sposato, quando la mia disperazione era totale, lo sconforto mi assaliva, e l'angoscia era forte.
Virginia soffre immensamente perchè è connaturato il lei il germe della follia, che la porta verso una creatività che la salva ogni qual volta che si getta su un nuovo progetto, io soffrivo perchè dinanzi a me s'era aperto il baratro e il crollo di tutti i miei progetti e delle certezze, completamente sbandata in un sentimento che non aveva ragione di esistere, sottoposta alla volubilità e alla superficialità di un oggetto d'amore immerito.
Vivo un momento in cui capisco bene che, se c'è in me un talento nel racconto teatrale, ebbene questo talento mi domanda di mettere questo stato d'animo in scena, per esorcizzarlo, ucciderlo e soffocarlo per sempre.
Intendo fare di questa interpretazione il mio capolavoro. E lo sarà.
Intanto, Virginia mi "parla" attraverso i suoi scritti. Stamani ho comprato "Flush", forse il suo romanzo ironico. E non vedo l'ora di gettarmi nei bellissimi "Orlando" e "Una stanza tutta per sè". Mi intenerisce nello stile sveglio e attento, ma di questo parlerò in un altra discussione.
Ieri ho visto il Piccolo teatro dei sassi, dove la mia Virginia parlerà per la prima volta il prossimo dicembre. E la vedevo aggirarsi, di spalle, sullo sfondo dei sassi grezzi della sala. La inseguo, la voglio in me, e voglio che parli attraverso me. Devo tessere attorno alla trama del film anche altro, molto altro. Devo spostare al centro della storia questo personaggio straordinario e indimenticabile.
5 luglio 2013Non esiste una buona Compagnia dove non c'è non solo affiatamento (quello è comunissimo) ma anche e soprattutto affinità, profondità di relazioni, possibilità di costruzione di un rapporto di fiducia e di sostegno reciproco. Il mio teatro è da sempre così. La maggior parte dei registi che mettono insieme delle Compagnie, sono l'esatto opposto. Ne ho conosciuti alcuni. Io lavoro su una componente affettiva che per me è imprescindibile. E lo dico proprio perchè ho fatto esperienze in altri ambiti. Per carità, atmosfere scherzose, progresso nelle prove, ma poi tutto finisce lì, attorno all'interesse verso un certo spettacolo, come se il percorso di raggiungimento non contasse poi nulla o pochissimo. Io tendo invece a percepire lo spettacolo come l'approdo di un viaggio, durante il quale si instaurano delle relazioni d'amicizia anche molto importanti. Nel tempo, gioco-forza si è attuata una "scrematura" di persone che non erano in linea con le mie idee. Diversi se ne sono andati, in cerca di realtà più "facili" e meno impegnative da molti punti di vista. Poi c'è uno zoccolo duro di attori e attrici che assomigliano a dei mercenari oppure sono quelli di un'esperienza e via. Non si fermano mai in nessun posto, fanno con te un'esperienza e poi svaniscono nel nulla (alcuni neanche rispondo più alle email o ai messaggi, e magari hai trascorso con loro un anno di lavoro).
Insomma, nell'universo variegato del teatro, anche non di professionisti, le personalità sono tante e multiformi. Ma per esperienze così, come questa su cui lavoriamo, non occorrono persone superficiali nè "mercenari".
16 dicembre 2013Ieri sera è accaduta una di quelle cose che non sai se attribuire alla casualità o al destino. Insomma, spettacolo PERFETTO. Tutti meravigliosamente in sintonia, nessuna sbavatura, resa massima, e di conseguenza partecipazione massima degli spettatori, che ieri pomeriggio hanno riempito il Piccolo Teatro dei Sassi.
Virginia ha vibrato in me, profondamente e direttamente, il che ha creato una grande empatia con i presenti, in scena e fuori. Credo di avere assistito a quel miracolo per il quale tutto riesce bene perchè tutti lavorano con la stessa intensità. E' stato meraviglioso.
Gli applausi a scena aperta sono stati tre. Più un lungo applauso finale che ci ha sorpreso. Amici e perfetti sconosciuti ci hanno stretto la mano commossi, complimentandosi per tutto. E ciò che è più importante, mi sono ritrovata fra il pubblico una mia vecchia conoscenza, un regista col quale ho avuto i miei inizi, raffinatissimo e molto esigente, che ogni volta che è stato presente ad un mio spettacolo con moltà sincerità mi ha detto cosa non funzionasse e cosa sì. Ebbene: mi si è avvicinato, mi ha preso le mani, e mi ha detto che era perfetto, e che perfino mi invidia un lavoro come questo.
Vi lascio immaginare quanto fossi estasiata, conoscendo quanto sia puntiglioso, diretto, a volte incontentabile. "Questo è teatro, Luana". Credo sia stato il momento più bello artisticamente parlando, solo secondo al momento in cui fu annunciato il mio nome due anni fa come vincitrice del Premio di Regia della Fita. Falene è una delle esperienze più belle e forti della mia vita finora trascorsa.
27 febbraio 2014I prossimi due fine settimana saremo nuovamente in scena. Lo chiamo "debutto" perché ho ampliato il copione, è venuto fuori un lavoro interessante giacché la Woolf è al centro dell'azione scenica, interagisce maggiormente e in questo modo lo spettatore ha una visione più completa della scrittrice.
Ho scritto sulla locandina "serata speciale per l'8 marzo, Festa della donna" perché sto ideando il modo di coinvolgere il pubblico, e sentito il parere di alcune persone che mi seguono da sempre e sono fidatissime perché di consueto frequentano i teatri, l'idea parrebbe molto buona. Ultimamente mi è stato detto che il mio massimo talento artistico si esprime molto più nei lavori drammatici che in quelli comici. Ma questo forse era intuibile, giacché anni fa vinsi il Premio di Regia Fita proprio con una proposta drammatica.
Questa mia Virginia già in dicembre arrivava al pubblico, ma adesso che il testo si arricchisce anche di riferimenti alla donna di oggi. Mi stanno accadendo delle coincidenze pazzesche in merito. Roba che a raccontarla non ci si crede. Virginia presenta la possibilità di un riscatto. E mai come adesso sento mio questo personaggio. Mi sento talmente bene che stento a credere che stia accadendo proprio a me.
Ho inserito nel testo brani tratti dalle sue lettere, dal saggio Una stanza tutta per sé, dai romanzi. La mia Virginia mette in scena il suo pensiero di una antesignana del migliore femminismo. Non quello dispettoso nei riguardi dell'universo maschile, ma quello che chiede ed esige anzi la possibilità di equiparare la forza e intelligenza degli uomini che possiedono queste qualità alla forza e intelligenza delle donne che le possiedono.
Ho inserito un piccolo monologo sulla "mente androgina", è straordinario.
Sono consapevole di essermi infilata in un progetto di grandissima difficoltà per quanto riguarda la resa scenica. Ma come sempre accade nel teatro vero, puoi incarnare un personaggio (in questo caso "persona") solo se senti dentro di te quell'esperienza che ti permette di essere vera e credibile.
Sabato pomeriggio, per altro, sarò intervistata in una radio locale della capitale (cosa che mi mette una certa ansia ma so già che saprò affrontarla col mio piglio dialettico/ironico) per presentare il progetto, e quindi dovrò cercare di fare arrivare i contenuti e le intenzioni di questo lavoro.
2 marzo 2014La mia intervista radiofonica è durata 13 minuti e a detta di tutti è andata benissimo. E' difficile parlare in radio. Utilizzare la sola propria voce, nessun testo scritto da cui leggere, ma semplicemente trovare le parole adatte alle domande che sono fatte, senza sbagliare né fare spiacevoli figure. Difficilissimo! Ma ce l'ho fatta. E poi... ieri ho volato nel cielo di Virginia, per la prima volta su un palcoscenico che è molto diverso dal contesto del Piccolo Teatro dei Sassi. Mi sono cambiata d'abito e pettinatura. Ora l'immagine è decisamente più vicina al lei. E che forza ho sentito, che profonda forza dentro di me, in ogni gesto, ogni parola... In prima fila c'era Mariana*. Non anticipo nulla di ciò che ha detto a me dopo lo spettacolo.
Questo ruolo è inspiegabilmente bello. Mai avevo provato un'emozione e una forza così trainante. Mai. Il solo rischio è che il tenermi testa diventa questa volta un'impresa per chi condivide con me il palcoscenico. Non ho altro per ora da aggiungere. Fra poche ore vestirò nuovamente quei panni e volerò in quel cielo. A presto...* L'interpretazione di Luana è stata , a mio avviso, formidabile. Talmente intensa che avrei preferito veder sul palco solo lei. Mentre lei era di un'intensità coinvolgente, gli altri personaggi erano meno all'altezza. E' pur vero che il testo era molto impegnativo. L'inizio è stato uno molto sorprendente: palcoscenico vuoto, gli oggetti di arredamento scelti a dovere, luce giusta e, tutto ad un tratto, la lettera di Virginia a Leonard letta da Luana. Timbro perfetto. Profondo, sincero, limpido e diretto nonostante la confusione presente nella testa di Virginia.
L'atto è iniziato con il finale e l'ho trovato geniale.
Luana nel ruolo di Virginia è stata molto, ma molto brava. "Intensa" penso sia la parola chiave della sua prestazione. Conoscendo Virginia Woolf e il film "The Hours" posso dire che un'interpretazione diversa non sarebbe stata così emozionante come, invece, lo è stata quella di ieri sera. Ho seguito con attenzione i gesti e gli occhi di Luana e bastavano loro per sentirsi negli stessi panni del personaggio. Ecco, l'ho percepita come la voce di tutte le donne del mondo. Una voce che ha dato vita alle parole taciute da tutte le altre donne.
La messa in scena è stata fatta alla maniera di "The Hours". Tre momenti di epoche diverse, legati da un filo molto forte: " Mrs Dalloway" .
Mi hanno colpito alcuni piccoli cambiamenti come un Richard più giovane di Clarissa, però, alla fine, non mi è dispiaciuto. Forse, questo suo essere giovane può dare più sostegno alla sua 'inquietudine'.
La cosa che mi ha veramente fatto addirittura fare un cenno di approvazione con la testa è stata l'azione di Luana di pronunciare a voce spenta le stesse parole che pronunciavano a voce alta altri personaggi. Una Luana decisamente coinvolgente. Abito e pettinatura perfetti, voce assolutamente perfetta e interpretatio favolosa. Ci vuole molta bravura per tenere alta la qualità dell'atto, qualità che viene data, in tutta onestà, dall'interpretazione di Luana seguita da quella di Claudio nei panni di Leonard. Mi piacerebbe rivederla.
Chissà...Grazie, Luana, per la bella sorpresa.
9 marzo 2014 Come posso condensare in poche righe quello che è stato ieri sera? Sono stanchissima e credo che non mi basterà per tutto il giorno aver dormito tanto. Ieri sera si è concentrato tutto ciò che credevo e volevo possibile per il mio Falene, e così è stato. La sala era piena, c'erano importanti nostri contatti del mondo del teatro che pratichiamo, oltre a care persone e colleghi per quanto mi riguarda che non vedevo da anni.
La mia Virginia ha vibrato di note nuove, soprattutto nella soffertissima scena della stazione. Com'è bello lasciarsi andare, lasciare che le parole escano fluidamente e far sì che le emozioni forti che le accompagnano ti inondino da capo a piedi... Il pubblico era attento e partecipe.
Il finale è stato forte e intenso come nelle volte precedenti. Il pubblico più esperto lo ha assorbito ancora meglio, il mio discorso accorato è arrivato a tutte le donne presenti.
E poi... la mia sorpresa. Rigorosamente partorita di notte (!) Le rose erano gialle e bianche, le abbiamo confezionate con un rametto di mimosa e le abbiamo legate ciascuna ad una strisciolina di carta su cui ho messo una frase augurante, il link al sito e l'indirizzo email, e qua e là, 10 striscioline ciascuna recante un frammento di una poesia molto bella di questa Francesca Pacini giornalista e scrittrice che ho fra i miei contatti. Luci accese in sala dopo i lunghi applausi (mi devo scaricare le tasche del cappotto dei sassi che vi infilo prima di avviare la mia Virginia verso il fiume nel quale si annega), noi con i nostri mazzi di rose in mano usciamo per la seconda volta, scendiamo dal palcoscenico e consegniamo una rosa a ciascuna donna del pubblico. Le facce sono stupite e contente. Risaliamo in palcoscenico e dico a tutti di aprire il biglietto, coloro che si trovano i frammenti di poesia sono invitate in palcoscenico a leggere a turno, perché vogliamo coinvolgere le donne in un afflato unico fra parterre e palco, e perché vogliamo dire qualcosa di importante tutti, attori e non.
Le donne in platea si guardano un po' incerte e poi cominciano a salire, fra applausi e parole di ammirazione. Ci riuniamo tutti in palcoscenico, siamo noi 6 e 10 della platea (fra cui due uomini, per altro). Com'è bello sentirli uno ad uno a turno, emozionati e desiderosi di esserci e dare un contributo. Il risultato è un perfetto amalgama fra lo spazio della finzione scenica e quello dello spettatore. E il momento è commosso e straordinariamente diverso da tutto ciò che uno spettatore poteva attendersi.
Chiudo la lettura di gruppo dicendo che quella rosa di ciascuno non vada persa, nel suo morire sia fatta seccare, sia chiusa fra le pagine di un libro perché resti sempre, e poi donata ad una persona cara quando sarà il momento. I volti sono raggianti, sono certa che ciascuno stia pensando a chi destinarla.
Il gruppo si scioglie fra i saluti finali, scendo dal palcoscenico, e vengo letteralmente inondata di abbracci, strette di mano, occhi che mi guardano lucidi e curiosi di guardare da vicino quella vibrante attrice di prima. Sono come stordita, torno a dire che emozioni simili a queste ho provato solo la sera in cui 250 persone applaudirono la vittoria del Premio di regia, non posso che assimilare questi a quei momenti.
Mi ritrovo dinanzi volti che non vedevo da anni, e la mia gioia non sta solo nel rivederli, ma nel sapere che hanno scelto quella sera e me. Ovviamente parlo del pubblico che appartiene a me, gli altri attori hanno i loro parenti e amici da salutare. Io non ho famiglia qui. Le persone che mi abbracciano, che vogliono farsi delle foto con me, che mi dicono "grazie", non sono che lontane conoscenze, vecchi colleghi, sconosciuti rimasti colpiti da un racconto che non si dimentica.
Falene è per me come un approdo, un'isola piccola e ridente e rigogliosa dove la mia barca ha attraccato e sulla quale mi lascio inondare da un sole caldo e assaggio frutti dolci e succosi. Qualcosa mi dice che questa ricchezza può provenire solo dalla sofferenza di buia esperienza, e ringrazio Iddio e me stessa per avere lasciato che il tempo plasmasse in me nuove forme, idee, attingendo paradossalmente al dolore. Tanta scuola di discipline performanti legate al teatro insegna proprio che l'attore più completo è quello che destreggia e utilizza un'esperienza di dolore sedimentata e cristallizzata, superata, vinta e perfino usata per essere qualcosa di più, sapere arrivare fin dentro al midollo dello spettatore, rispettare rigorosamente questa straordinaria arte ineguagliabile donando generosamente e a piene mani.
Quanto lontana è quella giovane attrice che muoveva i primi passi in palcoscenico, che riteneva troppo impreparata per un lavoro coraggioso. E' vero, non si può affrontare un progetto di questa portata se dentro di te non ti muove una forza sovrumana che chiede di essere tradotta in un messaggio forte, pulito, definito e rifinito.
Questo è il mio Falene, questa sono io.
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